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sundance76

Guy Moll, il Gilles Villeneuve degli anni '30

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La citt? di Pescara rese le degne onoranze funebri a Guy Moll:

funeralimoll.jpg

 

Un anno dopo, nel 1935, a Villa Carmine venne posta una lapide (forse sulla parete esterna di una chiesa), tuttora visibile, come in questa foto scattata nel 2004 nel 70? anniversario della scomparsa:

 

lapidevillacarmine.jpg

 

L'immagine ? sfuocata, ma sul marmo c'? raffigurato l'attimo in cui il pilota viene sbalzato dall'auto, e c'? scritto:

 

L'audace giovinezza



del corridore francese

GUY MOLL

votata al trionfo dei colori italiani

ebbe tragica fine

su questo circuito

nel XV agosto MCMXXXIV XII E.F.

 

Il comitato della Coppa Acerbo

nel 1? anniversario

 

Il Comune di Montesilvano gli ha intitolato una piazza, che talvolta versa in stato di trascuratezza (erbe incolte, acque stagnanti nella fontana):

piazzamollth.jpg

 

5765d06aa87905e8e82f3c3.jpg

 

Una lapide in marmo ricorda tutti i piazzamenti del pilota nella sua carriera:

 

lapidepalmares.png

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l'immagine del funerale ? stata scattata a Pescara o a Tripoli?

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l'immagine del funerale ? stata scattata a Pescara o a Tripoli?

 

 

Ovviamente a Pescara.

 

Moll era nato in Algeria, dove poi fu sepolto (cimitero cristiano di Maiseon Carr?).

 

Tripoli ? in Libia, non c'entra.

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Eccovi una chicca. Nel 2001 Ugo Riccarelli pubblic? un libro di racconti sportivi, ciascuno ispirato a un diverso eroe dello sport. Calcio, ciclismo, automobilismo, pugilato, atletica ecc.

Il libro si chiama "L'Angelo di Coppi" (Mondadori 2001), e due racconti sono dedicati all'automobilismo. Uno per Nuvolari, e uno sorprendentemente per Guy Moll.

 

Mi sono preso la briga di trascrivere quello dedicato a Moll, dal titolo "Le traiettorie della vita". Buona lettura a chi vorr?:

 

 

Le traiettorie della vita

 

Nell?autunno del 1933 Jerome Blanchot incontr? Enzo Ferrari sul circuito di Pescara. Si strinsero la mano e parlarono a lungo di auto e di piloti. Erano tempi di strade polverose, di macchine imponenti e robuste come armadi. Dai motori, sculture nere, quasi blocchi d?acciaio tagliati con la scure, si alzavano rumori che nascondevano decine di cavalli di potere. Incredibile pensare che cos? imponenti lamiere potessero spostare aria a sufficienza per trascinarsi veloci sopra ruote enormi e dure come il marmo.

La Scuderia Ferrari era nata da poco, poco pi? di un garage a Modena, in viale Trento e Trieste, con quattro Alfa Romeo rosse a girare per le piste in cerca di gloria. Ferrari aveva smesso di guidare, per il futuro di suo figlio Dino che futuro non ne avrebbe avuto molto, e aveva preso con s? i migliori assi del tempo, venuti via dall?Alfa quando la casa madre aveva chiuso la porta alle corse: Nuvolari e Varzi, basterebbero questi nomi a spiegare perch? la gente cominci? subito ad amare il nome scritto sotto il cavallino di Baracca.

Forse fu anche per questo che Blanchot, quel pomeriggio a Pescara, parl? al modenese di un pilota che era ancora un ragazzo ma che, cos? disse a Ferrari, ?aveva un piede come una bomba eppure passava sulla pista con il pennello di un pittore?. Il padre era un francese andato in Algeria e la madre una donna spagnola, molto affascinante. Da questa ibridazione era nato un figlio che aveva respirato in Africa e a Parigi, bevuto latte spagnolo e visto i tramonti del deserto. Bast? una stretta di mano, bast? un momento.

Qualche settimana dopo, in viale Trento, Ferrari si trov? davanti un ragazzo, foulard al collo e giacca di pelle. Teneva la sigaretta in mano come fosse un lapis, e questo a Ferrari non parve cosa educata. Ma aveva modi gentili e fieri allo stesso tempo, e non troppe parole, come si conviene tra chi deve affidarti una macchina e chi la deve guidare. Non si dissero molto, perch? anche il modenese era misurato nel parlare e probabilmente onor? la stretta di mano con Blanchot soltanto per rispetto alla competenza di un uomo che stimava. Il ragazzo, lui si chiamava Guy Moll e gli era sconosciuto, ma si prese un?Alfa di Ferrari e and? a Montecarlo, il 2 di aprile del ?34, per la corsa.

La pista non era cosa facile, come non lo ? neanche oggi. Erano tre chilometri e centottanta di saliscendi, come una giostra, ma senza le chicane che hanno disegnato dopo. I piloti infilavano le stradine con i bolidi da settecentocinquanta chili, con enormi volanti da girar con forza. Non le diavolerie elettroniche di oggi, roba da maghi. Piuttosto leve e martelli, schizzi di olio e grasso da spalmare, occhiali enormi da aeroplano sopra cuffiette che poco potevano riparare.

Guy non fece grandi cose nelle prove, ma aveva gente famosa davanti, vecchi volponi, e lui invece era appena un novellino. C?era il conte Trossi, altro Ferrari, che fece il tempo sul giro, e Chiron, enfant du pays. Varzi, gi? mito, e Dreyfus sulla Bugatti messo accanto a Trossi sulla prima linea. Sei Alfa Romeo, cinque Maserati e quattro Bugatti, questo c?era sulla pista e partirono per fare cento giri, mica uno scherzo. Su quell?ottovolante, rasenti le case, ingoiavano lo spazio come niente, schiacciavano il tempo appoggiati sopra sedili enormi, protetti solo dal vento. Vento e fatica.

Dreyfus prese presto la testa e rest? davanti a lungo, incalzato da Chiron che si faceva sotto. Al muretto, Ferrari cominci? a tenere d?occhio il ragazzo vedendolo un po? incerto, certamente all?inizio ebbe anche paura. A Montecarlo ci vuole coraggio e assieme al coraggio anche la forza perch? dopo un?ora di corsa non senti pi? gambe e mani, non esiste pi? niente, ti avvolgono solo il rumore e lo schiaffo dell?aria e, specialmente se hai la faccia di un ragazzo, la velocit? si diverte a massacrarti.

Ma dopo i primi giri si accorse che Guy si rinfrancava, che il rumore dell?Alfa era pi? pieno, come quando uno ride contento per una bella giornata. Gli sembr? di sentirlo uscire da un boato salito dal fondo del rettifilo. Cos? si mosse dal box e and? laggi?, al gasometro, alla curva stretta, e fu allora che gli si schiant? il sorriso, quando vide il suo pilota arrivare come un folle, con la gente in tribuna che gridava aspettando l?uscita certa dalla strada, aspettando il botto e l?esplosione. Anche Ferrari ebbe quella sensazione, che fosse spacciato, per il muso puntato all?interno, per il rombo troppo alto del motore senza stridio di freni a toccar le ruote.

Per istinto and? con un occhio al viso di Guy, che invece gli sembr? tranquillo, anzi colse un sorriso sul volto inclinato a seguire la strada. Vide la macchina sbandare, fare la barba al palo interno di quella curva tremenda e poi presentarsi dritta e in posizione adatta a ingoiarsi velocemente il rettilineo.

Fa come Nuvolari, pens? Ferrari, fa come Tazio, quell?inconfondibile scivolata che solo lui sa fare e che ? coraggio, sfida e disinvoltura, il segno di chi ha dentro la classe di un artista. Torn? eccitato all?arrivo per assistere alla gara, sicuro di aver riconosciuto la stoffa di un campione, sicuro di averlo capito.

Ren? Dreyfus intanto era passato, ma prima di lui volava Chiron, verso la vittoria. Louis Chiron era monegasco, e ora che la corsa stava finendo e il tempo rotolava avanti senza sosta, addirittura salutava la folla urlante dietro le transenne, agitava la mano al Mirabeau in segno di festa e a St. Devote mand? anche un bacio verso gli spalti.

Ma intanto Guy scivolava sulle curve, avanzava ballando il suo tango accelerato tra le salite e le discese della pista. Lo dicono le cronache, per Chiron fu un colpo quando se ne accorse, quando vide la gente agitarsi, non per un saluto ma per la sorpresa, per lanciare l?allarme di quella cosa rossa che gli stava arrivando addosso, quasi tuonando.

Quell?uomo trad? la sua pur consolidata fama di campione, forse si emozion? per il rumore alle spalle, forse fu semplice sventura, ma all?ultimo giro, sulla discesa al Mirabeau dove prima salutava, prese una macchia d?olio e scivol? dritto dentro i sacchi di sabbia. Al traguardo giunse solo Moll e fece appena un sorriso ai meccanici, alla gente. E a Ferrari, che gli correva incontro domandandogli dove diavolo avesse imparato quella curva da pittore, dette una risposta spavalda, degna di chi danza con le macchine a quel modo. ?In Africa, da bambino, monsieur, guidando i cammelli?.

 

Ma fu durante la corsa del Montenero che il ragazzo entr? nel cuore di Ferrari e gli gel? per sempre il sangue per quel che seppe mostrare.

Partito come un razzo dietro a Varzi, suo compagno di squadra, Moll lo infil? all?esterno di una curva come se non facesse altro da tempo. In pochi giri lo stacc? di netto, e si parla di Varzi Achille, mica di altri. Successe poi che al ragazzo scoppi? una gomma e dovette rientrare ai box per la riparazione.

Ferrari intanto era diviso tra l?entusiasmo per quel suo nuovo pilota che faceva meraviglie e la preoccupazione per la risposta dell?altro, il campione, teso ed egoista come ogni cavallo di razza. Avrebbe voluto dire qualcosa a Moll ma lasci? stare, la sfortuna lo aveva gi? ritardato ed ? buona norma per un saggio caposquadra non girare troppo il coltello nella piaga.

Ma non calcol? la furia, la voglia di arrivare del ragazzo che ripart? dal box in un momento e dopo un giro fu di nuovo a razzo addosso a Varzi a battagliare. Achille era un fuoriclasse e non era certo disposto a lasciare il passo libero al secondo. Chi vide quei due guidare, quel giorno vide cose belle, il maestro scodare e rubare a fatica lo spazio all?altro pilota che intanto arrivava disegnando traiettorie mai pensate, entrando e uscendo dalle curve senza un errore, senza esitare.

Ferrari allora decise per i due, da caposquadra. Si disse che non ? bene rischiare vita e vittoria tra compagni, non c?? morale nel farsi la guerra tra fratelli, questo ? sbagliato. Insomma, non era cosa da fare. Cos? prepar? il segnale ?rallentare?, convinto di mostrarlo a Guy quando sarebbe passato.

Con questi pensieri e con il cartello in mano vide Varzi arrivare rombando e dietro Guy Moll che lo incalzava. Ma a met? della curva, quando ormai il primo era sfilato, la macchina di Guy inizi? a ballare, part? a trottola in un valzer pazzo, roteando tra la testa e la coda verso lo schianto, ma invece che col corpo irrigidito dal terrore, il ragazzo pass? davanti al box in giravolta e girando fece verso Ferrari quasi un saluto: vide il cartello e cap? il da farsi e allora con la mano, sempre ballando, lo rassicur? di tutto. Non valeva la pena, certo. Aveva capito. Chiuse il testacoda con un colpo di sterzo e ripart? dritto e tranquillo per finire dietro a Varzi la sua corsa.

Ferrari rimase incredulo al muretto: mai aveva visto fare quelle cose, mantenere la freddezza, la calma e, ancora, la ragione, mentre il mondo ti gira attorno a cento all?ora. Cap?, e fu certo della classe da campione, cap? cos?era quell?uomo ma nello stesso tempo ebbe un brivido che lo lasci? pi? triste. Perch? il pericolo non stava nella sua bravura, ma nella pochezza degli altri al suo confronto, nel genio con cui disegnava le curve che avrebbe cozzato contro la mediocrit? che gli correva accanto.

Con l?animo appesantito per questa sensazione, quasi da padre, Ferrari and? da Guy al box, dopo la corsa. A complimentarsi certo, ma anche a parlare di quello che aveva sentito in fondo al cuore. I meccanici riponevano le cose e l?atmosfera era allegra. Guy, appoggiato con una spalla al muro, li guardava e nella mano aveva una sigaretta, tenuta come un lapis, in punta di dita. Ferrari lo guard? negli occhi e gli disse: ?Bravo, ma attenzione a quello che fai perch? attorno a te c?? il mondo e il mondo ? limitato, fatto di cose banali e spesso cattive. Cerca di considerarlo e di calcolare dove inizia la curva e dove vai a finire, chi hai di fianco, chi ti sta a guardare?.

Moll lo guard? attraverso il fumo grigio che gli girava attorno e fece con la sigaretta un segno vago per l?aria.

?Io faccio solo traiettorie, monsieur Ferrari, e cerco di disegnarle nel modo che mi pare giusto. Appena fatte scompaiono senza lasciare traccia. Come la mia sigaretta. Non posso far altro che girare in questo modo, faccio la mia strada tirando una boccata e dopo lascio andare il fumo libero nel cielo, che vada dove vada.?

Appena poche settimane dopo i piloti erano a Pescara per il Gran Premio, per la Coppa Acerbo, ed era agosto. Guy faceva girare l?Alfa verso Montesilvano, disegnando le sue traiettorie sulla strada. Non si seppe mai come fosse andata, proprio come il fumo del cielo, non si riusc? neppure a seguire le tracce di quell?avvenimento. Rimasero solo le parole confuse di Ernst Henne, che gli era davanti sulla sua Mercedes argento e lo sent? arrivare, sent? la macchina urlare, Guy che lo passava girando su s? stesso. Come fosse in un sogno vide che se ne andava. L?Alfa si rovesci? sul ciglio e il ragazzo si ferm? su quella strada, per uno strano destino. Si ferm? per sempre a Pescara, proprio dove Blanchot ne aveva parlato.

Ferrari continu? la sua vita di organizzatore, la storia ? nota, fece nascere altri piloti e vide altra gente arrivare e andare, e forse si comport? proprio come un padre, anche se qualcuno lo defin? un Saturno cattivo. Padre fu davvero di un figlio, Dino, per il quale, abbiamo detto, cess? di fare il pilota con scelta razionale.

Dino era malato e mor? presto. Ebbe una nefrite virale che lo tenne a lungo a letto e al suo capezzale il padre lott? con lui per mesi, usando la ragione. Probabilmente si convinse che il figlio fosse come una sua macchina, un suo motore, e fosse possibile aggiustare il meccanismo che aveva solo qualcosa da revisionare. Teneva dei quaderni, Ferrari, su cui fece il programma di cura, su cui riport? i valori e le analisi, compil? liste e diagrammi, tracci? grafici. Disegn? curve.

La sera del 30 giugno del ?56 scrisse un?ultima frase: ?la partita ? persa?, e chiuse l?agenda come a fine corsa. Annot? la data e mentalmente calcol? l?et?: era ventiquattro anni. Come Guy Moll, pens?. La stessa et? di Guy.

Forse fu per quel pensiero o per quello che di magico hanno le combinazioni che nascondiamo nella nostra testa, e non vediamo, e non vogliamo vedere ma, uscendo dalla stanza dove Dino giaceva, Ferrari vide appoggiato con una spalla al muro il dottor Santoni, in mano una sigaretta tenuta come fosse un lapis.

In quel corridoio quasi buio, l?ultima luce che entr? dalla finestra colp? il fumo che saliva, e Ferrari vide che salendo ballava, ruotava, in una danza infinita, faceva curve nell?aria, girava, fuggiva e disegnava in cerchi e ghirigori le fragili traiettorie della vita.

 

Ugo Riccarelli, in ?L?angelo di Coppi? (2001)

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Guy Moll dopo la vittoria a Montecarlo '34 premiato da Anthony Noghes (vi ricorda qualcosa questo nome nelle dirette TV del GP? ), uno dei "padri" del Gran Premio di Monaco:

 

1934monacogpguymoll1sta.jpg

 

Moll rimarrà il più giovane vincitore del GP di Monaco fino al 2008.

All'esordio con la Scuderia Ferrari, alla sua prima gara come pilota ufficiale di una grande Casa, contro compagni come Chiron, Varzi e Trossi, il giovane Moll vince in extremis. Eccolo con la coppa e i fiori:

 

mollcup.jpg

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Guy Moll dopo la vittoria a Montecarlo '34 premiato da Anthony Noghes (vi ricorda qualcosa questo nome nelle dirette TV del GP? ), uno dei "padri" del Gran Premio di Monaco:

 

 

 

"...e poi l'ultima curva ? la Anthony Noghes che prende il nome dall'ideatore del Gran Premio di Monaco e del Rally di Montecarlo" - Gianfranco Mazzoni ogni 20 minuti della telecronaca del GP di Monaco :hihi:

Modificato da Murray Walker

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"...e poi l'ultima curva ? la Anthony Noghes che prende il nome dall'ideatore del Gran Premio di Monaco e del Rally di Montecarlo" - Gianfranco Mazzoni ogni 20 minuti della telecronaca del GP di Monaco :hihi:

*** ma tu un libro su Moll (e sulla Coppa Acerbo) non potresti scriverlo? :yes:

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*** ma tu un libro su Moll (e sulla Coppa Acerbo) non potresti scriverlo? :yes:

 

Eh, sulla Coppa Acerbo esistono già alcuni libri, come ben sai, e comunque sarebbe un lavoro molto complesso.

 

Su Moll a dir la verità ci ho pensato, ma come premessa va detto che nessun editore lo stamperebbe, poco ma sicuro. Quindi oltre al lavoro di ricerca e a quello letterario, va considerato il fatto di doverlo stampare in proprio.. Chissà.

 

In fondo, fino a pochi anni fa gli stessi autori ritenevano impossibile un libro in italiano su Rosemeyer, poi è intervenuto un sostenitore, e il libro si è fatto... Mai dire mai.

 

Qui c'è una rarissima sequenza, ma non so cosa sia precisamente, un negativo di foto, o una pellicola. Raffigura Guy Moll dopo il trionfo all'Avus '34, con la corona d'alloro sul muso della vettura, la bellissima P3-Aerodinamica:

kif1747wh6.jpg

 

Ecco un'altra immagine di quella vettura che fu usata solo in quella corsa, di cui nella prima pagina di questo Thread avevo già postato altre foto:

moll17.jpg

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Un grazie di cuore a ***.

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Rombo Anno 4 n?35 1984 del 28 Agosto, pag. 33, 38,39. Sono le "coordinate" di quel pezzo (di M.Sabbatini) di cui andavi alla ricerca su Moll, "Sun".

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Grazie a Phoebe per il suo entusiasmo, e a Patresalbo per la preziosa informazione bibliografica su quell'articolo di Rombo.

 

Di seguito posto interamente la prima parte del 5? capitolo del libro "Enzo Ferrari, il Sceriffo" di Cesare De Agostini, riguardante Moll e da cui ho ripreso varie citazioni inserite nei precedenti post:

 

Capitolo V



 

dove, con un certo anticipo,

 

conosce e adopera

 

un sensazionale Villeneuve,

 

che per? si chiama Guy Moll.

 

E poi compie delle immoralit? tecniche

 

Gli ? restato dentro con tutto il rimpianto di una cosa incompiuta, con la suggestione di un sogno che irrompe nel sogno. Parla di lui con intatta ammirazione, mettendolo a respirare con i grandi di ogni tempo. In pieno caso Villeneuve, nel 1981, lo paragonava anzi lo mescolava a Gilles, ancora vivo e curvante. Si chiamava Guy Moll.

 

Di solito, i piloti corrono e vincono di domenica. Il tempo del lavoro e dei trionfi, per loro, ? il settimo giorno quando Dio si ripos?. Per Moll invece tutto cominci? di luned?. Louis Chiron, asso della Scuderia Ferrari, idolo monegasco, stava vincendo il gran premio di casa sua. Un attimo di disattenzione e, proprio in vista del traguardo, sband?. Dietro di lui Moll, anni 24, fu spudorato e feroce: pass? e and? a vincere.

 

Un asso era sorto quasi dal nulla, un diavoletto nero che rischiava su ordinazione e l'ordine era sempre valido.

 

Quando era in verticale, con i piedi appoggiati per terra e la bocca chiusa, denunciava una specie di grazia, di fragilit? che non andavano d'accordo con la villania con cui trattava la prudenza. In gara i suoi occhi narravano la stessa storia di Pietro Bordino, di Antonio Ascari, di Tazio Nuvolari, di Bernd Rosemeyer, di Stirling Moss, di Villeneuve. Una storia che non cambia mai, che non ha n? inizio n? fine.

 

Prepararono un'Alfa con una speciale carrozzeria, una carenatura impreziosita da una gran pinna posteriore. Varzi, in quell'anno primo pilota della Scuderia Ferrari, la prov? ma rimase impressionato da strane vibrazioni. La macchina fu passata a Moll che corse all'Avus in un tremendo giorno di pioggia e vinse alla impressionante media di oltre 205 all'ora. Per lui quelle vibrazioni erano solo un saluto della velocit?. All'arrivo parl? della benevolenza e della comprensione che aveva trovato "presso il signor Ferrari", il quale complet? il gi? lusinghiero concetto che aveva di quel pilota capitatogli in squadra quasi per caso, pensando: "Sensazionale!?

 

Alla vigilia del GP di Tripoli la stampa francese parl? di un accordo tra Varzi e Chiron: se si fossero trovati in testa, la vittoria sarebbe andata all'italiano. "Di questo accordo me ne infischio" disse Moll. Dopo aver sostato per due volte ai box, il diavoletto nero si era abbandonato totalmente al perenne richiamo della sua insaziata sete agonistica. Dai box gli facevano segno di rallentare e lui, passando, abbass? la testa: aveva capito. E per? continuava a spingere. Dall'ultima curva in fondo al rettilineo, in vista del traguardo, spuntarono le due Alfa, quasi sulla stessa linea. Il caschetto di tela azzurra di Moll era all'interno, quello bianco di Varzi all'esterno. Varzi non moll? e tagli? il traguardo con mezza ruota di vantaggio. Moll impazz?, disse che Varzi lo aveva ostacolato: "Quando mi avete fatto segno di rallentare io, abbassando la testa, non volevo dire 's?' ma solo 'bah' ". Il giornalista francese Henry lo chiam? "cabochard", testardo cocciuto.

 

Nacque il caso Moll, alimentato dalle solite polemiche: la stampa francese difendeva ovviamente il pilota nato il Algeria da padre francese e madre spagnola: quella italiana si schier? con Varzi. Chi era questo Guy Moll? Che cosa aveva fatto prima di entrare nella Scuderia Ferrari? Indagarono. Ricordarono che mesi prima era arrivato secondo a Monza, ma si era agitato parecchio, lasciando l'impressione di essere molto estroso, molto facile a esplodere.

 

Intanto la rivista ?Motor? scriveva che Ferrari amava far vincere Chiron nelle corse francesi e Varzi in quelle italiane. Charles Faroux, il giornalista che per decenni ha fatto testo in Francia e fuori, finiva un articolo dicendo: ?Io non capisco perch? il signor Ferrari mandi sempre le sue iscrizioni all?ultimo minuto, danneggiando gli organizzatori che non possono cominciare per tempo la pubblicit??.

Era un?osservazione discutibile.

Ferrari fece come aveva sempre fatto e come sempre far?: rest? in silenzio, ma quando giudic? di aver raggiunto il limite, esplose. Mand? una veemente lettera a ?L?Auto? di Parigi. La stampa francese ? diceva in sostanza ? ha riportato voci e aneddoti sulla Scuderia Ferrari che richiedevano una rettifica perch? tendevano a mettere in una luce piuttosto equivoca la Scuderia. Si era scritto che la Scuderia fissava in anticipo l?ordine di arrivo.

 

?Falso, falsissimo!? vibr? Ferrari.

 

I corridori erano liberi di difendere le proprie sorti ed erano autorizzati a far vedere i loro contratti. Si era scritto che a Tripoli Ferrari aveva stabilito: primo Varzi, secondo Chiron.

 

?Falso anche questo!? palpit? Ferrari.

 

Guy Moll e l?altro corridore Carlo Felice Trossi disponevano dei soli motori nuovi:

 

?Il signor Moll pu? confermarlo? insist? Ferrari.

 

A Tripoli, Varzi e Chiron, in testa, furono rallentati per prudenza, mentre Moll fu lasciato libero perch? aveva perso tempo in un rifornimento imprevisto. La Scuderia avrebbe potuto evitare l?arrivo tumultuoso di Moll, sarebbe stato nel suo interesse non rischiare. Si era scritto che se ci fosse stato ?fair play? Moll avrebbe vinto, ma questa era una calunnia e un?ingiustizia verso Varzi:

 

?Chi lo dice o ? in malafede o non ha visto nulla?.

 

Era necessario, concludeva Ferrari, che gli sportivi francesi sapessero tutto ci? per non essere ingannati da pettegolezzi di certa stampa che sembrava dimenticare che su quattordici corridori della Scuderia, dieci erano italiani, tre francesi e uno inglese.

 

Al Gran Premio di Francia la Scuderia Ferrari aveva ottenuto una grande vittoria, il nome dell'uomo di Modena era gi? molto solido in tutta Europa.

Ma anche in Francia, Guy Moll fece sentire tutto il peso di una bravura difficilmente valutabile. Trossi (Presidente della Scuderia Ferrari) si era fermato ai box con la sua Alfa P3 mal messa: mancavano la prima e la terza marcia.

<< E' finita >> disse il conte biellese togliendosi il caschetto.

Moll, presente come riserva, stava scalpitando.

<< Prendo io la macchina? >> domand?.

Il responsabile dei box era Luigi Bazzi che lanci? un'occhiata interrogativa a Trossi.

<< Non potrei fare un giro per vedere come va? >> insisteva Moll.

 

Lo lasciarono andare. Cominci? a girare con prudenza, poi sempre pi? forte. Nettamente pi? forte di quello che aveva saputo fare Trossi. Ad un certo punto era riuscito a occupare la seconda posizione. Si ferm? per un rifornimento e concluse in terza posizione dopo Chiron e Varzi.

I giornali d'oltralpe scrissero che Moll era stato rallentato da segnali ai box, altrimenti sarebbe arrivato secondo. ?Il giovane campione ci far? stupire il giorno in cui gli si lascer? la briglia".

 

Lo fotografarono insieme ad Achille Varzi. Davanti a un obiettivo, i piloti pi? grandi sanno sempre offrire l'ultima sostanza. In quella immagine, nata forse per caso, due uomini avevano lasciato che si stampasse la loro anima definitiva. Varzi appare un po? assente, calmo di una calma che sconvolgeva perch? a trent'anni era gi? vecchio. Moll sembra suo figlio. Da una tuta bianca e abbondante, sorge un sorriso che piega verso destra e che invano cerca di far dimenticare due mani incapaci di trovare il proprio posto.

 

Arriv? cos? a Pescara, in pieno agosto, con quelle mani che quando non erano appoggiate su un volante sembravano in esilio. Il tracciato di Pescara prevedeva un lunghissimo rettilineo, Montesilvano. Vi si arrivava sfiniti dalle curve e lo si infilava come s?infila la cruna di un ago per venir risucchiati dalla velocit?: 290 avevano segnato le potenti Mercedes, 268 l?Alfa di Moll. Ventidue chilometri di differenza. E su questi ventidue chilometri si gioc? la vita di quel diavoletto nero di occhi e di capelli che ? unico con Nuvolari ? aveva saputo offrire a Ferrari un esempio da fantascienza: in pieno testa-coda, aveva fatto cenno di aver capito il segnale che lo stesso Ferrari gli stava mostrando. Una cosa ai limiti dell?impossibile che l?uomo di Maranello definir? come capacit? straordinaria di spaccare in due il ragionamento sotto le disumane sollecitazioni del rischio.

 

Quel giorno a Pescara, Moll si trov? nella necessit? di inseguire l?imprendibile Mercedes di Fagioli. Stabil? dei tempi definiti spettacolosi e incredibili, culminanti in un 10 minuti e 51 secondi che nessuno avrebbe migliorato. All?uscita da una curva sband?, il motore gli si spense, scese dalla macchina, rimise in moto, risal?. Quando pass? sul traguardo, il cronometro rivel? che aveva percorso il giro in 11 minuti e 3 secondi.

 

Sfrecci? davanti ai box scuotendo la testa: il suo ultimo passaggio. Era il diciassettesimo giro, ne mancavano ancora tre alla fine, la Mercedes di Fagioli era davanti di circa venti secondi. Rilevarono che in quel giro, iniziato scuotendo la testa, Moll dovette compiere delle prodezze inenarrabili perch? all?inizio della base del chilometro lanciato, dopo la serie di curve, il suo distacco da Fagioli era sceso a una decina di secondi. L?algerino poteva quasi vedere la Mercedes di Fagioli ma prima di quella c?era un altro bolide d?argento. Lo guidava Ernest Henne, un motociclista tedesco che stava tentando senza troppa fortuna l?avventura del volante. Moll pass? alla base entrata del chilometro lanciato quasi affiancato a Henne. Erano le ore 12, 54 minuti e 40 secondi. Qualche attimo dopo le due vetture, l?Alfa Romeo e la Mercedes, si agganciarono. La macchina italiana inizi? il pazzo rodeo della morte: abbatt? una decina di piccoli alberi, entr? in un fosso, lo raschi?, ne usc?. Vi rientr? per cozzare contro la spalletta erbosa di un ponticello, salt? sulla strada tre quattro volte come una mostruosa palla meccanica sfigurata dalla velocit?. Pass? oltre i fili di una linea telefonica e si and? a fermare contro una casa. Mentre aspettava il colpo definitivo, Guy Moll cap? tutto. Non c?era Ferrari a mostrargli un cartello ma ancora una volta spacc? in due il ragionamento:

 

?Addio signor Ferrari??

 

?Mi spiace, signor Ferrari!?

 

Poi pi? nulla. Lo trovarono rotto come una di quelle preziose statuine di porcellana bianca e azzurra scivolate per terra in un attimo di disattenzione: Moll, questo Villeneuve tradotto in Algeria con cinquant?anni di anticipo e incrociato con sangue francese e spagnolo, aveva dato il suo amore a una giovane che non dimenticher?. Dopo quasi mezzo secolo, si ripresenter? al ?signor Ferrari? da remote lontananze di tempo e di spazio: ?La ricordavo come una bella bionda e mi sono visto venire incontro una nonnina? ma ai suoi occhi devo essere cambiato anch?io?.

 

Mentre le spoglie di Guy Moll viaggiavano verso l?Algeria, il mondo dei Gran Premi reag? come aveva sempre reagito e sempre reagir?: calando una impenetrabile cortina di stoffa misteriosa sul volto e anche sul nome del pilota che se ne era andato come tutti i piloti che muoiono: all?improvviso, senza avvertire. [?]

 

Cesare De Agostini, ?Enzo Ferrari, il sceriffo? (1985)

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*** mi ha fatto il grande favore di scannerizzare un articolo di AS del 1981, che tutti potete leggere integralmente nella sezione off-topic.

 

Era un articolo dell'allora direttore Gianni Cancellieri su una visita all'interno dei reparti della Gestione Sportiva della Ferrari, compiuta all'indomani della vittoria di Monaco '81 per merito di Gilles Villeneuve.

 

Ad un certo punto c'è un botta e risposta tra Enzo Ferrari, Cancellieri e Pironi, mentre parlano di Guy Moll. Penso che possa interessare a coloro che leggono questo thread.

 

"[....] Ferrari racconta di aver ricevuto, non molti mesi addietro, la visita della donna che fu compagna di Guy Moll, meteora tra le più splendenti e ahimè fugaci nel firmamento dei gran premi degli anni Trenta. "Non l'avevo più vista dal giorno del funerale, mi ha fatto piacere sentirla al telefono e ricevere poi una sua visita. Certo, la ricordavo come una bella bionda e mi son visto venire incontro una nonnina, ma ai suoi occhi devo essere cambiato anch'io...".

 

- Quale pilota assomiglia oggi a Guy Moll?

 

"Moll era uno spudorato (mai avevo sentito pronunciare questo aggettivo con tanta affettuosa ammirazione n.d.d.), uno spudorato come Villeneuve, in corsa tutti i cordoli erano suoi, se decideva di passare erano buoni anche i marciapiedi, se decideva di non lasciarsi passare erano guai per tutti, qualche volta anche per lui. Comunque, era un pilota molto veloce, fra i più veloci in assoluto, ma intelligente.."

 

"Perchè dice veloce ma intelligente?" chiede Pironi, "Le due cose non possono stare insieme?"

 

Ferrari: "Non c'è campione autentico e completo che non sia intelligente. Ci sono invece dei piloti che sono molto più veloci che intelligenti. Insomma, per essere veloci, per arrivare a certi limiti, deve avere il sopravvento un pizzico di incoscienza. Se si è troppo ragionatori, d'altra parte, non si arriva a certi limiti. Il difficile consiste nel sublimare queste due qualità, senza che una penalizzi eccessivamente l'altra."

 

Ecco, questo è stato il breve botta-e-risposta che riguardava Moll.

 

Inoltre, su un fascicolo uscito con la Gazzetta dello Sport nel 1988, dal titolo "Ferrari racconta", c'è un accenno alla visita che la compagna di Moll fece a Enzo Ferrari. Il Drake racconta che alcuni anni prima (e qui non sono riuscito ancora a capire che anno fosse, '81, '80 o '79 ), ricevette una telefonata da una certa "Signora Gobron, di Abano". Sul momento lui non riconobbe la voce, ma poi ella disse di essere l'ex compagna di Moll, che poi andò appunto a Maranello.

 

Sembrerebbe quindi che questa signora vivesse in Italia (Abano), e chissà che fine ha fatto. Moll era nato nel 1910, e se magari la fidanzata aveva più o meno la stessa età, oggi probabilmente non è più in vita, o magari mi sbaglio....

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L'articolo di Donatella BIFFIGNANDI pubblicato sul mensile "Auto d'Epoca" di luglio-agosto 2005.

 

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Ho notato una cosa.

 

Nell'ultimissima pagina dell'articolo postato nell'intervento precedente, c'? una foto in basso con Varzi e Moll ritratti insieme.

 

Nel libro di De Agostini ("Enzo Ferrari, 'il' sceriffo") c'? questo passo:

 

"Lo fotografarono insieme ad Achille Varzi. Davanti a un obiettivo, i piloti pi? grandi sanno sempre offrire l'ultima sostanza. In quella immagine, nata forse per caso, due uomini avevano lasciato che si stampasse la loro anima definitiva. Varzi appare un po? assente, calmo di una calma che sconvolgeva perch? a trent'anni era gi? vecchio. Moll sembra suo figlio. Da una tuta bianca e abbondante, sorge un sorriso che piega verso destra e che invano cerca di far dimenticare due mani incapaci di trovare il proprio posto."

 

Ecco, se osservate la foto che vi ho detto nell'articolo della Biffignandi, potrete forse essere d'accordo con me che essa con tutta probabilit? dovrebbe essere proprio la foto a cui si riferisce De Agostini.

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I due articoli di Franco Gozzi su AS nel 1994 dedicati a Guy Moll:

 

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L'ultimo passaggio sul traguardo di Guy Moll, prima del fatale incidente:

 

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Un'iniziativa attesa da tutti i forumisti ( :asd: ).

 

Il 16-17 luglio ci sar? il "1? Memorial Guy Moll ripercorrendo la Coppa Acerbo".Nella pagina si pu? anche leggere la biografia di Moll che io scrissi su Wikipedia.

 

http://www.mdvracing...0Guy%20Moll.htm

Modificato da sundance76

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Pau 1933 su Bugatti 51

 

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