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Partiamo dalla base. La proposta del ritorno della leva è una mossa populistica per raccattare qualche voto prima delle elezioni europee nei confronti dei "nostalgici della leva", gente dall'acume d'ingegno così acuto da considerare che "il rispetto" va insegnato da altri (non dai genitori) a 19/20 anni, persone che dalla visione così ampia che reputano fondamentale un'esperienza positiva personale al punto da renderla obbligatoria, senza considerare che tale esperienza non risulta tale per tutti (per non dire dei repressi che hanno bisogno di elogiare le frustrazioni personali (nonnismo di caserma, botte dai genitori, umiliazioni varie) per poter dare un senso alla propria esistenza). Questa proposta di legge è irrealizzabile perchè comporterebbbe maggiore spesa pubblica (cioè più tasse), cosa che nessun governo o votante (anche di chi si dichiara a favore della leva) vorrebbe. Se dovesse passare, sarà una di quelle defecazioni legislative italiane come l'inglese alla primaria senza insegnanti d'inglese, il permesso di guida di macchina in comodato senza regolamento d'attuazione per i controlli o reato di omicidio stradale senza controlli stradali. Avremo ragazzi di 19 anni che per sei mesi andranno in giornata nella caserma più vicina a perdere tempo perchè non ci sono armi, pallottole e poligoli di tiro per fare una mezza pratica, con tanto di carico economico sulle famiglie per il trasporto e l'acquisto della tuta mimetica obbligatoria.
Sulla questione educazione, parliamo di una scienza umana, quindi non ci sono certezze ma correnti di pensiero, ognuna con i suoi pro e i suoi contro. Da circa 25 anni, in Italia è stata applicata una corrente di pensiero che prevede di non penalizzare eccessivamente lo scarso rendimento scolastico al fine da ridurre l'abbandono. In sintesi, non ci sono bocciature nella scuola primaria mentre alle medie basta evitare di fare più assenze del dovuto. In poche parole, dalla prima elementare alla terza media, basta andare a scuola non serve studiare. Alla base di ciò c'è il fatto che i casi "patologici" arrivano da famiglie disagiate (culturamente, non per forza per motivi economici), quindi l'eventuale bocciatura sarebbe per loro l'ennesima negazione di un'educazione corretta, vista che a casa non ce l'hanno. Questo approccio però non ha fatto i conti con i cambi della società, in cui i genitori (sì, quelli che la leva l'hanno fatta) cedono ai capricci dei propri figli per una semplice questione di impegno e fatica. Educare un figlio è molto faticoso: costringerlo a mangiare la verdura oppure nient'altro costa fatica, farlo andare a letto all'ora stabilita pure, fargli godere il momento della nanna leggendo libri su libri e rimettendoci 45/60 minuti a serata del proprio (poco) tempo libero. I ragazzi "che non sanno cosa sia il rispetto" sono figli viziati in famiglia, genitori che non fanno i genitori, genitori che cedono il proprio lavoro ai nonni, genitori viziati che non vogliono rinunciare al proprio tempo libero e si affidano agli smartphone. Gli esempi di ciò lo si vede sin dalla nascita: basta andare in qualsiasi supermercato per vedere bambini di due anni col cel in mano a guardare i cartoni "perchè se no da fastidio". In questo contesto, una scuola punitiva alla vecchia maniera potrebbe aiutare, ma resta un problema alla base, che si trova nella famiglia.