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monza1993

Rolf Stommelen

Post raccomandati

 

 

Domenica mattina c?? ancora molta tensione in pit lane. La scelta di Fittipaldi fa discutere e Merzario e Wilson Fittipaldi raccoglieranno l?ennesimo invito da parte di ?Fitti? di non partire. Si fermeranno entrambi, volontariamente, alla fine del primo giro. Al via tuttavia c?? subito gran battaglia tra i due ferraristi in prima fila. Ne fa le spese l?austriaco che si ritrova immediatamente fuori gioco. Le prime fasi caotiche della corsa permettono a Rolf, partito bene sulla sua linea, di poter transitare gi? quarto al primo giro. Al terzo giro Jody Scheckter, comunque fuori dalle prime posizioni, deve arrendersi per l?esplosione del suo Cosworth, tuttavia per cercare una buona ?piazzola? per parcheggiare la sua Tyrrell in qualche anfratto di Barcellona, innonda d?olio tutta la pista che cos?, oltre a non essere sicura si fa anche scivolosa. Ne fa le spese colui che st? tirando pi? di ogni altro, James Hunt, il quale, in testa, al sesto giro mette le sue ruote sull?olio di Jody ed esce rovinosamente fuori pista.

Con il ritiro del biondo inglese cos?, a ritrovarsi in testa ? Mario Andretti. La pista, ridiventata improvvisamente lenta per l?olio della Tyrrell, comincia pian piano a tornare a fornire un minimo di grip al quale i piloti cominciano ad aggrapparsi immediatamente per cercare di districarsi al meglio nel budello spagnolo, cercando di mettere qualche metro tra loro e i diretti avversari. Al quattordicesimo giro Andretti segna quello che sar? il giro veloce della corsa in 1?25?e 1 decimo. E? questo il momento migliore della pista, ancora molto lontana dall?offrire un grip ottimale riesce pian piano a pulirsi ed a offrire una traiettoria almeno decente. Due giro dopo per? anche l?americano ? vittima della selezione del circuito e picchia contro le protezioni. Altra polvere viene gettata dai commissari sui liquidi persi dalla Parnelli danneggiata e nuovamente per i piloti in pista tornano i problemi di tenuta con i pneumatici che non riescono mai veramente a pulirsi del tutto durante il giro.

 

E? il sedicesimo giro quando Rolf transita con un ottimo 1?26? e 2/10. Dal muretto Graham prende il tempo e segna la posizione sulla tabbella di marcia. Primo.

Rolf lancia l'affondo. La sua ora ? finalmente arrivata.

 

1975rolfstommelenembassci9.jpg

 

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Mario

 

La sveglia lo aveva trovato gi? in piedi, fece una corsa e disattiv? il segnale acustico per non disturbare i vicini di camera. Aveva gi? preparato il bagaglio, aperto sul letto sfatto, e si guardava intorno per cercare qualcosa che avesse potuto dimenticare. Carmelo era ancora sotto la doccia e cos? perse un po? di tempo rileggendo alcuni appunti sparsi scritti negli ultimi due giorni. Era evidente che le cose accadute qui in Spagna avrebbero cambiato molto l?assetto politico della Formula Uno. Era evidente per tutti. Ma era difficile capire in quale modo, se l?associazione dei piloti si fosse sciolta o se la Federazione avesse ritenuto opportuno cancellare la corsa l?indomani. Era corsa anche questa notizia, qualcuno aveva suggerito, ?soffiato? che era probabile una cancellazione da parte della Federazione all?indomani, quando le scuderie fossero tornate integre in Inghilterra. Ma la voce oltre a non avere una fonte ?seria? si era anche diffusa tra i giornalisti a macchia di leopardo, tipico delle notizie non vere. Eppure era chiaro che la mossa della gendarmeria franchista aveva indispettito non poco le ambascerie e adesso il gi? caotico Gran Premio di Spagna rischiava di innescare anche una situazione politica delicata, inserendosi perfettamente nel malcontento europeo delle ultime vicende franchiste. Carmelo usc? dal bagno e i due colleghi scesero nella hole per fare colazione. Era ancora presto ma fuori il sole gi? faceva sentire il suo calore mattutino, Mario e Carmelo si avviarono cos? verso gli uffici per farsi accreditare nuovamente. Un?altra brutta sorpresa di questo caotico fine settimana era la nuova disposizione che imponeva ai giornalisti di farsi accreditare ogni giorno. Ma a dispetto della volont? degli organizzatori che dietro questa mossa credeva di poter arginare eventuali infiltrati in ?movimenti? poco puliti, permetteva ai giornalisti di riunirsi tutti in una ?riunione sindacale? quantomeno insolita e dallo strano aspetto di una fila ben ordinata davanti al funzionario spagnolo. Inglese, francese, tedesco, italiano e portoghese si mischiavano cos? in un tam-tam di voci, di pareri e di impressioni che aiutavano non poco il lavoro dei giovanissimi giornalisti alle loro prime trasferte, che, allungando l?orecchio, riuscivano a carpire qualche bel consiglio e qualche dritta per la loro nuova giornata di lavoro. Mario non era pi? uno di loro, anche se soltanto trentunenne, era ormai gi? molto navigato nel mondo del giornalismo automobilistico, i suoi apprezzati ?pezzi? pubblicati in canada ed in Italia gli avevano gi? permesso di guadagnarsi un discreto apprezzamento. E il Gran Premio spagnolo, con tutti i suoi misteri da scoprire ed i suoi rebus da decifrare, era l?occasione per fare un?ultimo decisivo salto. Anche Carmelo era della stessa opinione. Una volta in possesso del ?permesso stampa? i due si avviavano verso i box ancora deserti, dove soltanto qualche assonnato meccanico stava cominciando ad accendere i primi motori.

-?Carmelo cerchiamoci un posto non lontano dai box, cos? se succede qualcosa arriviamo in fretta??.

-?Good, Mario!?

 

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Antonio

Nonostante la giovane et? il suo mestiere Antonio lo sapeva fare gi? molto bene. Negli ultimi due giorni aveva raccolto un?infinit? di materiale, stando in giro dall?alba sino a tarda notte quando, ormai quasi mattino, rientrava nella periferia di Barcellona dove abitava. Anche stavolta era rientrato tardi, quasi all?alba, ma ormai il pi? era fatto. La corsa sarebbe stata soltanto una formalit? del regime per rendere meno dolorosa la sua caduta. Tuttavia la particolarissima ?movida? degli ultimi due giorni aveva di fatti escluso la possibilit? di un?ultima, patetica e buffonesca esaltazione festosa del moribondo regime. Quello che per molti doveva essere il carnevale conclusivo di una lunga dittatura si era trasformata in una agghiacciante apologia del suo inizio. Cos? le sfilate e le parate della classe dirigente aveva dovuto cedere anche stavolta il posto al militarismo delle guardie armate franchiste. Anche se moribondo come la sua stessa dittatura, lo spettro di Franco, il suo avvento militarista e il suo carico di fascismo serpeggiavano ancora tra le stradine del Gran Premio di Spagna. Antonio stava preparando un pezzo su queste considerazioni. Era un giornalista sportivo, ma i suoi 28 anni non potevano certo escluderlo dalla frenetica attesa di quello che ormai, sembrava davvero la fine di un?incubo. Mezzo paese era convinto che la crisi fosse temporanea e che la dittatura si sarebbe risollevata da questa crisi cos? come si era sempre saputa risollevare in quarant?anni di dispotismo nero. Un?altra met? del paese era invece convinto della ineluttabilit? degli avvenimenti e aspettava orma soltanto il segnale per cominciare, sette anni dopo, il loro sessantotto. Antonio faceva parte di questa seconda met? del paese e ai suoi occhi il Gran Premio era stata un?inconfondibile parabola di quello che la Spagna fu e di quella che era adesso. Nelle vicende politiche all?interno dell?Automobil Club spagnolo gi? si delineavano le diverse linee, le stesse divergenze che solcavano ormai il paese. La volont? drastica di non scendere a compromessi da parte di una certa classe dirigente era dovuta tutt?altro che a questioni legate all?automobilismo, ma a questioni politiche che imponevano, oggi come non mai, la linea dura. Per non scricchiolare dinanzi alle correnti pi? moderate, l?apparato dittatoriale ed i suoi gerarchi degli uffici dell?Automobil Club avevano finito col tirare per la camicia anche la stessa Commissione Sportiva Internazionale, che ovviamente era caduta nel tranello suicida senza sapere neanch?essa cosa e chi stava proteggendo.

Alla fine la minaccia del sequestro del materiale aveva messo anche la CSI con le spalle al muro, incapace ormai di far valere la propria voce a causa di un documento frettolosamente richiesto e altrettanto frettolosamente concesso. Lontana dalle richieste della GPDA che non aveva saputo e voluto proteggere, ?tradita? dall?Automobil Club spagnolo, la CSI si era definitivamente sciolta al sole spagnolo come ghiaccio nel deserto. Il Gran Premio si prospettava cos? semplicemente come una docile parata del regime che poteva cos? vantarsi di aver saputo mantenere l?ordine e la disciplina in un momento cos? caotico, ma gli scricchiolii interni erano sempre pi? evidenti. Tutto questo un giornalista straniero non poteva saperlo e le ultime due notti Antonio le aveva passate cos? con i suoi colleghi europei, anche pi? grandi e navigati di lui, nell?ascoltare proprio da questo ventottenne della provincia spagnola il destino e il futuro di un paese. Tante cose sarebbero cambiate, ma bisognava aspettare ancora questi ultimi momenti di agonia. Antonio riteneva cos? che la corsa sarebbe stata una rappresentazione funeraria di quest?agonia, il buffonesco funerale di una dittatura trasmesso in eurovisione. Nessuno, neppure l?attento e acuto giornalista Antonio, poteva adesso immaginare che il funerale della Spagna si sarebbe portato dietro altri quattro cadaveri, quattro omicidi di stato.

Tra questi, il suo.

 

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Antonio

Nonostante la giovane et? il suo mestiere Antonio lo sapeva fare gi? molto bene. Negli ultimi due giorni aveva raccolto un'infinit? di materiale, stando in giro dall'alba sino a tarda notte quando, ormai quasi mattino, rientrava nella periferia di Barcellona dove abitava. Anche stavolta era rientrato tardi, quasi all'alba, ma ormai il pi? era fatto. La corsa sarebbe stata soltanto una formalit? del regime per rendere meno dolorosa la sua caduta. Tuttavia la particolarissima 'movida' degli ultimi due giorni aveva di fatti escluso la possibilit? di un'ultima, patetica e buffonesca esaltazione festosa del moribondo regime. Quello che per molti doveva essere il carnevale conclusivo di una lunga dittatura si era trasformata in una agghiacciante apologia del suo inizio. Cos? le sfilate e le parate della classe dirigente aveva dovuto cedere anche stavolta il posto al militarismo delle guardie armate franchiste. Anche se moribondo come la sua stessa dittatura, lo spettro di Franco, il suo avvento militarista e il suo carico di fascismo serpeggiavano ancora tra le stradine del Gran Premio di Spagna. Antonio stava preparando un pezzo su queste considerazioni. Era un giornalista sportivo, ma i suoi 28 anni non potevano certo escluderlo dalla frenetica attesa di quello che ormai, sembrava davvero la fine di un'incubo. Mezzo paese era convinto che la crisi fosse temporanea e che la dittatura si sarebbe risollevata da questa crisi cos? come si era sempre saputa risollevare in quarant'anni di dispotismo nero. Un'altra met? del paese era invece convinto della ineluttabilit? degli avvenimenti e aspettava orma soltanto il segnale per cominciare, sette anni dopo, il loro sessantotto. Antonio faceva parte di questa seconda met? del paese e ai suoi occhi il Gran Premio era stata un'inconfondibile parabola di quello che la Spagna fu e di quella che era adesso. Nelle vicende politiche all'interno dell'Automobil Club spagnolo gi? si delineavano le diverse linee, le stesse divergenze che solcavano ormai il paese. La volont? drastica di non scendere a compromessi da parte di una certa classe dirigente era dovuta tutt'altro che a questioni legate all'automobilismo, ma a questioni politiche che imponevano, oggi come non mai, la linea dura. Per non scricchiolare dinanzi alle correnti pi? moderate, l'apparato dittatoriale ed i suoi gerarchi degli uffici dell'Automobil Club avevano finito col tirare per la camicia anche la stessa Commissione Sportiva Internazionale, che ovviamente era caduta nel tranello suicida senza sapere neanch'essa cosa e chi stava proteggendo.

Alla fine la minaccia del sequestro del materiale aveva messo anche la CSI con le spalle al muro, incapace ormai di far valere la propria voce a causa di un documento frettolosamente richiesto e altrettanto frettolosamente concesso. Lontana dalle richieste della GPDA che non aveva saputo e voluto proteggere, 'tradita' dall'Automobil Club spagnolo, la CSI si era definitivamente sciolta al sole spagnolo come ghiaccio nel deserto. Il Gran Premio si prospettava cos? semplicemente come una docile parata del regime che poteva cos? vantarsi di aver saputo mantenere l'ordine e la disciplina in un momento cos? caotico, ma gli scricchiolii interni erano sempre pi? evidenti. Tutto questo un giornalista straniero non poteva saperlo e le ultime due notti Antonio le aveva passate cos? con i suoi colleghi europei, anche pi? grandi e navigati di lui, nell'ascoltare proprio da questo ventottenne della provincia spagnola il destino e il futuro di un paese. Tante cose sarebbero cambiate, ma bisognava aspettare ancora questi ultimi momenti di agonia. Antonio riteneva cos? che la corsa sarebbe stata una rappresentazione funeraria di quest'agonia, il buffonesco funerale di una dittatura trasmesso in eurovisione. Nessuno, neppure l'attento e acuto giornalista Antonio, poteva adesso immaginare che il funerale della Spagna si sarebbe portato dietro altri quattro cadaveri, quattro omicidi di stato.

Tra questi, il suo.

 

 

Ti rinnovo i miei complimenti

 

Davvero una bellissima lettura!!!!

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Tra le tante vicende storiche che sin da bambino mi appassionano, la guerra civile spagnola e la successiva dittatura franchista durata appunto fino al 1975, ? uno degli argomenti che pi? ho studiato e su cui continuo a raccogliere materiale. Quindi il post di Monza1993 mi riesce particolarmente gradito, non solo per la vicenda narrata e lo stile, ma anche per le pennellate costituite dai pertinenti riferimenti storici...

 

 

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Grazie a voi.

E adesso, sperando di non venir bastonato da ***, vorrei tentare un'omaggio alla sua 'arte'.

E allora...

 

 

 

Joaquin

 

Per il capriccio di chi scrive, il racconto andesso prevede un?intervento in prima persona. Tocca dunque a me, morto e sepolto da ormai pi? di trent?anni, raccontarvi quello che mi ? capitato nel mio ultimo giorno di vita. E? buffo, direte voi, ed anche io non ho nessuna voglia di tornare in quel posto ed in quella giornata. Vorrei invece approfittare della insolita occasione e della mia memoria per raccontarvi perch? divenni un bombero. Gi?, il mio mestiere di un tempo era quello del bombero, l? da voi li chiamate pompieri.

 

Si sa che i bambini vogliono fare sempre i pompieri. Era cos? anche ai miei tempi. Ma quando io ero bambino non volevo fare il bombero, perch? non ne avevo ancora mai visto uno. Quello che volevo invece fare, era il pilota da corsa. Si sa che i bambini vogliono sempre fare i piloti da corsa, ed anche ai miei tempi era cos?. O bombero, o pilota da corsa. Ma proprio negli anni della mia infanzia cominciavano a girare le prime automobili da corsa e, nello stesso periodo, si cominciavano a fare le prime corse l? da noi. Quando avevo quattro anni si corse ad esempio il primo Gran Prix di Spagna, e se ne parlava tanto, soprattutto i grandi. Tuttavia, anche dopo alcuni anni non avevo ancora mai visto un solo pilota da corsa, n? un bombero, n? un pilota. Quello che poteva vedere un bambino come me erano le vacche e le galline. Poi, in un solo giorno decisi che volevo fare il pilota, e nello stesso giorno capii che sarei sicuramente diventato un bombero. Fu ad Oria, mentre ci riparavamo dalla pioggia sotto un portico di fortuna, io, il mio pap? e uno di loro: un bombero. Avete presente come erano da noi i pompieri negli anni trenta? Oggi vi fanno ridere ma credetemi, sembravano astronauti. A quel tempo non esistevano ancora gli astronauti. Avevano una strano vestito, duro, lucido ma logoro, con un grande bavero ed un cappello a punta dal quale spuntavano i baffi. Era tutto quello che dell?uomo potevi vedere, i baffi. Avevano degli stivali come quelli dei soldati ma non li portavano sui pantaloni, questi qui si perdevano sotto l?impermeabile (che mai prima d?ora avevo visto) e rendevano ogni bombero altissimo. Tra stivali, baffi e cappello, il pi? basso dei bomberos era due teste pi? alto del mio pap?. Che per me non era affatto basso.

Avevo paura. Si. Uno cos? accanto sembra un marziano, sceso da chiss? quale pianeta. Ad Oria ci eravamo arrivati per campi, una mezza giornata a piedi. Correvano gi? da due giorni ma il temporale ci aveva fatto rimanere in casa. Ero per? riuscito a strappare una promessa al mio pap?. ?Se domani smette (di piovere) andiamo.?

Domani, manana.

 

Qui da noi c?? tutto un concetto sul manana. Il manana spagnolo non ? il vostro ?domani?. Il manana qui da noi ? un concetto relativo, non data un?azione, la ri-manda. Manana ? l?esserci, il pi? profondo termine esistenziale che gli spagnoli possano conoscere. Forse ? per questo che non abbiamo dato i natali a grandi filosofi, qui da noi tutti sono filosofi, e la filosofia ? quella del ?manana?. Cos? al mio pap? non pes? molto pronunciare un altro dei suoi ?manana? quotidiani, tanto, pens?, non smetter?. E invece smise. Al mattino le nuvole erano grigie ma non pioveva pi?. Preparammo la colazione e ci avviammo per campi.

 

Guardavamo la corsa gi? da un bel po? ed io ero ammaliato dai bolidi che sfrecciavano sulla ghiaia, con i loro piloti che artigliavano il volante all?imbocco della curva. Anche i piloti sembravano dei bomberos. Con gli occhialini e la cuffietta per? si vedeva gi? da fuori che non sarebbero stati pi? alti dei bomberos. Quando cominciarono a scendere le prime gocce notai ancora che affrontavano la curva in maniera totalmente diversa, ma alla stessa velocit?. Sui loro cofani caldi la pioggia diventava vapore e adesso erano davvero delle belve inferocite che urlavano meccanica.

Poi d?improvviso la pioggia si fece pi? forte, insistente, a goccie grandi cos?. Corremmo dunque sotto al portico dove potevo vedere nel cortile la macchina dei bomberos. Per la prima volta vedevo una macchina cos? vicino e mi parve esattamente uguale a quella dei piloti che continuavano a sfrecciare, sempre veloci. Pensai che i bomberos erano come dei piloti, soltanto pi? alti. Il mio pap? scambiava qualche parola con il nostro marziano e quello, rispondendo e ridendo mi trasmise un?umanit? incredibile. Il marziano era proprio come il mio pap?. Mi lanci? un?occhiata e i suoi baffi sorrisero forti sotto al cappello a punta. Timidamente gli rivolsi la parola: ?perch? tu non corri?? La risposta fu una risata che seppell? l?urlo di una Bugatti che arrivava in quel momento. Poi, accadde qualcosa.

 

Mi accorsi che qualcosa rotolava tra gli alberi solo dopo essermi voltato per il forte rumore. L?urlo del motore si era ammutolito per un momento e poi si era sentito un grande colpo di cannone. Vidi appena che qualcosa rotolava tra gli alberi lontano da noi quando il nostro compagno di portico scatto proprio in direzione del bosco. Lo vidi attraversare la strada, saltare un cespuglio e lanciarsi a gambe all?aria verso qualcosa che stava tra gli alberi. Il portico si riemp? di persone, tutte con il collo allungato per vedere ma nessuna che si lanciasse come il nostro bombero soto la pioggia battene. Non riuscivo pi? a vedere niente perch? ero rimasto indietro ma dopo un certo tempo tutti esultarono, felici, contenti. Mio padre mi cerc? tra i pantaloni della folla e disse ?lo ha salvato, ? vivo!?.

Decisi che avrei fatto il bombero.

 

 

 

L?VIII Gran Prix di Spagna si corse a San Sebastien il 24 settembre 1933. Fu l?ultima corsa della formula libera e la prima della grande Bugatti T59. Dopo aver impresso il suo ritmo alla corsa, la Maserati di Nuvolari esce rovinosamente nei pressi di Oria e si schianta su un terrapieno. L?impatto imprime alla monoposto una rotazione centrifuga che le fa compiere numerose piroette durante le quali il pilota viene scaraventato fuori dal abitacolo, prima che questa si schianti definitivamente contro una roccia. Nivola ha una commozione cerebrale, ferite sul volto e al torace, un taglio sulla gamba sinistra ed una mano inutilizzabile. Soccorso, comincia ad alzarsi lentamente in piedi, sotto la pioggia. E? appena scampato al pi? grave incidente della sua carriera. Ma ? vivo, e rinasce ?come un ramarro?.

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Sono in piedi e sto applaudendo :up:

 

Nuvolari qualche giorno dopo disse: "E' stata la pacca pi? dura che abbia mai preso in tutta la mia vita. Mi sono alzato subito, ebbi il tempo di toccarmi la testa e di vedermi tutta la mano insanguinata, poi svenni".

 

D'altronde, come lui stesso precis?, "quando Nuvolari lo danno per cadavere, aspettate sempre 3 giorni, non si sa mai!".

 

 

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Andr?s

 

Andr?s Ruiz Villanova, 38 anni, di Barcellona, ? la quarta vittima dell?incidente del Montjuich.

La ricostruzione delle sue ultime ore di vita risulta assai complicata, persa com?? tra l?assoluta assenza di fonti e documenti che possano aver lasciato una traccia del suo transito nella mattinata di quel 27 aprile. Cos? la sua esistenza svanisce in un nulla devastante che morde l?anima anche dopo esser morti. Morde l?anima soprattutto a noi, perch? Andr?s era uno spettatore, uno spettatore qualunque.

Era uno di noi.

 

Qui si apre la crepa, una voragine che separa gli addetti ai lavori da coloro che non lo sono. Chi ha avuto la possibilit? di poter far parte anche soltanto in maniera marginale di quel complesso di figure che ruotano intorno ad una corsa automobilistica, facendo ad esempio il commissario di percorso, non ha potuto che sentire questa profonda crepa, tra chi si trova magari con una bandiera in mano sugli spalti e chi con un?altra di diverso colore all?uscita di una curva, a bordo pista.

Dall?alto di una tribunetta non si pu? che invidiare quella posizione, cos? vicina, cos? ?precaria?. E cos? la ricerca del ?buon posto? diviene il primo comandamento per qualsiasi spettatore che arrivi ad un circuito.

Alle prime ore dell?alba capita cos? di imbattersi in questo popolo di zombie che scavalcano staccoionate, bucano reti, si arrampicano su qualsiasi elemento verticale, scivolano lungo le postazioni televisive, strisciano sotto triple file di guard rails, si imbottigliano intorno ad una buca, si scannano per un pezzo di terra, lo trinceano, e compatti come una testuggine romana, invadono e occupano zone dall?accesso vietato.

Che sono sempre le migliori.

 

Bordo chicane per sentire la polvere di ferrodo dei disci incandescenti, uscite da pieno per rompresi timpani e chiocciole, interno curva secca per ascoltare sin dove arriva la pinzatura, o su una vecchia parabolica, per veder sfrecciare le monoposto dall?alto, come da un cavalcavia.

 

Questo ? lo spettatore da prato. Che invidia il commissario di percorso e detesta lo spettatore da tribuna. Per lo spettatore da prato lo spettatore da tribuna non ? neanche uno spettatore ma solo uno ?che-faceva-meglio-a-starsene-a-casa-davanti-alla-Tv?. Per lo spettatore da prato il Gran Premio non ? qualcosa che si svolge l? davanti a lui, ma ? qualcosa che accade con lui, di cui egli sente di far parte. Lo spettatore da prato non ha mai davvero compreso la differenza che c'? tra coloro che lavorano per un Gran Premio e coloro che lo guardano come semplici spettatori, per lo spettatore da prato lo spettatore ? un altro ruolo tra le mansioni degli addetti ai lavori. Ecco perch? per lo spettatore da prato sembra un?assurdit? non potersi mettere negli stessi posti di un?ambulanza o di una postazione antincendio, e soprattutto ecco perch? lo spettatore da prato paga molto di malavoglia il biglietto di ingresso. Anzi, non lo paga proprio. Non ? che egli voglia fare un torto, ma semplicemente non ? lineare con i suoi principi di spettatore-per-le-corse. Lo spettatore da prato, se non gli allaghi l?esterno di un tornante con una pozzanghera alta dieci centimetri, non lo sposti. Lo spettatore da tribuna ? un?adattamento dell?automobilismo alla logica dei circuiti, dello spettacolo da Colosseo. Lo spettatore da prato invece ? nato con l?automobilismo. E? l?unica tipologia di spettatore che l?automobilismo possa davvero concepire, egli ? davvero una figura professionale delle corse di automobilismo.

Spettatore da prato siamo tutti noi, appassionati passionari di motori.

 

Andr?s Ruiz Villanova, 38 anni, di Barcellona, ? la quarta vittima dell?incidente del Montjuich.

Andr?s era uno di noi.

 

 

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Un passo indietro, 'da dove ci eravamo lasciati....'

 

 

Al terzo giro Jody Scheckter, comunque fuori dalle prime posizioni, deve arrendersi per l?esplosione del suo Cosworth, tuttavia per cercare una buona ?piazzola? per parcheggiare la sua Tyrrell in qualche anfratto di Barcellona, innonda d?olio tutta la pista che cos?, oltre a non essere sicura si fa anche scivolosa. Ne fa le spese colui che st? tirando pi? di ogni altro, James Hunt, il quale, in testa, al sesto giro mette le sue ruote sull?olio di Jody ed esce rovinosamente fuori pista.

 

 

 

http://www.youtube.com/watch?v=Wj_dDduJeE8

 

Di filmati del Gran Premio al Montjuich Park sul tubo se ne trovano molti e sono molto noti, basta fare una facile ricerca e ne compaiono almeno tre o quattro. Da qualche tempo ho per? trovato questo qui che non conoscevo e che risulta forse il migliore per gettare davvero un'occhio su quella pista.

In trenta secondi si assiste all'uscita di Hunt, contro le barriere, avvenuta al sesto giro. Dietro di lui transita il nuovo leader Andretti seguito da un agguerrito (e quando mai...) Watson. E' molto interessante notare come i diversi piloti impostino la curva interpretando la scivolosit? dell'asfalto. Terzo, cauto e 'di mestiere' transita Stommelen, poi un Vittorione con il solito coltello tra i denti che, impegnato anima e corpo per tenere in strada la sua March, ? costretto ad 'aprire' tardi e si fa infilare da Pace alla curva successiva. Ma se vi dedicate troppa attenzione al numero di Brambilla, siete costretti a tornare indietro o a riguardare nuovamente il filmato.

Lo spettacolo ? tutto alle spalle dell'attacco di Pace all'italiano, con una Lotus che vola pi? di ogni altro vicino al guard rail finendo quasi sui rottami della Hensketh.

E' Ronnie, che tiene a bada la Shadow di Jarier e la M23 di un 'attendista' Mass.

Proprio colui che vincer? la corsa...

 

L'ultimo fotogramma del breve filmato segna il punto in cui ci lasciammo e che sar? anche quello da cui riprenderemo. Sul tabellone contagiri del circuito l'addetto alla numerazione compila la nuova lista.

Dopo altri giri e altri ritiri infatti la Lotus di Ickx (#6) ? quarta e segue proprio Jochen Mass per ora soltanto terzo (#2). Il numero 8 della seconda posizione corrisponde alla Brabham di Carlos Pace, mentre in testa compare un'insolito numero...

Rolf Stommelen ha appena cominciato i sui trenta chilometri in testa al Gran Premio di Spagna di Formula uno.

Saranno gli unici della sua carriera in questa categoria.

E' evidente che meritano un racconto diverso rispetto a gli altri 12625 che ha percorso in dieci anni di massima serie.

 

Si comincia con un piede sinistro che v? a fondo sulla pedaliera ed una veloce cambiata con la mano destra che d? un colpo deciso in avanti alla leva, passando da quarta a quinta. La mano sinistra tiene ancora in tensione il volante dopo il brusco curvone mentre la gamba destra spinge tutto quello che ha davanti, rotula-tibia-carso-meta carso e accelleratore. La potenza non ? mai troppa. Le lenti fissano gi? l'allungo ma gli occhi girano verso il muretto box, verso i cronometristi, verso i commissari di gara. Poi tornano a dove erano incollati un'attimo prima, ovvero nello specchietto di sinistra, tanto per controllare l'uscita dalla curva della Brabham di Carlos, che lo tiene sempre a tiro, sempre nel mirino. Quando i pneumatici smettono di fischiare comincia la salita. Che non ? metaforica.

 

E' infatti appena cominciato il diciasettesimo giro e la Embassy-Hill #22 ? in testa.

La sua ora ? arrivata. A trentadue anni.

O oggi, o mai pi?.

Rolf lancia l'affondo!

 

5454368.jpg

fotografia di Josep Maria Alegre

Modificato da monza1993

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184 altoparlanti, 172 punti-luce, una macchina fumogena a ghiaccio secco, un laser, mirror ball, 25 microfoni in scena (12 solo per la batteria di ?Bonzo?), 24mila watt di potenza per 120 decibel di suono. L?impianto sonoro vale 250 mila dollari, 300 mila il sistema luci. Con un tale, meraviglioso apparato, gli Zeppelin conquistano definitivamente l?America riuscendo a vendere 120 mila biglietti per sei concerti nella sola New York e fatturano complessivamente 5 milioni di dollari.(Riccardo Bertoncelli, ?Noccioli duri?, agosto 1983)

 

La Tourn? americana del maggio 1975 ? considerata dagli storici di settore come il vertice assoluto degli Zeppelin, posta a conclusione di un ciclo iniziato nel 1969 e continuato con successi sempre pi? convincenti ma anche con difficolt? e ?fughe? dai camerini. In Italia, (ma non solo in Italia) nel corso di un loro concerto nel 1971, sono costretti a rinchiudersi proprio nel retropalco per sfuggire alla folla impazzita dopo i disordini dovuti all?irruzione della Polizia di Stato, perdono tutto il loro materiale, strumenti, attrezzi, spartiti.

 

Tuttavia, il dirigibile ? ormai decollato e viaggia in alto nel celo del business per altri cinque anni, cominciando a organizzare meglio i concerti, con grandi Tir capaci di portare la nuova milionaria attrezzatura, managger e segretari per le pubbliche relazioni, portavoce per la stampa, oltre ad un complesso meccanismo mediatico che chiama in causa il quarto ed il quinto potere. Questi quattro ragazzi inglesi sono riusciti a far decollare un dirigibile che nemmeno pi? loro possono ormai controllare. La tourn? americana del 1975 ? anticipata da un doppio disco registrato in studio, bellissimo, affascinante e dal titolo sin troppo chiro: Physical graffiti, dove all?interno continua a sarpeggiare il loro blues caricato, quella miscela nata da un misto di costruzione ed improvvisazione come lo pu? essere stato una 917.

Ecco, la carriera dei Zeppelin vive ancora su quella potenza, potenza che ? per? anche fragilit?. Intorno alla ?loro? 917 infatti, tutto ? cambiato, nulla ? pi? come prima e gravita intorno alla loro musica un?intero ?Circus? fatto di interessi e profitti da sei zeri.

 

Non bisogna forzare pi? di tanto per cercare il nesso di paragone con la carriera di Rolf Stommelen, i quali 8 giri condotti in testa al Gran Premio di Spagna possono rappresentare l?equivalente della tourn? americana della definitiva consacrazione, proprio mentre tutto intorno a loro il Circo cambia, e passa da una logica di ?occasione? ad una logica di ?promozione?.

Come per il vero Zeppelin, anche per questi due esempi di caparbiet? nell?inseguire una meta, una cima, soltanto una deflagrazione pu? interrompere il volo e trasformare le espressioni di incredulit? della folla assiepata col naso all?ins? in un?espressione di paura, trasformando in un solo attimo la forza dello Zeppelin nella sua fragilit?.

Dopo il successo primaverile, l?azienda Zeppelin progetta un altro American Tour per la fine dell?estate e la macchina organizzativa si mette subito in moto. Poi, accade qualcosa.

Durante una vacanza sull?isola di Rodi, che cerca di allontanare almeno per un attimo lo stress dello star sistem, Robert Plant si schianta contro un?albero con la sua automobile fratturandosi l?anca e il bacino, costretto quindi ad una lunga e dolorosa convalescenza sulla sedia a rotelle.

L?American Tour ? annullato, il Gran Premio di Spagna, interrotto.

A vincerlo ? Jochen Mass.

 

Per chi ha voglia, eccoli alle prese con un

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In pilota di Formula Uno non ? abituato a fare i conti con la morte.

Come per qualsiasi uomo mortale la morte ? e rimane un evento unico e irripetibile, dunque non ci si pu? affatto ?abituare? alla sua idea. Quello a cui invece i piloti si abituano presto ? la possibilit? di farsi male, di ferirsi.

Ginocchia sbucciate e abrasioni sui gomiti non solo soltanto la prerogativa di ciclisti in erba e giovani motociclisti alle prime armi, ma sono ferite e contusioni molto frequenti anche nel karting, dove i piccoli piloti cominciano a farsi un?idea di cosa voglia dire ?farsi male? in macchina.

Poi la potenza cresce e si sale sulle prime monoposto, a questo punto non sono pi? escoriazioni e sbucciature ma sono gi? vere e proprie ?botte?, le prime dure conoscenze con pneumatici, terrapieni e guard rails. Quello che un giovane pilota comincia a provare ? essenzialmente l?esperienza dell?urto del casco, una botta sorda a cui fa seguito un gran torcicollo. Non ci si rende conto dell?urto sin quando non ci si slaccia il casco e lo si osserva stupiti. Graffi, abrasioni e sbucciature dell?elmetto che inevitabilmente fanno crescere al contempo un gran rispetto verso il proprio casco e una certa abitudine all?ipotesi di potersi far male davvero. In genere ? proprio qui che un pilota sceglie il proprio casco, la propria livrea che, una volta scampato il pericolo, viene investita da una qualche forza oscura che possa proteggerlo anche nel futuro.

Ma ? tutto nella testa del pilota?

 

I piloti delle vetture Sport vivono sempre con l?incubo di restare imprigionati, quelli delle monoposto di restare incastrati.

Imprigionati ed incastrati, questa lieve differenza porta con se molte peculiarit? e molte attitudini che determinano la forza nell?una o nell?altra categoria, perch? ? sempre una paura inconscia, e dunque si riflette inesorabilmente sul cronometro, anche quando il piede rimane gi? e si ? certi di aver dato il massimo.

 

Nel suo letto d?ospedale Rolf si guarda ripetutamente la gamba e la mano, la stessa che gi? sei anni fa lo lasci? fermo nel bel mezzo di una cronoscalata. Le guarda per constatare con i suoi occhi che siano ancora l?, la gamba, la mano e tutto il resto, che in fondo, alla fine di quella assurda corsa tra i platani di Barcellona, l?ha scampata ancora una volta. Intanto per? ? inchiodato al suo letto d?ospedale e per adesso di tornare a correre non se ne parla proprio. Ma ? sicuro che torner?, ? certo che torner? entro la fine della stagione, costi quel che costi, il fisico allenato lo aiuter? ancora una volta.

Questi pensieri si mescolano ai risultati della sua monoposto nella torrida estate con gli ottimi piazzamenti che Tony Brise st? racimolando sulle piste europee.

Dopo il suo incidente Graham Hill ? tornato ancora una voltra a calarsi nell?abitacolo della sua vettura per il Gran Premio che ha vinto pi? di chiunque altro nella storia e ha fallito la qualificazione in griglia. Tuttavia il fatto che Rolf sia volato tra la folla per una rottura ha convinto definitivamente il baffuto pilota inglese ad appendere il casco al chiodo per dedicarsi anima e corpo alla gestione del suo Team.

?Appena riesci a stare in piedi per cinque minuti ti rimetto in macchina!?

L?aveva detta ai bordi del letto dell?ospedale una settimana dopo l?incidente, quando il pericolo di una amputazione era finalmente scongiurata, e buttata l?, tra i dolori di Rolf e le smorfie di Marlene seduta sulle coperte, aveva provocato l?effetto desiderato. Graham era ancora un pilota, e nessuno conosceva i piloti meglio di lui. Ma era chiaro che se tutto sarebbe andato bene, non si sarebbero rivisti prima della fine dell?estate. Cos? la sua monoposto era andata a Tony Brise, un diavolo inglese di ventitr? anni dalla faccia d?angelo che aveva cominciato davvero a far volare la nuova GH01.

Settimo tempo in Belgio, sesto assoluto in Svezia con un bellissimo duello nel finale con Mark Donhoue, un trentottenne americano che ha lo stesso piede di Mario Andretti, ma meno interesse per i soldi. Per venti giri si sono scannati per un 5? posto che alla fine ha premiato il pi? esperto, ma le doti velocistiche di Tony sono emerse in tutta la loro pienezza. Poi un settimo posto in Olanda, un altro settimo posto in Francia, a due secondi da Depailler, e poi troppa irruenza a Silverstone e al Nurburgring dove vola in entrambe le corse fuori pista. Sul Ring per? le qualit? della GH01 sono sottolineate da un 5? posto ottenuto dall?occasionale Alan Jones.

 

Forse non ? il nuovo Clark, ma questo ragazzino di Dartford ? certamente da seguire e con una giusta preparazione pu? davvero diventare un pilota molto forte. Graham allora non ha dubbi, all'Ostereichering sar? con lui che Rolf dovr? dividere il Box.

La gamba e la mano infatti sono di nuovo a posto?

 

enrico.con.stommelen.jpg

Stommelen in compagnia di Enrico Benzing. Lo scatto ? del 1972.

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Monza, secondo me dovresti farci un libro!

Veramente fantastico questo thread :up:

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Osterreichenring non ? una pista tecnica, ? una pista psicologica. Passare accanto i guard rails della Bosch kurve a duecentottanta chilometri orari, o tenere ancorata la traiettoria nella Auspuffkurve per non perdere giri motore sulla salita successiva, oltre che fisico, rendono la percorrenza di ogni giro dell?anello austriaco un?esame psicanalitico sulle paure conscie ed inconscie del pilota.

E non ? un caso che ci troviamo nella terra del padre della psicanalisi, quel Sigmund Freud tedesco di nascita, (sassone) ma Viennese gi? a quattro anni.

Osservare il grafico altimetrico di questo circuito inoltre d? davvero l?impressione di trovarsi di fronte ad un lettino da strizzacervelli, con quel suo saliscendi morbido che a prima vista ti trasmette rilassatezza e comodit?, e poi scopri che ? la prima trappola fisica per la perdita di ogni concentrazione razionale, logica, in una parola, della testa.

Sei curve a sinistra, due soltanto a destra. Otto curve in tutto.

A vederlo dall?alto sembra un ovale americano accartocciato come una lattina di Coca Cola, a girarci dentro pure.

La velocit? ? quella, grosso modo, soprattutto in curva. E nonostante ci siano soltanto otto curve, questo circuito ? tutto in curva, curve che salgono, curve che scendono, pieghe leggere da fare in pieno e una chicane (la Texaco) che propone l?unico cambio di direzionalit? del circuito.

Un cambio di direzionalit? innocuo, buona trazione e due colpi di gas in entrata per non rallentare troppo il ritmo e il gioco ? fatto.

Con l?asciutto.

Con la pioggia, le cose cambiano.

 

Un secondo e otto decimi.

A parit? di macchina, ? un?enormit?. Rolf aveva la netta sensazione di aver fatto un buon giro, la percezione della velocit? gli era sembrata subito favorevole e questo era sempre stato uno dei suoi circuiti preferiti, un circuito ?amico?.

Oggi questo amico gli voltava le spalle.

Lo aveva ingannato; mettendolo cos? vicino alle barriere dei guard rails in uscita dalle curve a duecentottanta chilometri orari gli aveva dato l?impressione di scorrere veloce ancora una volta, srotolato sotto i suoi pneumatici silenziosamente, senza che il cronometro se ne accorgesse e si mettesse a correre anche lui.

E invece stavolta il coniglio non ? saltato fuori da cappello e Rolf si ritrova relegato nella seconda pagina dei tempi dattiloscritti dalle cronometriste.

1?39?56, venticinquesimo tempo in griglia.

Tony Brise gli rifila diciotto decimi e nove posizioni sullo schieramento di domenica.

Il ritorno in abitacolo dopo quasi quattro mesi non ? stato n? piacevole n? facile.

 

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Visitatore Ayrton4ever

Monza1993, non ti ho mai fatto i complimenti per il tuo (e mai tale aggettivo ? pi? appropriato) bellissimo topic, splendido come quello di *** sui tempi che furono.

Se Bruno Vespa sapesse scrivere la met? di come scrivi tu avrebbe gi? pubblicato un altro libro....

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Ti ringrazio Ayrton.

Il tuo nick e il tuo avatar impreziosiscono non poco questo topic...

adesso per?; pausa caff?.

 

Caff? Stommelen, naturalmente!

 

stommelen000606_051.jpg

 

 

Alla domenica Rolf si alza con un cerchio alla testa, forse l?aria delle Alpi che annunciano pioggia o forse perch? si sente tradito, tradito dalla Bosch Kurve, dall?allungo del Flatschach, dalla Rindt.

Quando nei garage i meccanici cominciano a scaldare i motori per i trenta minuti di wurm up, Rolf avverte per la prima volta in vita sua che questo frastuono di pistoni e bielle in realt? ha turbato la quieta aria mattutina delle Alpi, fredda e soleggiata, perfetta per un?escursione, con scarponi e zaino in spalla, tra i sentieri delle radici dell?Europa.

Mentre guarda senza attenzione il meccanico che sistema l?estintore nell? abitacolo della sua monoposto ormai con il motore ?caldo?, Rolf ripensa distrattamente alla frase imparata a scuola da ragazzo, durante il ginnasio;

 

?Un giorno avr? la mia estate:

e sar? un?estate come in alta montagna.

Un?estate vicino alla neve, vicino all?aquila,

vicino alla morte.?

 

-?Rolf, it?s all right, jump up!?

Rolf si riprende sorpreso del suo stesso incanto e sorride a Peter, il capomeccanico della sua monoposto.

Si cala nell?abitacolo e comincia ad infilarsi i guanti con gesti lenti e rituali, come un antico samurai orientale che prepara con cura la lama del suo tant?, prima di espiare la sua colpa tagliandosi il ventre. Quando anche il casco e sulla sua testa, Rolf ha gi? abbandonato tutti i suoi immaginari sentieri di montagna e controlla gi? la posizione degli specchietti, poi, vedendoci dentro Peter gi? con il compressore pronto, alza il braccio destro.

Un assordante rumore di Cosworth riempie il garage in tutta la sua scarsa cubatura, tra gli attrezzi, sotto la porta del cesso, passa nell?imbuto per il rabbocco d?olio e rimbalza tra le tubature scoperte che passano appena sotto al soffitto.

Poi si infila sotto al colletto della tuta di Rolf, gira intorno all?ibottitura gi? ingiallita e si stende sottilissimo sotto il sottocasco e comincia a riverberare nel padiglione auricolare stretto e schiacciato com?? sotto il casco. Qualche ultimo decibel riesce ancora a superare la tenera gomma di caucci? dei tappi e finalmente arriva al timpano. Questo vibra impercettibilmente, trasmette un leggerissimo movimento alla Staffa che, premendo il Martello sull?Incudine, mette in agitazione il liquido della Chiocciola. Il resto sono segnali ed impulsi elettrici che corrono rapidi nella testa di Rolf.

Un?attimo dopo, istintivamente, il piede destro d? un colpo breve ma profondo al pedale del gas.

Rolf inforca le lenti e pensa:

?non sar? questa la 'mia' estate.?

Cala la visiera come un cavaliere medievale ed esce nella fresca aria di montagna di una domenica mattina d?agosto.

 

Pochi garage pi? in l?, simili gesti e simili pensieri corrono anche sotto il casco di Mark Donohue, ieri ventesimo crono con 1?38?19.

Per lui, quando esce con la sua March sotto il primo sole del mattino, l?estate di Nietzsche ? arrivata e gira beffarda e cinica camuffata da taglio longitudinale sul suo pneumatico anteriore destro.

Quando Mark arriva alla V?est-H?gel, l'aquila prende il volo, la neve si scioglie e un commissario di percorso rimane steso per terra.

Morto.

 

Brands_Hatch-1975-03-16-rr1.jpg

 

Mark Donohue esce di pista nelle prove della mattina a causa dello scoppio di un pneumatico. I rottami della sua vettura colpiscono due commissari di percorso, uno di loro, ferito gravemente, morir? poco dopo. Il pilota statunitense esce con le proprie forze dall'abitacolo accartocciato e guarda perplesso ci? che resta della monoposto. Un terzo commissario di percorso per? nota la decisa crepa sul casco di Mark che cos? viene caricato (conscio) nell'ambulanza per essere sottoposto ad accertamenti. Durante il tragitto per? il trentasettenne americano perde improvvisamente conoscenza e morir? il marted? successivo all'ospedale di Graz. Qui lo vediamo in azione a Brands Hatch durante la X Race of the champions disputata il 16 marzo di quello stesso anno. Precede nell'ordine la Chevron di David Purley, la Lola di Vern Schuppan e la Embassy di Rolf Stommelen. Nel filmato, tratto da un documentario tedesco, Mark ? cosciente e parla con i medici mentre lo caricano nella stazione medica del circuito. Quella voluta a tutti i costi, e alla fine ottenuta con grandi sacrifici, da Jackie Stewart.

 

Mark Donhoue.

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Sono stupefatto, bisogna salvare tutto il contenuto di questo topic!!

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Ti ringrazio Ayrton.

Il tuo nick e il tuo avatar impreziosiscono non poco questo topic...

adesso per?; pausa caff?.

 

Caff? Stommelen, naturalmente!

 

stommelen000606_051.jpg

Alla domenica Rolf si alza con un cerchio alla testa, forse l?aria delle Alpi che annunciano pioggia o forse perch? si sente tradito, tradito dalla Bosch Kurve, dall?allungo del Flatschach, dalla Rindt.

Quando nei garage i meccanici cominciano a scaldare i motori per i trenta minuti di wurm up, Rolf avverte per la prima volta in vita sua che questo frastuono di pistoni e bielle in realt? ha turbato la quieta aria mattutina delle Alpi, fredda e soleggiata, perfetta per un?escursione, con scarponi e zaino in spalla, tra i sentieri delle radici dell?Europa.

Mentre guarda senza attenzione il meccanico che sistema l?estintore nell? abitacolo della sua monoposto ormai con il motore ?caldo?, Rolf ripensa distrattamente alla frase imparata a scuola da ragazzo, durante il ginnasio;

 

?Un giorno avr? la mia estate:

e sar? un?estate come in alta montagna.

Un?estate vicino alla neve, vicino all?aquila,

vicino alla morte.?

 

-?Rolf, it?s all right, jump up!?

Rolf si riprende sorpreso del suo stesso incanto e sorride a Peter, il capomeccanico della sua monoposto.

Si cala nell?abitacolo e comincia ad infilarsi i guanti con gesti lenti e rituali, come un antico samurai orientale che prepara con cura la lama del suo tant?, prima di espiare la sua colpa tagliandosi il ventre. Quando anche il casco e sulla sua testa, Rolf ha gi? abbandonato tutti i suoi immaginari sentieri di montagna e controlla gi? la posizione degli specchietti, poi, vedendoci dentro Peter gi? con il compressore pronto, alza il braccio destro.

Un assordante rumore di Cosworth riempie il garage in tutta la sua scarsa cubatura, tra gli attrezzi, sotto la porta del cesso, passa nell?imbuto per il rabbocco d?olio e rimbalza tra le tubature scoperte che passano appena sotto al soffitto.

Poi si infila sotto al colletto della tuta di Rolf, gira intorno all?ibottitura gi? ingiallita e si stende sottilissimo sotto il sottocasco e comincia a riverberare nel padiglione auricolare stretto e schiacciato com?? sotto il casco. Qualche ultimo decibel riesce ancora a superare la tenera gomma di caucci? dei tappi e finalmente arriva al timpano. Questo vibra impercettibilmente, trasmette un leggerissimo movimento alla Staffa che, premendo il Martello sull?Incudine, mette in agitazione il liquido della Chiocciola. Il resto sono segnali ed impulsi elettrici che corrono rapidi nella testa di Rolf.

Un?attimo dopo, istintivamente, il piede destro d? un colpo breve ma profondo al pedale del gas.

Rolf inforca le lenti e pensa:

?non sar? questa la 'mia' estate.?

Cala la visiera come un cavaliere medievale ed esce nella fresca aria di montagna di una domenica mattina d?agosto.

 

Pochi garage pi? in l?, simili gesti e simili pensieri corrono anche sotto il casco di Mark Donohue, ieri ventesimo crono con 1?38?19.

Per lui, quando esce con la sua March sotto il primo sole del mattino, l?estate di Nietzsche ? arrivata e gira beffarda e cinica camuffata da taglio longitudinale sul suo pneumatico anteriore destro.

Quando Mark arriva alla V?est-H?gel, l'aquila prende il volo, la neve si scioglie e un commissario di percorso rimane steso per terra.

Morto.

 

Brands_Hatch-1975-03-16-rr1.jpg

 

Mark Donohue esce di pista nelle prove della mattina a causa dello scoppio di un pneumatico. I rottami della sua vettura colpiscono due commissari di percorso, uno di loro, ferito gravemente, morir? poco dopo. Il pilota statunitense esce con le proprie forze dall'abitacolo accartocciato e guarda perplesso ci? che resta della monoposto. Un terzo commissario di percorso per? nota la decisa crepa sul casco di Mark che cos? viene caricato (conscio) nell'ambulanza per essere sottoposto ad accertamenti. Durante il tragitto per? il trentasettenne americano perde improvvisamente conoscenza e morir? il marted? successivo all'ospedale di Graz. Qui lo vediamo in azione a Brands Hatch durante la X Race of the champions disputata il 16 marzo di quello stesso anno. Precede nell'ordine la Chevron di David Purley, la Lola di Vern Schuppan e la Embassy di Rolf Stommelen. Nel filmato, tratto da un documentario tedesco, Mark ? cosciente e parla con i medici mentre lo caricano nella stazione medica del circuito. Quella voluta a tutti i costi, e alla fine ottenuta con grandi sacrifici, da Jackie Stewart.

 

Mark Donhoue.

 

Chiedo ai medici del forum:con le tecniche di oggi Mark Donhoue si sarebbe salvato?

 

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Salve a tutti...

 

Mentre seguivo un vecchia gara su JustinTv (Monza '89) mi metto a chiacchierare in chat con un tedesco di Colonia... parla e riparla, gli chiedo se ha mai corso... mi dice di si, ma mi dice che non ha mai avuto grandi risultati... il suo padrino per?, dice lui, correva... in turismo e prototipi

gli chiedo come si chiamava...

 

beh, credo che vi immaginiate come mi ha risposto....altrimenti non avrei postato qua...

 

All'inizio ero un p? scettico, poi ho riflettuto e mi ha dato delle prove del fatto che non ? un fanfarone, ? tutto vero...

 

Gli ho detto che conservo un articolo di Autosprint su di lui e mi ha chiesto se gli faccio una scan...

Ha detto che lo vedeva abbastanza spesso da ragazzo, suo padre faceva di tanto in tanto allenamento con Rolf: ciclismo e palestra

A volte andava a vederlo correre nelle salite, ha detto

ovviamente per questioni di tatto non ho voluto infierire con domande sulla morte, ma lui stesso ha detto "ero in vacanza in spagna quando mor? in america, ? stato terribile"

 

Meraviglie di internet...

 

Questo ragazzo me lo sono segnato come"amico" su quel sito, magari se avete delle domande da fargli gliele posso passare

 

 

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Davvero una bella coincidenza!! :up:

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La piacevole coincidenza di Pacanto non pu? che farci fare una brevissima sosta, tra la mattina e il primo pomeriggio di domenica 17 agosto 1975, per riflettere su un paio di cosette.

 

Allora usciamo un momento dai box, allontaniamoci di una cinquantina di passi perch? qui c'? un frastuono di motori assordante(ultimi ritocchi dei pi? perfezionisti per eliminare i problemi dell'aria umida sulla carburazione) e cerchiamoci un posticino tranquillo, basta che non sia sull'erba per?, perch? ? gi? fradicia.

 

Da quando abiamo aperto questo topic sono capitate diverse cosette, non chiss? cosa, ma piccoli segnali che in un qualche modo facevano intendere sempre pi? che era arrivato il momento di parlare di Rolf.

Oggi Rolf avrebbe 66 anni, insomma l'et? giusta per tirare le somme e standere un 'report' della propria vita. E' infatti questa un'et? dove il senso di finitudine comincia a serpeggiare nell'uomo che per? conserva ancora le forze e la lucidit? per metttere nero su bianco tutta la sua esistenza.

E' questa l'et? nella quale le persone scrivono volentieri autobiografie e ricordi, memorie e riflessioni.

 

Che sia semplicemente il 'nonno' di casa o una persona che ha conosciuto una notoriet? pi? vasta in passato, le momorie sono sempre qualcosa di sacro, che vanno dunque lette senza troppe esigenze di stile o di lessico e che costituiscono il rametto dal quale ? germogliata la foglia che ? venuta dopo; i nostri padri.

 

Stommelen non pu? scrivere la sua vita, non ne ha avuto il tempo. A lui ? mancato gi? il tempo della vita, figuriamoci quello per una sua memoria. Eppure chi gli stava intorno, i suoi amici, i suoi nemici, in tutti questi anni sono invecchiati e adesso si ritrovano a fare i conti con lui, i conti con la memoria di Rolf.

Gli intrecci sono i pi? svariati, coincidenze a volte cos? marginali che tuttavia per il solo fatto che facciano pronunciare il suo nome, Stommelen, (come sar? capitato a Pacanto) in un epoca dove dovrebbe essere ormai gi? dimenticato e sepolto, ci fanno riavvicinare per un'attimo a questo passato, al tempo che fu, prima di salutarlo definitivamente.

In questi anni infatti, se nessuno parla ai giovanissimi di queste persone, se nessuno parla ai nipoti dei loro nonni, si rischia di perderli per sempre. E con loro scomparirebbe un mondo troppo bello per non essere raccontato almeno per l'ultima volta.

 

E' da queste premesse che siamo partiti pi? di un'anno fa.

E in tutto questo tempo alcuni piccoli segnali li abbiamo avuti, come aprire un giornale (di oggi) e vedermi Stommelen che mi guarda dalla fotografia*, o cercare sulla rete per un'intera settimana l'anno del suo matrimonio con Marlene e, al settimo giorno, (era novembre scorso) la notizia su un blog tedesco. Morto Erik Silverster, noto compositore e musicista tedesco, marito di Marlene Silverster, gi? vedova in Stommelen.

Pensando di portare un p? di sfiga allora interruppi le mie ricerche sul matrimonio tra Rolf e Marlene.

Ecco, all'amico di Colonia si potrebbe chiedere in che anno si ? sposato Stommelen.... per? muoviamoci da qui perch? sono arrivati gli italiani -via Brennero- con le loro 500 e tra un p? non troviamo pi? nessun posto in tribuna.

Ma che cosa vorranno questi auslaender? Non lo sanno che i piloti ferraristi sono uno svizzero e l'altro austriaco?

Sediamoci qua dov'? asciutto che mentre si preparano in griglia vi racconto una barzeletta.

Allora, ci sono uno svizzero un austriaco e.... un italiano. Vi dice qualcosa?

 

 

 

* E' stato in Settembre quando mor? Paul Newmann. Tra le tante foto circolarono anche quelle di Le Mans '79. Che ritraevano anche un'affaticato Rolf....

 

 

 

 

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