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monza1993

Rolf Stommelen

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? molto appassionante tutto sto thread....

ne sta uscendo un capolavoro

complimenti monza93 :up:

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rolf_stommelen.jpg

 

La corsa ? stata un disastro, anche nel nubifragio Rolf non riesce pi? a trovare il feeling con la monoposto e gira in balia degli schizzi e delle nubi d?acqua sollevate da chi lo precede. L?interruzione sollecitata da Dennis Hulme arriva dunque come un premio per Stommelen che negli ultimi giri comincia anche ad accusare una stanchezza fisica dovuta al prolungato stop. La ripartenza dal circuito austriaco ? cos? dimessa, ognuno per conto suo, Rolf, Graham, i meccanici della Embassy. Sono tutti diretti verso la stessa prossima meta, fra tre giorni si incontreranno di nuovo sul circuito di Dijon per il Gran Premio di Svizzera. Una gara corta, meno di duecento chilometri, un?allenamento ideale per Rolf, in attesa di recuperare la forma fisica.

 

La sua Embassy ? la sola vettura iscritta dalla scuderia di Graham, il baffuto inglese st? cercando di valutare se continuare con Rolf o no. Presumibilmente il sospetto che Rolf non possa pi? tornare sui suoi tempi di inizio stagione Grama a questo punto ce l?ha gi?.

Il distacco subito da Rolf in Austria da Brise ? stato troppo importante per essere dovuto soltanto al recupero, ma Rolf ha dimostrato un?atteggiamento tutt?altro che remissivo. Forse per questo il responso del cronometro ? stato ancor pi? scioccante.

Un fine settimana completamente dedicato a lui, con la squadra tutta intorno alla sua vettura, per ridare fiducia, per non farsi mancare nulla, per vederci chiaro.

E? questo quello di cui ha bisogno un pilota rientrante dopo un brutto botto come quello di Rolf al Montjuich. E Graham lo sa bene. Cos?, con una decisione che dimostra quanto sia ancora un?ottimo pilota oltre che un?ottima persona ma forse non abbastanza cinico per poter essere ancora un buon ?Patron?, Graham spedisce tutta la sua piccola scuderia dall?altra parte delle alpi per un test drive esclusivo, quasi sicuramente senza nessuna prospettiva futura se non, appunto, quella di voler dimostrare ad un collega, ad un amico, di non abbandonarlo, di non metterlo nell?angolo come un telaio incidentato, buono ormai solo per il ferrivecchi.

Tuttavia la possibilit? che Rolf smentisca questi pensieri c?? e Graham non la sottovaluta. Dunque non resta che impugnare il cronometro e aspettare i primi passaggi.

 

 

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Con le vecchie T370 qui Graham lo scorso anno ha girato poco sopra il minuto netto, appena appena pi? lento di Guy Edwards che girava con la seconda Lola. Montavano per? i pneumatici Firestone, non questi Good year di nuova costruzione. La nuova vettura ? inoltre sensibilmente pi? veloce della T370 ma la pista non ? affatto veloce. La pioggia, che anche qui, ? caduta la settimana scorsa, ha reso l?asfalto del pittoresco circuito francese praticamente insensibile agli pneumatici. E con sole sedici monoposto che possono girare nelle brevi prove, difficilmente si riuscir? a trovare un filo di grip.

Non a caso in testa ai tempi si issa subito la Shadow di Jarier, particolarmente sensibile alle mescole ultrasoffici indispensabili per cercare di non girare troppo largo alla Combe e, soprattutto, a Villeroy, il curvone che segue il lungo rettilineo.

Jarier, insieme ad altri quattro piloti, sono gli unici capaci di scendere sotto il minuto netto.

Rolf comincia a girare e segna i primi crono sull?1?03 basso. E? fermo.

Rientra ai box e chieda alcune regolazioni, aspetta nell?abitacolo e poi si rilancia in pista. Ripete questa operazione diverse volte senza tuttavia togliere granch? ai suoi tempi. 1?02 alto, 1?02? e cinque decimi.

E quattro.

E tre.

Poi rientra e monta gomme nuove.

1?02?00.

Oltre non riesce ad andare. Graham capisce, con dolore, che ormai i piloti per lui non hanno davvero pi? segreti. Cos? si mette a fare due conti:il botto del Montyuich ha tolto almeno un secondo e mezzo a Rolf. Un secondo, uno come lui, potr? recuperarlo con il tempo e con la dedizione e considerando il margine che aveva prima, potr? tranquillamente continuare a fare il pilota. Il vero problema per? sono gli altri cinque decimi, necessari per le corse che durano due ore appena.

Quelli, Stommelen, non li riprender? mai pi?.

 

L?indomani Rolf chiude dodicesimo, a due giri dal vincitore Regazzoni, profeta in ?patria??

 

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Qui in quattro si st? davvero stretti ma ? un posto unico. Pi? che una torretta per fotografi questa sembra una di quelle torrette per avvistare gli uccelli nelle loro migrazioni. Come quelle ? issata tra i rami e spunta con i suoi tubolari proprio in mezzo alle nodose radici degli alberi che la circondano, e poi proprio di fronte si pu? ammirare un?intero bosco, una fitta fila di alberi che blocca lo sguardo e non lo fa scivolare via. Senza questo muro verde altrimenti lo sguardo scivolerebbe via via verso un?enorme prato che si stende proprio alle spalle di questa meravigliosa flora lombarda. Ma la ragione di questa torretta non sono gli uccelli n? tantomeno gli alberi che sembrano proteggerti e rassicurarti. La ragione di questa torretta ? tutta qui sotto, una striscia di asfalto che da qui, sembra davvero larga ma che i piloti giudicano sempre troppo stretta, un?imbuto dove infilarsi dentro a centottanta all?ora mentre i loro occhi sono ancora abituati alle prospettive distorte di un rettilineo percorso a trecento. Frenano a cento metri, scalano due marce e si aggrappano al volante con la speranza di rivedere le alpi. Perch? dietro questa curva ci sono le alpi e quando la giornata ? tersa sembra di poterci arrivare in un baleno, anzi, sembra che il curvone ci giri proprio sotto.

Invece quando affronti questo pezzetto di asfalto che st? qui davanti alla torretta le alpi ce le hai alle spalle e sei orientato verso sud. Per questo motivo questa postazione ? davvero unica, proprio come le torrette per avvistare gli uccelli migratori che si spostano verso le aree meridionali, qui hai la possibilit? di osservare i piloti che si fiondano a centottanta chilometri orari verso sud, e di postazioni come questa non ce ne sono molte in europa.

E? una questione di luce. E di velocit?. Luce e velocit?, ecco in sintesi cos?? la fotografia, e qui, da questa pedana di legno dove in quattro ci si st? gi? stretti, c?? tutto quello che ti occorre per un buono scatto, un fotogramma che da solo vale lo sviluppo di tutto il rullino.

E? fondamentale qui arrivare con diverse ?cartucce?, non farsi trovare smunito. Questa torretta sembra anche quella di un postazione militare, come quelle al chek poit Charlie, a Berlino. Come su quella e su tutte le altre torrette militari del genere, qui ci sono sono tiratori scelti, fotografi che difficilmente sbagliano quando hanno il colpo in canna.

Luce e velocit?, dicevo.

Cominciamo dalla luce.

Puntando verso sud le monoposto sono investite dalla luce del sole in tutte le sessioni di prove, al mattino come nel pomeriggio. Specialmente al mattino nelle sessioni di prove libere la luce che arriva sulle monoposto ? talmente bassa che riesci a guardare dentro l?air scope. E la stessa radiografia la riesci ad ottenere sul viso del pilota. Questa luce ti permette di entrare per un momento nel suo casco, illumina non solo il sottocoasco ma anche gli zigomi, lo sguardo e, se ci sono, gli occhiali. Fotografare gli occhiali di un pilota a centottanta all?ora mentre cercano alla cieca il punto corda ? davvero come far passare un cammello dentro la cruna di un?ago. Tuttavia le ombre lunghe che questa luce mattutina genera sul resto della monoposto e sull?asfalto ?tagliano? fuori gioco la messa fuoco e sei costretto a lavorare con un diaframma troppo largo per catturare bene i dettagli. Catturare un dettaglio a centottante all?ora ? un problema, dietro l?otturatore cos? come dentro un?abitacolo. Da qui li posso guardare negli occhi mentre cercano ?a naso? un punto di corda che ad ogni pasaggio non ? mai perfetto, a volte troppo anticipato, a volte troppo ritardato. A tre quarti di ingresso curva, proprio quando sono qui sotto, lottano ancora con la deriva forzata degli pneumatici e telegrafano freno e acceleratore perch? ancora non riescono a veder il punto di corda. Loro cercano il punto di corda ma noi qui sopra non fatichiamo meno per tenere tutto dentro campo. Non ? facile tenere una monoposto che slitta con tutte e quattro le ruote a centottanta all?ora dentro un rettangolino di trentacinque millimetri.

Usano la nostra postazione come punto di riferimento, per aiutarsi a rimanere aggrappati su questo lato dell?asfalto, perch? se qui sei troppo largo perdi un?eternit?, e se insisti forse anche qualcos?altro.

E? un posto unico questo, fa paura ma ? unico. Con l?orecchio sinistro senti la frenata, lo scalare e il fuorigiri del motore appena appena controllato all?ultimo momento, mentre poi con l?orecchio destro senti la coppia di potenza, i giri motore che salgono fluidi (quando si pu?) e l?innesto della quarta marcia (pi? avanti, ma lo senti ancora distintamente). Un posto difficile, un posto per piloti veri, per tiratori scelti, per fotografi professionisti.

Il nome dice tutto. Parabolica. Lato interno, aggiungiamo noi, non senza una punta di orgoglio quando, una volta gi? dal trespolo, ci ritroviamo a fare merenda con i colleghi di trincea, quelli che annaspano su e gi? lungo i sentieri delle vie di fuga portandosi dietro i pesantissimi 850mm, 1250mm, macigni da fissare al terreno con un trepiedi e allora altro che velocit?, altro che luce. Qui con un 70-120 fai tutto, prove libere, qualifiche e gara. Oltre il 120 rischi di rovinare la cosa pi? bella di questo paradiso fatto di tubi innocenti e tavole di ponte: la luce.

Con un obiettivo corto inoltre mantieni una buona maneggevolezza del corpo macchina, qui indispensabile per girarti rapido su te stesso. Perch? anche se lo scatto devi assolutamente tirarlo fuori prima ancora che le tue spalle siano dritte, il movimento devi farlo fino in fondo. E? una questione di velocit?, e questa ? la seconda cosa indispensabile alla fotografia.

Puoi essere anche il pi? grande fotografo del mondo, ma quando sali su questa torretta se non hai con te almeno una dozzina di rullini rischi di tornare in redazione a mani vuote. La percentuale di tiri che venno a segno qui ? bassissima, anche per noi professionisti. Quando si st? in quattro come oggi poi, oltre alle mezze monoposto devi scartare anche quelle con le mezze nuche o quelle mosse. Un calvario.

Allora ti concentri su un fazzoletto di asfalto. E? l? a sei-otto metri da te ma per tagliarlo tutto e farlo entrare nel tuo rullino devi partire da lontano. Se non ci fossero tutti questi rami potresti seguirla gi? dalle Ascari, inquadrandola piccolissima nel tuo 120 e seguirla lentamente mentre arriva a trecento all?ora. In questo modo sarebbe un gioco da ragazzi ma sarebbe anche troppo facile. Qui quando sbucano stanno gi? frenando da una trentina di metri e in un lampo te le ritrovi dall?altra parte della curva, mentre corrono nuovamente verso le alpi. Allora il segreto ? seguirle con le orecchie, punti l?entrata (vuota) e aspetti di sentire il passaggio da quinta a quarta. Freno, quarta terza, freno ormai ? qui, tieniti pronto, cominci a muoverti e in un momento la monoposto entra nel tuo riquadro. Da questo momento hai pochi decimi per corrergli accanto cercando di tenerla sempre in campo, affinare la messa a fuoco (gi? regolata) man mano che si avvicina al punto di scatto e premere l?otturatore facendo in modo che nel prossimo millesimo di secondo il tuo movimento sia il pi? vicino possibile a quello del pilota, cercare lo stesso punto di corda, controllare la stessa deriva meccanica, nessun anticipo, nessun ritardo, giro dopo giro, passaggio dopo passaggio.

Loro stringono il tempo, lo comprimono. Noi lo dilatiamo all?infinito.

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Non appena la torretta dei fotografi esce dal suo campo visuale, quando ormai ? poco pi? di un?ineffabile impressione che velocemente sfuma ai margini della retina, in quella che viene definita ?coda dell?occhio?, il piede destro ? gi? tornato sul logoro pedale del gas e comincia a scendere gi? verso la scocca. Man mano che l?anca si appoggia sempre pi? contro l?esile imbottitura laterale del sedile, Rolf pu? finalmente aiutarsi con la schiena per tenere tese le braccia e cercare la linea di curva pi? fluida.

Fino alla torretta si ? talmente aggrappati al volante che una volta scelta la traiettoria difficilmente si riesce a correggerla, ma dopo il punto di corda, quando tutto il peso si sposta sulla schiena, le braccia tornano ad essere padroni della loro presa e possono ?callibrare? la traiettoria con pennellate espressioniste.

Ecco, la prima parte della Parabolica deve essere pennellata come voleva la scuola impressionista, un colpo d?occhio, un battito di ciglia, un?impressione, appunto, di quela che dovesse sembrare la migliore linea percorribile. Sulla tela cos? come sulla pista.

In questa fase tutta la percezione dell?immagine contribuisce alla perfetta diagnosi della traiettoria, quasi una guida ?fotografica? dove il riverbero della luce nell?occhio deve aiutare il pilota-pittore a trovare la perfetta scomposizione tonale, che possa dare cos? oltre alla veridicit? della fotografia, anche la bellezza dell?atmosfera.

?Impressioni sulla parabolica?, avrebbe intitolato Monet.

Proprio come lui, Rolf affronta la staccata con lo sguardo rivolto a sud, verso il sole che splende, e con i suoi lucidi riflessi sull?asfalto affronta la scalata cominciando a togliere velocit?, prima, smorzando di colpo tutta l?inerzia con un colpo secco e ben deciso sul pedale centrale, poi, modulando l?ingresso in Parabolica. Essendo ormai gi? adesso ?aggrappato? al volante, modulare opportunatamente il pedale del freno diviene l?unico modo per correggere appena appena la propria linea, quel mezzotono di troppo in quell?accostamento, insomma tutte quelle correzioni che sempre in un dipinto ad olio si rivelano indispensabili, senza tuttavia perdere ?l?impressione? del primo strappo.

 

Dopo l?Impressionismo, l?Espressionismo.

Vincent Van Gogh avrebbe dipinto la seconda parte della Prabolica riempiendola di traiettorie, pennellando qui e l? tutta una serie di grigi (e viola, verdi, ocra rossi e gialli) che vorticosamente portano verso l?allungo del rettifilo. Avrebbe dipinto poi gli alberi contorti che si trovano oltre i guard-rails con le cime che ?tirano? verso l?uscita, tutte protese anch?esse a scappare dalla maledetta curva nel minor tempo possibile. Tutto questo vorticare di pennellate avrebbero dato un senso di coivolgimento allo spettatore ?guidando? il suo sguardo e trainandoselo oltre la curva. Da qui poi, un nuovo orizzonte si sarebbe aperto, un campo largo, una distesa di asfalto e tribune. Ma tutto questo si sarebbe soltato potuto interpretare, non osservare. L?Espressionismo non illustra un?impressione ma esprime introspettivamente una sensazione.

?Ritratto di una traiettoria?, lo avrebbe intitolato. E cos? come seppe scendere nell?animo del Postino come in quello dei Mangiatori di patate, avrebbe offerto una chiara essenza espressionista anche di questo tratto di pista, tutta protesa ad un unico scopo; la migliore traiettoria possibile.

Non avrebbe dovuto inventarsi nulla del resto. Le pennellate grigio violetto che spingono tutte verso l?uscita della curva gi? ci sono, sull?asfalto, pennellate da piloti che cercano in un?ultimo disperato scalpito della propria cavalleria di togliere ancora un decimino, o anche soltanto mezzo. L?importante ? ?sentire? la traiettoria, lasciare che la vettura scivoli verso l?esterno della curva, non un metro prima, guai un metro dopo. In questo modo aiutarsi con lo sterzo diventa indispensabile, ? un movimento frenetico e senza apparenti conseguenze, piccoli colpi che non possono far cambiare direzionalit? alla vettura, nonostante si nuovano le ruote anteriori, ma cercano di ?sentire? la deriva, la ?controllano?, la ?accompagnano?. Altre volte invece semplicemente cercano di smorzarla, con disperazione, sino a quando poi il piede sale un pochino, con lui il pedale, e con questo il tempo. Perch? anche qui ? tutta una questione di tempo. Tempo e velocit?, e dopo l?Espressionismo della Parabolica arriva il Futurismo del rettifilo; Tempo e Velocit?.

 

La torretta ? scomparsa e il motore torna a spingere nella schiena mentre le braccia cominciano e lavorare sul volante per aggiungere un?altra pennellata grigio-viola sull?asfalto. Lentamente la linea interna della curva si allontana e la monoposto comincia a rullare verso l?esterno. E? un momento piacevole ma estremamente cruciale, nella teoria della traiettoria ideale il volante dovrebbe rimanere ?dritto? ma l?Espressionismo non ? una teoria e Rolf, come tutti i suoi colleghi, non dispone di una monoposto ?ideale?.

Prima che le grandi tribune del rettifilo si comincino a vedere la Gh01 ha gi? smesso di rullare e Rolf si ritrova a tre quarti di curva con il massimo della potenza. Ma non ha velocit?. Se ne accorge subito, da come spingeva la sua anca, da dove ? finito lo slittamento, dalle tribune che si avvicinano troppo lentamente. Sar? anche l?efetto di questo rettilineo smisuratamente largo, ma Rolf non si fa illusioni. E? passato ben ad altre velocit?, qui, con vetture peggiori di questa. Un disappunto, un momento di nervosismo, come l?animo del pittore che, guardando l?odiata opera, capisce gli errore e si rende conto di non poter pi? porvi rimedio.

Brutalmente alza il piededal gas, schiaccia stizzito la frizione e comincia a prendere a pugni la leva del cambio; quarta, terza, seconda, gli ingranaggi stritolati, quasi frantumati dalla decelerazione e dal fuorigiri dei pistoni che si dimenano su e gi? come prigionieri impazziti, le bielle appena li tengono mentre le pinze premono sui dischi e fanno inchiodare la monoposto caricando tutto il peso sulle molle anteriori che si schiacciano su s? stesse facendo quasi strusciare il muso sull?asfalto.

Nella piazzola ai box nessuno se lo aspettava gi? ora, avrebbe dovuto ancora fare un giro e invece Rolf ? gi? fermo nell?abitacolo con le mani incrociate sul petto, in attesa che qualche meccanico gli ?faccia la manovra?. Inchiodato sul sedile della sua monoposto, Rolf getta la spugna, ha capito che era troppo lento e non ha voluto nemmeno provare un altro run. Non ? arrabbiato, ? proprio depresso, ed ? la prima volta nella sua vita di pilota.

 

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Un passo indietro. Nella bellissima fotografia Schlegelmilch, Rolf ? ritratto con la moglie Marlene nel giorno del Gran premio al Nurburgring (in agosto). Sulla scala, Betti Hill prende nota dei tempi dei due piloti impegnati in pista; Tony Brise e Alan Jones. Rolf e Marlene passarono la giornata ai box e seguirono la corsa come spattatori perch? le condizioni della gamba di Rolf non gli permettevano ancora di 'scendere' nell'abitacolo. Rolf ? ritratto con la stampella e nell'espressione si pu? cogliere tutta la sua amarezza per non poter essere dall'altra parte del muretto. Alan Jones concluder? nei punti, quinto.

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Niki Lauda e Jochen Rindt.

Dopo appena un lustro la piccola Austria motoristica ritrova un nuovo campione, dimostrando di non esser capace solo di sfornare ottimi sciatori, ma anche grandi piloti.

 

Tedesco-austriaco l?uno, austriaco-tedesco l?altro. E? difficile trovare due piloti pi? distanti in una nazione cos? piccola, eppure ? proprio il loro orientamento verso la grande sorella maggiore, la 'Grande Germania', che spiega tante cose, anche il loro approccio alla guida di un bolide di Formula Uno.

Jochen era tedesco di 'nascita' ma guidava come un?austriaco, agguerrito, coriaceo, testardo.

Niki invece ? un austriaco che si camuffa da tedesco, ragiona, calcola, programma. E gli viene bene.

Il suo terzo posto di oggi, a Monza, gli vale il suo primo titolo iridato e gli assicura l?avvenire. Con questi quattro punti Niki non ha solo vinto il campionto ma ha anche dato finalmente un volto alla nuova Ferrari, un volto che ben presto rischier? di offuscare quello della Ferrari stessa. Questa mossa non gli sar? resa tuttavia possibile ma poco importa, ormai quel volto ? passato, dimenticato, bruciato. E dalle sue ceneri nasce la ?maschera?.

 

La ?maschera? Lauda si muover? nella Formula Uno degli anni settanta come un Pulcinella tra i burattini, tra i Carabinieri che gli danno la caccia e prendendosi gioco e burla di tutti, un Pulcinella dalle orecchie d?asino, un Pulcinella con il ventilatore, un Pulcinella legato al suo ?Granalat? cos? come la sua controfigura partenopea ? venduta di volta in volta all?industria della pasta o della pizza, un Pulcinella che ha imparato molto bene l?arte di calare sipario al momento opportuno, rialzando cos? la posta ad ogni nuovo debutto, dove ad ogni scroscio di mani e lacrime versate arriva inesorabile il nuovo atto, la nuova burla che di nuovo fa tornare il buonumore, proprio come nei teatrini organizzati sulle piazzette per bambini muniti di zucchero velato.

In fondo egli ha gi? capito che l?automobilismo televisivo ? un?orchestra di pupi e riesce cos? a non sbagliare mai i tempi, non solo quelli sul giro, ma anche quelli televisivi, adesso importanti quanto i primi.

 

Non era questa la Formula Uno di Jochen Rindt.

In appena cinque anni questo mondo ? passato dall?epica epopea pionieristica a un riempitivo di palinsesti.

La sua uscita di scena, avvenuta proprio qui a Monza cinque anni fa, ? l?epilogo logico della sua carriera, di quell?automobilismo, di quella Formula Uno.

Tra il titolo di Rindt e quello di Lauda corre cos? una mezza generazione di piloti di lingua tedesca che alla fine si sono ritrovati spettatori, piloti che, come Stommelen, hanno potuto appena passare il testimone tra un campione e l?altro, Campioni che non si snono mai incontrati.

Il giorno dopo la tragedia di Jochen, Rolf Stommelen si infil? di malavoglia come tutti i suoi colleghi nello stretto abitacolo e spinse gi? in fondo l?accelleratore concludendo a soli sei secondi dal vincitore Regazzoni.

Vincitore che, proprio oggi, cinque anni dopo, si ? ripetuto.

 

A trentadue anni non dovresti guardare il mondo con saggezza ma dovresti ancora arrabbiarti e sbattere i piedi, prendere un volante e spingere forte sull?accelleratore perch? se uno come Niki ha vinto il Campionato, allora vuol dire che era alla tua portata. Ecco, con questo animo Rolf infil? guanti e occhiali in quel lontano 6 settembre 1970 per dimostrare a s? stesso che neanche la morte del miglior pilota al mondo avrebbe potuto fargli cambiare idea.

Oggi, cinque anni dopo, Rolf sembra invecchiato di cinquant?anni.

Non ? nella capacit?, ma ? tutto nella sua testa. Prende pi? di tre secondi dal compagno di scuderia Bryse in qualifica, riuscendo a girare addirittura un secondo e mezzo pi? lento di s? stesso (1?36??44 oggi; 1?34??84 un?anno prima, con la vecchia T370?) e in gara la fortuna non lo aiuta, facendolo decollare alla prima chicane in un?accozzaglia di monoposto ballerine. Raddrizza la monoposto sulla pista e cerca ancora di resistere, psicologicamente, non ? pi? una questione di tempi, a questo punto ? una condizione di stallo che pu? essere sbloccata solo da una buona giornata, riacciuffare da qualche parte il buon vento, l?onda giusta.

 

Ma niente, Rolf passa come una lumaca al primo passaggio cercando di capire dov?? che si deve essere rotto qualcosa. Sui rettilinei non rischia neanche di toccare i duecentoventi chilometri orari; lui, che a ventisei anni fu il primo pilota a superare i trecentocinquanta all?ora sull?Hunaudieres.

Al terzo giro, il definitivo ritiro.

Povero Rolf, ? il momento peggiore della sua carriera, ormai sembra tutto finito.

 

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L?inverno 1975 per Stommelen comincia cos? gi? l?8 settembre, all?indomani del Gran Premio monzese. Per l?ultimo appuntamento al Glen, una sola vettura sar? preparata; quella di Tony Brise. Nel Team di baffo Hill infatti molte sono le risorse finanziarie e umane investite nel nuovo progetto GH 02, la monoposto con la quale Graham spera di compiere il decisivo passo per proporsi tra i protagonisti del 1976. Un pilota all?altezza della situazione c??, la struttura finalmente comincia a girare a dovere e l?organigramma della scuderia appare finalmente chiaro. La velocit? con la quale viene preparata la nuova monoposto, disegnata anch?essa da Andy Smallman, ? sintomo del grande affiatamento che si ? venuto a creare in una squadra che, nonostante abbia appena due stagioni di vita, ne ha viste e ne ha passate gi? pi? di tante altre ?vicine di box?.

 

Stommelen non ? pi? con loro.

Tra Dijone e Monza era gi? stata chiarita la questione e Rolf non ha avuto brutte sorprese. Ritornato a casa ?in pianta stabile? deve adesso pianificare il suo immediato futuro, cominciando proprio dalla sua condizione fisica, non ancora del tutto risolta. Sopatutto la gamba, che probabilmente ? stata parte in causa nelle ultime deludenti trasferte, ma quello che ? ancor pi? segnato nel fisico di Rolf ? la psiche, con un drammatico crollo della volont?. Impossibilitato a trovare un sedile in Formula Uno, con i contatti con il defunto Mondiale Marche ormai persi, per Rolf pare che non ci sia pi? nessuna possibilit? di poter continuare nell?automobilismo professionistico di primissimo livello. Dopo la 4 ore di Zandwort poi, anche la sua proverbiale velocit? sulle ruote coperte ha cominciato ad incrinarsi. Da allora Erich Zakowski non lo pu? proprio vedere, e con lui gran parte degli addetti ai lavori ?locali?.

A Zandwort il 10 agosto si era infatti corso la 4 ore del campionato ETCC. Era l? che Rolf tornava per la prima volta alle compatizioni dopo l?incidente di Barcellona. Un pre-test alle prese con una corsa vera una settimana prima del Gran Premio d?Austria. Per quel ?test? Rolf aveva contattato velocemente una persona di sua conoscenza che gli aveva ?trovato? un turno sulla Bmw 3.0 della scuderia Faltz-Alpina, una delle migliori, forse, la migliore.

Di pi?.

Potendo contare su ?Rolf Stommelen?, Rudiger Faltz crede bene di inserirlo nel suo migliore equipaggio, e cos? Rolf si ritrova a dividere il sedile con Helmut Kelleners (vecchia conoscenza) e Harald Grohs.

Al momento dell?accordo non si sapeva ancora che alla corsa avrebbero potuto partecipare anche alcune GT, e quindi le Porsche della Gelo e della Kremer. Da Georg Loos Rolf avrebbe sicuramente trovato una vettura per lui pi? congeniale e un?ambiente ?familiare?, ma tant??, occorre solo riprendere confidenza con il cronometro.

Sin dalle prove Helmut e Harald tengono un passo decisamente migliore ma questo era chiaro si dall?inizio quando Rolf ? salito nella tre litri bavarese aiutandosi con le stampelle?

Mentre Rolf st? cercando di prendere il ritmo, compiendo una serie di passaggi veloci, alle sue spalle arriva Hans Hayer con la nuovissima Ford Escort II di seconda divisione. La vettura della Zakspeed, ultimata proprio all?ultimo momento, pur se si tratta di una vettura con motore fino a 2 litri, riesce a girare su tempi interessantissimi, tanto da poter lottare per la seconda fila. Al momento del sorpasso, tra i due pilote c?? un?incomprensione, forse dovuta all?avventatezza di Hayer, o forse ad una distrazione di Rolf. Le due vetture si toccano e per la nuovissima Escort Rs II preparata da Erich Zakowski non resta che collaudare il terrapieno di Zandwort, ribaltandosi pi? volte. Dopo, ? buona solo per lo sfasciacarrozze. La berlina bavarese di Stommelen invece, anche perch? molto pi? pesante della Escort, riesce a rimanere sulla sua traiettoria continuando, con i danni dell?urto ben visibili, la sua marcia.

Ai box Hans Hayer raggiunge il quartier generale della Faltz-Alpina e non si risparmia nel lanciare improperi verso Rolf, reo a suo dire, di averlo ostacolato. La rabbia di Hayer ? dovuta soprattutto alla adrenalina dovuta allo scampato pericolo, ma sin da subito, visto la incredibile situazione di un?incidente cos? pericoloso (durante le prove, quando non ci dovrebbe essere ?bagarre?) tra gli addetti ai lavori comincia ad annidarsi l?opinione che Rolf forse non ha visto il sopragiungere della Escort nera perch? troppo impegnato a controllare le regolazioni nell?abitacolo. Una voce tanto insinuosa quanto infamante, che sembra non voler tener conto dell?esperienza di un pilota come Rolf, un pilota di Formula Uno, un pilota che, solo un?anno fa, nella categoria Gt dominava ancora su tutti. Ma proprio rispetto agli anni ruggenti di Rolf, segnati dalle belle affermazioni con la Capri, l?ambiente ? cambiato, e quelli che prima eranoi diversi rami di un unico grande albero, quella del motorsport tedesco, oggi sono diventati agguerriti imprenditori senza scrupoli, incattiviti dalla necessit? di dover spendere sempre di pi? per mantenersi competitivi e dalla volont? di arricchirsi ad ogni costo, ben pronti a schiacciarsi i piedi a vicenda, e dove dietro la vetrina del motorsport cominciano a girare anche ben altri interessi. In questo ambiente, oggi, Rolf ? un?estraneo e cos? se soltanto un?anno prima nessuno avrebbero avuto dubbi tra l?etica di uno Stommelen ed un Hayer, oggi si ritrovano tutti a fare quadrato (con una condanna silenziosa ma inesorabile, tipicamente tedesca?) intorno al pilota di Zakowski. Che arricchisce i loro conti in banca molto pi? di Stommelen.

 

In un fine settimana di corse tuttavia queste cose ti passano accanto e non le noti immediatamente, sei perso nella voragine di molle, barre, cerchioni e pistoni e la tua mente ? completamente concentrata sulla corsa del giorno dopo. Una volta riparato il danno con il solito nastro adesivo, Kelleners riesce a fermare i cronometri in 1?35??6, segnando una incredibile pole position, proprio davanti alla Porsche Gt della Gelo racing di Hezemans.

In mattinata si stabiliscono i turni. A Stommelen, la cui resistenza ? tutta da verificare e che praticamente non conosce la vettura, toccer? il primo turno, con freni gomme e parti meccaniche nuove, dunque, in vie teorica, ?stabili?. Si tratta quindi di far girare la vettura con costanza e cercare di stare dentro la finestra dei tempi, intorno all?1 e 37 basso. Meschina e traditrice, sulla pit lane si insinua subito la battuta della giornata: ?non provate a passare Rolf. E? pericoloso!?

 

 

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Il quartier generale della Faltz-Alpina a Zandwort, dove avevano portato in totale ben sette vetture (tre di 1?divisione e quattro di 2? divisione). La vettura a destra ? quella dell'equipaggio Kelleners, Grohs e Stommelen, vincitori della corsa di Zandwort.

 

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Nuova di zecca. In primo piano, con il numero di gara 41, la nuovissima Ford Escort Rs II aquistata (e probabilmente non ancora pagata...) da Zakowski. La Escort Rs sar? una delle vetture di seconda divisione pi? importanti dell'intera storia di questa categoria.

 

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Per lo sfasciacarrozze. Ecco come si presenta la Escort di Hayer quando il carro attrezzi la riporta al box di Erich Zakowski. Hayer si far? perdonare portando alla vittoria di categoria (6? assoluto) la vecchia Escort 1600.

 

 

 

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Grazie a questo topic si riesce a gettare lo sguardo su tante storie che probabilmente non avrei mai avuto modo di conoscere.... :up:

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Al momento di riattaccare, Rolf cerca lo sguardo di Marlene e con gli occhi conclude la frase interrotta al telefono. Marlene il resto lo aveva sentito dalla telefonata, e da altre cose, come dalla voce di Stefan ad esempio, dal suo modo di chiedergli: ?Rolf ? l???.

Tutto era cominciato con una telefonata. Uno squillo, poi giusto il tempo di dire ?Hallo?..? e un paio di baffi dall?altra parte della cornetta e della Manica.

Forse per questo era giusto che tutto si concludesse ancora una volta davanti all?apparecchio. Anche stavolta dall?altra parte della cornetta era una voce di baffi, stavolta per? biondi, e di quelli che scendono lungo le labra, stile Frank Zappa per intenderci, come quelli che vanno di gran moda in questo 1975. Sono i baffi di Stefan, un amico di Rolf che lavora alla Stutgart Zeitung. Si occupa prevalentemente di politica, ma conosce Rolf da una vita.

?Rolf, ci ha appena chiamato il nostro corrispondente da Londra, pare che sia precipitato l?aereo di Graham Hill. Sembra che non si sia salvato nessuno. Volevo avvisarti prima che lo leggessi tu stesso sui giornali. Mi dispiace.?

Completamente fuori luogo, detta senza convinzione e sanza intonazione la risposta di Rolf: ??danke stefan?? e poi gi? con la cornetta.

Tutto qui.

 

Con Tony Alcock e Terry Richards, Rolf ci pass? una bellissima serata piena di risate al Borgoun?,vicino al circuito di Mosport. Con Andy Smallman invece ci discuteva tantissimo, Andy conosceva anche un p? di tedesco e adesso gli tornava alla mente le interminabili ore passate nella sala d?aspetto dell?aeroporto di New York, per il rientro dal Glen, mentre cercavano di ammazzare il tempo con una partita a backgammon. A nessuno dei due piaceva il backgammon?e poi Ray Brimble, Tony Brise e, infine, Graham Hill.

Con tutte queste persone Rolf e Marlene avevano diviso i pasti, quelli freddi e quelli caldi, degli ultimi diciotto mesi. Gli alberghi, le serate fuori dal circuito (poche per Rolf in realt?), la visita all?ospedale, insomma tutto un pezzo di vita. Rolf si pianta nella sua poltrona e prende un mezzo ceppo da gettare nel camino. Senza attenzione, lo osserva con lo sguardo diafano come se fosse il primo tronco di legno visto in vita sua. Lo gira e lo rigira lato per lato, poi, lo lancia sulla fiamma.

Ecco, l?inquadratura adesso dovrebbe riprendere Rolf seduto sulla poltrona ma sporto in avanti, senza appoggiarsi allo schienale. Un?inquadratura ?a mezzo busto?, che piano piano, impercettibilmente stringe sempre di pi? su un primo piano secco. Nei riflessi dei suoi occhiali si vedr? la fiamma del camino che gli st? davanti, e proprio dal riflesso sulle lenti si comncierebbe a vedere come quel tronchetto comincia dapprima a fumare, da sotto, di modo che i rivoli di fumo lo avvolgano come una coperta sempre pi? spessa, e poi la combustione, da principio forte, dirompente. Poi la fiamma si assesta e lentamente comicia a riscaldare. Niente sonoro in questa scena, appena appena qualche schioppo della legna che si dimena alle fiamme, ma null?altro.

Con la morte di Graham, inspiegabilmente Rolf avverte che stanno passando i fantasmi, le fiamme del Glen, quelle del Montijuch, e poco a poco torna la volont?, proprio in una serata come questa, che invece dovrebbe farti prendere la decisione definitiva. E in fondo ? proprio in questa serata che Rolf prende per l?ennesima volta la sua decisione definitiva. Non sa dove e come, non ne ha la minima idea, che sia in America o dietro casa non vuole pensarci stasera. Ma una cosa ? certa.

Nel 1976 Rolf continuer? a fare il pilota professionista.

 

Il ceppo completamente avvolto dalle fiamme adesso ? perfettamente riconoscibile nel riflesso della lente che occupa tutto lo schermo, si vede solo un camino che brucia ma il fatto che sia un riflesso d? alla scena una sfocatura dai contorni imprecisi. Ecco, una sfocatura, tecnicamente una inquadratura ?fuori fuoco?.

E da adesso il destino di Rolf comincia lentamente a prendergli le misure giuste. Come l?inquadratura, lentamente stringe sul suo obbiettivo. Ci metter? ancora del tempo, ma alla fine riuscir? a metterlo ?a fuoco?.

 

Dissolvenza a nero.

 

 

 

ritrovamento del Piper Aztec.

 

gh2-launch.jpg

L'assente. Ray Brimble, Andy Smallman, Graham Hill e i due meccanici Tony Alcock e Terry Richards. Nall'abitacolo della nuova Gh02 c'? Tony Brise. In questa tragica foto,sembra quasi che manchi solo lui. Li raggiunger? tra poco pi? di sette anni.

Modificato da monza1993

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per me il miglior topic del forum

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Meglio di un film :up:

Un applauso al 'regista'!!!

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stile Delli Carri ne ''Gli indisciplinati'' insuperabile opera di letteratura sportiva

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Siete davvero troppo buoni... :blush2:

 

buona parte del merito ? di tanti sconosciuti che mettono il loro tempo e le loro conoscenze al servizio di noialtri. Cos? ci si imbatte in siti sconosciuti, senza uno stralcio di sponsor, che riportano resoconti e classifiche di gare 'secondarie' solo per pochi fanatici, mossi davvero dall'amore per il motorsport e null'altro.

oppure tutti gli sconosciuti che mettono vecchi video a disposizione, regalandoci cose che il nostro presunto 'entertainment' mai ci regaler?....e a volte addirittura li montano, con musiche, con sequenze davvero belle da vedere, aggiungendo cos? tanta altra bellezza alla gi? bella documentazione.

 

E' questo ad esempio il caso del video che vi propongo adesso, perch? anche se non ? 'filologico' con il nostro racconto (? di qualche mese troppo avanti...) vale la pena inserirlo qui.

Vi spiego il perch?.

 

Se questo fosse davvero un film (alla Lucarelli, gi? la vedo la 'sagoma' dell'occhialuto Rolf alle sue spalle...heheh) dicevamo, se questo fosse davvero un film, ci troveremo adesso di fronte ad uno schermo completamente nero. E senza sonoro.

E' questo il momento per il montatore di giocarsi i suoi assi, il momento opportuno per tirare fuori il coniglio. Questo gioco pirotecnico non pu? essere realizzato dalla macchina da presa, con un piano sequenza, una 'zoommata' o un carrello con giraffa. No.

Qui chi ti tira fuori il numero che lascier? lo spettatore inchiodato alla poltrona sino alla fine deve farlo qualcun'altro. E questo qualcun'altro ? il montatore, il 'tecnico del montaggio'.

Qui bisogna aprire una parentesi.

Spesso quello che noi vediamo, e dunque il nostro concetto cinematografico di "Film" ha una fase lavorativa in sede di montaggio, pi?tosto particolare. Quasi sempre il montatore infatti ? un'uomo della produzione, legato cio? alla casa produttrice e non al regista o allo sceneggiatore. Questo traccia gi? un bel solco.

I prodotti finiti della cinematografia infatti sono sempre pi? spesso orientati alla costruzione di 'pacchetti' che tengano conto sia di logiche tecnologiche sia di logiche di mercato. Spesso di un Film si montano diverse versioni, per diversi mercati...

E' vero che il regista e lo sceneggiatore sono in genere presenti al montaggio, cos? come ? vero che spesso questa fase di lavorazione ? quella che provoca le maggiori liti tra regista e produttore, segnando a volte tragici distacchi, o a volte lunghe collaborazioni. In entrambi i casi per?, il prodotto finito ? ben diverso dal montato originale, insomma da quello segnalato nella prima sceneggiatura tecnica.

Non c'? da scandalizzarsi, anche la nostra amata letteratura lavora in questo modo, soltanto che l? l'operatore di produzione non fa il montatore ma fa il "copyrighter". Si cambia la punteggiatura, si modificano interi periodi, si mette mano alla sintassi e come per magia si confeziona un romanzo da centomila copie. Poi magari uno scrittore cambia editore e diviene irriconoscibile per il suo pubblico. Perch? in realt? stavano leggendo qualcosa che aveva i ritmi e le pause di un certo copyrighter, e non del "loro" scrittore.

Lo vediamo come oggi le case di produzione cercano di tirare fuori ancora un p? di bussiness da un processo evidentemente viziato dal principio. Cos? oggi, quarant'anni dopo, comprando il DVD di Woodstock possiamo finalmente vederci il tanto sospirato 'Director's cut'. E questo vale per qualsiasi prodotto che abbia gi? esaurito le sue possibilit? di mercato...in formato DVD ormai vendono solo 'Director's cut'.

Ma un film di Pasolini, ad esempio, non potr? mai essere venduto con un 'Director's cut'.

L? le cose cambiano.

Quello che spingeva alcune persone a girare certi film, a lavorare in un certo cinema, tanto simile ad una certo automobilismo, era semplicemente l'amore incondizionato verso il cinema e basta. O appunto verso il motorsport.

Ecco il punto.

Nessuno pu? dire con precisione cosa sar? la Comunity tra dieci o venti anni. La sola cosa che per? mi sento di dire, girando tra questi pazzi sessantenni pensionati di vecchie gare di terza categoria di trent'anni fa o giovanissimi diciottenni capaci di montare un filmato per il semplice gusto di metterlo 'sulla rete', ? che questo strumento sembra molto pi? orientato alle cose con un'approccio d'amore piuttosto che di bussiness. E allora sognare non costa nulla....

 

tuttavia, torniamo al nostro schermo nero.

E' buio in sala, non c'? rumore.

La cinepresa aveva 'stretto' su Rolf come segno di presagio per quello che arriver?.

Da questo momento il destino non pu? pi? attendere.

Tuttavia c'? da raccontare ancora una bella fetta della sua carriera di pilota, forse la pi? bella in assoluto. Non tanto per i risultato che riuscir? ad ottenere (comunque i migliori della sua carriera e di primissimo livello) ma sopratutto per il modo. Ripartire da zero (o quasi) e ritrovarsi sull'onda ? un dono che solo un destino beffardo pu? regalare, ma Rolf non spreca le sue occasioni e sembra un'uomo nuovo.

Il nostro Film dovrebbe allora cercare di dire tutto questo in un breve flash per poi lasciare il posto al romanzo, al racconto, ma non ? facile per una cinepresa riprendere il filo dopo una dissolvenza a nero. E sopratutto una cinepresa non fa 'magie'.

Quelle, riesce a farle soltanto sua maest? 'il montaggio'.

Il nostro montatore da chiss? quale terminale casalingo sperduto in chiss? quale appartemento di chiss? quale citt? ci ha preparato il suo coniglio, e visto che ? uno della Comunity, (e nessuno lo ha pagato...) c'? da scommettere che ci inchioder? alla poltrona.

Con me c'? riuscito.

 

Chiudetevi davanti al vostro Personal Computer, opzionate la visione a schermo intero, accendete le casse, e, per una volta, alzate il volume.

Tutto ? perfetto, incluso il titolo del brano: "incubazione". Come dire, qualcosa si prepara, la vittoria, il riscatto, la morte.

In una parola; la Vita.

 

E' buio in sala, non c'? rumore.

Con questo stacco raccontiamo la rinascita di Rolf Stommelen. E' il numero #40.

 

 

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E' l'anno delle famose/famigerate "Silhouette" :up:

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quoto chi ha scritto che questo ? il topic pi? bello :)

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Rolf%20Stommelen.jpg

 

Tra il 1976 e il 1977 l?automobilismo professionistico mitteleuropeo vive un momento di grande fermento. Complici di tale situazione saranno in primo luogo alcune modifiche dei regolamenti tecnici che permettono una decisa accellerazioe allo sviluppo e una ventola a palette larghe. Questi due ?inesti? tuttavia non sarebbero sufficienti se non andassero a catalizzare una situazione che viene da pi? lontano, almeno da tre-quattro anni. Basta confrontare una qualsiasi vettura turismo di seconda divisione dei primi anni settanta con una del 1975 o di questo ?76 per rendersene conto. Da qualche tempo infatti ormai gli adesivi vengono posti anche sui passanti delle ruote, essendo ormai occupati tutti gli altri posti, strisce di scotch sui fari compresi. Questo ? soltanto un modo per comprendere come, fino ai livelli pi? bassi, dove la lotta per il successo ? relativamente poco importante, l?economia ?di quartiere? abbia spinto gli investimenti del motorsport su livelli impensabili solo qualche anno fa. A differenza di quello che accadr? qualche anno dopo, tutto questo plus-valore non viene ncora investito in risorse ?terziarie? come motorhome pi? grandi e confortevoli o soltanto con nuove bisarche sulle quali portare le vetture alle gare. Basta guardarle queste scuderie, ancora nel 1976 arrivano con i loro Mercedes vecchi e tirano gi? autentici mostri a quattro ruote. Tutto il plus-valore della pubblicit? infatti si tramuta direttamente in materiale da lavoro. Pistoni alleggeriti, scocche in fibra, pneumatici ultrateneri da montare su cerchioni ultraleggeri e tanti, tanti cavalli in pi? nel motore. Alla Zakspeed buttano via tre motori alla settimana e non per questo vanno in rosso. Alla Faltz-Alpina non ? diverso e per le scuderie impegnate nel GT ? ancora molto peggio. Georg Loos, Max Moriz e Egon Evertz non battono ciglio e per tutto il 1975 continuano a infilare cavalli sotto i cofani delle loro Porche 911 dappertutto, ogni volta che le bisarche scaricano le vetture su un qualche circuito ci sono sempre una manciata di cavalli in pi? da gestire per i loro piloti. Non ? facile mantenere la competivitit? a questi livelli, e questi si scannavano gi? nel 1972 per delle briciole figuriamoci adesso. Sembrano tutti drogati.

 

Un?esempio rende meglio di mille parole.

Nel 1973 debutta la 911 RSR con 308 cavalli accreditati e monta pneumatici 11/15. La 911 RSR di Kremer del 1974 (portata a tre litri) poteva contare gi? su 335 cavalli di potenza su pneumatici 14/15. Un?anno dopo sulla stessa vettura, (stessa categoria, gruppo 4) i 360 cavalli di potenza scaricati da pneumatici 14,75/16 non bastavano a contenere la gi? agguerrita concorrenza dei 430 cavalli della BMW di Stuck e compagni. Nel 1976 cos? ecco l?antidoto: la Porsche 934 con turbocompressore kkk ? infatti capace di contrastare l?avanzata bavarese con i suoi 575 cavalli. La tremila(e cinque?) CSL aspirata della casa dell?elica infatti si ferma a poco pi? di 470 cavalli. Ma i bavaresi non ci stanno a vedersi sopravanzati e cos?, forti dell?esperienza IMSA, pensano bene di abbassare la cilindrata a 3 litri e due attaccandoci per? non uno ma ben due turbocherger. Ronnie Peterson e Gunnar Nilson dovranno cos? controllare una vettura giunta ormai al termine della sua pi? esasperata evoluzione, accreditata di ben 750 cavalli tenuti da pneumatici 14,5/19 (ma la Porsche intanto sar? arrivata a 640 cavalli).

Lo dicevamo che un?esempio rende meglio di mille parole?

 

Dietro questi incredibili incrementi frutto del lavoro di lima e martello nei garage dei preparatori tedeschi si st? facendo, quasi inconsapevolmente, la Formula Uno di domani. Sranno infatti ancora loro, Porsche e BMW, a contendersi lo scettro di ?motore pi? potente? dell?era turbo. E i prodotti delle case madri saranno proprio il frutto di questi preparatori. E? da allora che la preparazione della vettura ? entrata nel DNA del tedesco, soprattutto medio. Nelle tranquille cittadine dai giardini curatissimi, una nuova generazione, figlia del boom economico, comincer? a mettere le mani su qualsiasi mezzo, AlfaSud, vecchie Audi 50 e piccole Polo comprese. In questo 1976 che vedr? anche la scomparsa di un pensatore come pochi come Martin Heidegger, il volgare paesaggio offerto da quelle vetture che Ferdinand Porsche voleva come semplice motorizzazione di un paese in ripresa dallo sfascio, segna indubbiamente una caduta ?morale?, caduta necessaria per generare un profitto intorno all?automobile che non conosce pari in tutta europa. L?avanzata tedesca che irromper? sui mercati dalla met? degli anni ottanta parte anch?essa da qui e crea il ritorno di profitto per i pazzeschi investimenti inmessi dalla pubblicit? sempre pi? capace di assecondare e controllare la domanda di nuovi prodotti motoristici da parte del pubblico verso le grandi case.

E? un cane che si morde la coda. Per il momento per?, crea soprattutto Sport, pericolosamente drogato, ma ancora sport, anzi, MotorSport.

 

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Tedeschi popolo di preparatori cos??forse non ? il caso di esagerare ma ? indubbio che un progetto come quello della 911, capace di restare sulle scene per oltre quarant?anni, sia stato proprio possibile l?, contando quindi su un ?terziario? garagista che sapeva aggiornarlo ad ogni nuova stagione. Negli anni sessanta, quando era ancora una due litri ?accessibile? era la prediletta per i gentelmann soprattutto francesi e belgi. Sino a quel punto tuttavia la preparazione della vettura riguardava sopratuto affinamenti e piccole migliorie che non andavano ad intaccare il progetto iniziale e la sua principale qualit?, la maneggevolezza, le permetteva anche di costruirsi un pezzetto della sua storia sugli sterrati rally di mezza europa. Soltanto alla fine dei sessanta cominciarono a comparire le prime 911 pi? elaborate, ancora niente di ch?, ma gi? si cominciava a cercare di contenere le potenze elevate delle principali antagoniste. Cos?, in un?ambentazione da ?Truccamotori? gaberiana, intorno alla piccola due litri di Stoccarda ferma nei garage di mezza Germania, alcuni ragazzi cominciano a farsi strada proprio con l?animo del collega milanese cantato dal signor G., ?limo la testa e collettori, cambio marmitta e carburatori, e cos??.bruuummm? e cos? in breve i pistoni si accorciano, si, ma nel contempo cominciano anche ad allargarsi gli alesaggi. Nel 1973 la casa madre sente il bisogno di tirare fuori un modello decisamente pi? ?corsaiolo? proprio per rispondere alle richieste di un pubblico che ormai non ha pi? nulla a che fare con i gentelmann francesi e belgi di dieci anni prima, ma che, con i loro baffi, pantaloni a zampa di elefante e occhiali da sole sfumati, si piegano sulle ginocchia per sistemare sempre qualche piccola novit? nel vano motore posteriore che, aggiunta dopo aggiunta diventa stretto stretto e non puoi pi? metterci pi? le mani. Un problema analogo lo avevano avuto anche gli italiani un decennio prima quando cercavano di dopare le loro 500 e 600. Carlo Abarth pens? bene di risolvere il problema con un?intuizione geniale ed economica, alzando il cofano e sfruttandolo per stabilizzare la vettura, in un certo senso una soluzione antesignana delle future superfici deportanti. Tipico atteggiamento dell?arte di arrangiarsi italiana, per la 911 questo approccio viene ben presto superato dall?aiuto dell?amico carrozziere di turno che ha studiato alla scuola d?arte applicata, da professori ancora orientati al principio della Bauhaus, con la capacit? di plasmare materiali e paste di ogni tipo che, raffreddandosi, si irrigidiscono e permettono di resistere alle alte temperature. Da questi esperimenti fatti sotto casa con attrezzi e secchi da muratori, alla Porsche disegneranno il ?loro? spoiler, uno dei ?fondo schiena? pi? famosi di ogni epoca, simbolo per grandi e piccini di una indole ?corsaiola? che sapr? resistere anche all?avvento dell?effetto suolo.

 

A questo punto della sua evoluzione ?casalinga? la 911 di Stoccarda ? gi? diventata una ufficiosa ?930?, e da questa alla 934 il passo ? davvero breve. Per contenere i pneumatici sempre pi? larghi, la vecchia carrozzeria della piccola 2+2 viene allargata sino a farla bene presto acquisire una volumetria da berlina, con i passaruota gonfi, il cofano motore rialzato e un lunotto posteriore sempre pi? ridotto. L?unica cosa che rimane a questo punto ancora identica alla sua progenitrice ? quindi l?avantreno, che adesso genera poco carico e provoca un difficile sovrasterzo di potenza non appena si affonda il pedale del gas.

E? su questa base di lavoro che gli ingegneri della Porsche lavorano per mettere a punto il loro nuovo bolide che segner? il ritorno alle competizioni del cavallino di Stoccarda, dopo un lustro passato a rimettere in sesto il reparto produzione. I regolamenti per il 1976 infatti prevedono la possibilit? di far correre le Gruppo 5 (prototipi) e le Gruppo 6 (vetture Sport) insieme e questo viene immediatamente visto come un?invito al quale non si pu? rinunciare. Con il nuovo Gruppo 5, a Stoccarda non devono fare altro che riprendere il lavoro fatto dai loro preparatori privati sulla RSR, quindi la 934, e potenziarlo ancora quel tantino che occorre (cercando un?escamotage per risolvere il problema di sovrasterzo, vedere in fondo pagina) per portare in pista una vera vettura da corsa, capace cos? di poter raccogliere il massimo risultato con il minimo sforzo. Contestualmente, la FIA riduce drasticamente le specifiche di omologazione per le Gruppo 4, passando da una omologazione di almeno 500 esemplari negli ultimi 12 mesi (requisito per una vettura Gruppo 4 nel 1975) alle 400 unit? prodotte negli ultimi 24 mesi (Gruppo 4 del 1976). Per Porsche, questo, ? l?uovo di colombo.

 

A questo punto per? dalle parti di Parigi devono essersi accorti che forse i nuovi aggiustamenti regolamentari danno una mano un po? troppo evidente alla casa tedesca e cos?, frose pressati da qualche telefonata proveniente dal prefisso di Boulogne-Billancourt, viene diramata la notizia che le Gruppo 5 e le Gruppo 6 non potranno correre insieme nello stesso campionato ma avranno due diverse classifiche. Alla Renault infatti lavorano gi? da un?anno ad un progetto che deve rilanciare la casa francese nel mondo delle massime competizioni, e non possono vedresi battute da delle piccole Gruppo 5 solo per una questione di regolamenti. A Stoccarda la notizia viene presa come un fulmine a ciel sereno, perch? ormai (siamo nell?autunno del 1975) la nuova vettura ? pronta ma rischia di essere inutile. Il rilancio del marchio Porsche infatti prevedeva proprio la possibilit? di poter gareggiare contro i marchi Renault e Alfa Romeo nel rivitalizzato campionato Sport. Con questa nuova decisone, comunicata solo in tardo autunno, la 935 rischia di limitarsi a dover gareggiare in un campionato minore, un Mondiale Marche, si, ma con un ritorno pubblicitario decisamente minore.

L?unica strada percorribile allora per Porsche ? quella a prima vista meno razionale; costruire da zero una Gruppo 6, preparare cio? in pochi mesi una vettura che possa competere alla pari con le Alpine-Renault rodate gi? da un?anno e con il ritorno dell?Alfa che in realt? non ha mai smesso. In teoria, sembrerebbe questa una pianificazione destinata al pi? comleto fallimento, un dispendio di costi e uomini che oltre a sfornare un prodotto acerbo, rischia di compromettere anche quello gi? avviato della 935.

In realt? non ? cos?, e a stoccarda si sono fatti bene i conti

 

Silverstone1000-1976-9a.jpg

Per "vedere" concretame la presenza della 911 sotto l'aspetto della aggressiva 935 l'esempio di Silverstone ? eloquente. Il 9 maggio si corre il terzo appuntamento del Mondiale Marche (Gr 5). La Martini Porsche arriva con due vesti aerodinamiche. Questa, quella propriamente della 935, viene provata in prova ma sar? scartata da Jochen Mass perch? genera troppo carico all'avantreno, rendendo critico l'inserimento nelle veloci curve del vecchio aereoporto. Si opta dunque per una configurazione con minor carico, tipica delle 934.

 

Silverstone1000-1976-9.jpg

Questa sar? infatti la vettura poi utilizzata in qualifica (pole di Mass) e in gara (giro veloce di Ickx, prima del ritiro). Immediatamente, sotto la 935 riemerge l'inconfondibile linea della sua progenitrice 911.

 

 

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rinnovo i complimenti per il topic...anzi non si pu? neanche pi?

considerare tale...? molto di pi?...gi? il cappello

ps : bellissimo quel video monza

(OT) joy division immensi :wub:

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La sfida '76 tra Porsche e BMW nel mondiale Silhouette fu davvero entusiasmante, teniamoci forte... Quelle erano davvero belve selvagge, non auto...

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@ Pigeiarvei. Con un nick cos?, non ci dovevano essere dubbi sulla tua preparazione, (e giudizio critico) in fatto di musica...

 

@ ***. Si, il 1976 ? stato per i prototipi del Gruppo 5 davvero un'anno straordinario. Ricordiamo che Rolf non era previsto in quel campionato e solo alcune circostanze "imprevedibili" dettarono la sua "chiamata". Ma non anticipiamo troppo. Per adesso stiamo parlando ancora di Porsche e di Rolf Stommelen, per adesso, non se ne vede neanche l'ombra.

 

Ma poi...

 

 

Intorno ai tecnigrafi gli ingegneri discutono animatamente e con estrema lucidit?, dicono; ?prendiamo il lay out della 935 e inseriamolo cos? com?? su un telaio Sport, dovrebbe largamente bastare per batterli tutti?, e hanno ragione, tale ? la potenza al banco della 935.

Mezza macchina dunque gi? c??, manca per? l?altra met?. Svilupparla in toto non se ne parla, il tempo ? troppo ristretto per cominciare a buttar gi? i disegni per un nuovo telaio e quello della 935 non pu? essere adattato perche proviene da quello della 911? insomma sembra che la politica dell?evoluzione perpetua dei prodotti sia arrivata ad un punto di stallo.

Che fare?

 

Ai dirigenti della casa di Stoccarda riuniti intorno al tavolo da disegno, non ? parso vero assistere alla scena proposta dai loro ingegneri chiamati a risolvere il problema. Huter Recht srotola dinanzi a loro un foglio giallino di un metro e mezzo con delle linee ormai scolorite e con un?infinit? di numeri, formule e spaccati che non lasciano dubbi. In alto, scrito a caratteri stampatelli, ben visibili, la sigla del progetto in questione: 917.

Il capo ingegnere vedendo l?espressione interrogativa e stupita dei quadri davanti al gesto del suo collaboratore, attacca subito senza perder tempo; ?abbiamo fatto i nostri calcoli. Riteniamo che sia per noi molto pi? conveniente cominciare a lavorare su questa traccia piu tosto che cominciare da zero. Recupereremo cos? almeno quattro mesi di lavoro e questo telaio oltre ad essere abbastanza robusto ? anche in linea con le misure regolamentari proposte. Dovremmo solo limitarci a modificare i punti di attacco motore e gli innesti per l?aerodinamica, i passanti per le sospensioni? comunque abbiamo gi? chiesto la disponibilit? di effettuare una prova con questi nuovi elementi per verificarne la fattibilit??. Il capo ingegnere ostenta una sicurezza che in realt? non ha, smentita tra l?altro dal timbro a inchiostro rosso che reca l?approvazione del disegno progettuale posta a suo tempo per il nulla osta al reparto telai. In questo cerchietto ancora ben visibile spunta inesorabile l?elemento di agitazione appena contenuta del capo ingegnere. La data del nulla osta infatti dice; maggio 1968.

Uno dei dirigenti la indica con il suo dito teutonico e con una punta di sfida lancia il suo messaggio. ?Ci state dicendo che dovremmo competere con Alfa e Alpine con un progetto vecchio di otto anni? Va bene, ma si ricordi, Porsche rientra per vincere, non per fare figuracce.?

Il capo ingegnere capisce che in questa frase c?? tutto quello che sperava, ma anche quello che lo spaventa. E? infatti fondamentalmente un Ok, ma tra le labbra c?? anche la espressa richiesta; vincere subito. La 917 ci mise un?anno e mezzo per vincere, diciotto mesi, mentre all?inizio del campionato ne mancano appena sei. Altri quattro mesi li recupereranno utilizzando la base del progetto del telaio 917, e sono dunque in tutto dieci mesi. Per essere competitivi sin da subito allora, vuol dire che sono gi? in ritardo di otto mesi.

Ma sopratutto; baster??

 

Quando alla fine il modello in legno ? pronto, costruito sulla base delle indicazioni del ?nuovo? telaio modificato, al reparto aerodinamico hanno una grossa sorpresa. Questo ? in scala, ma quando sar? davvero realizzata la vettura sar? lunga poco meno di cinque metri. Del resto se lo aspettavano, sapevano che partendo dal telaio della 917 sarebbe venuta fuori una balena, e questa inoltre ha anche bisogno dell?air scope, cosa che la sua progenitrice non aveva. Gi? a questa scala appare dunque goffa, figuriamoci quando sar? ?a vivo?. Ma quello che colpisce maggiormente gli aerodinamici ? l?aspetto della nuova nata. La sua somiglianza non ammette tentennamenti.

Come se anche per i prodotti della tecnica, e dunque per queste macchine da corsa, valesse il principio biologico sul passaggio del patrimonio genetico dove i geni del generante ?saltano? una generazione e si ripresentano pi? marcati in quella successiva. Cos? i figli, mentre tutti si chiedono se somiglino pi? alla mamma o al pap?, in realt? sono un?elaborazione perfetta dei nonni.

Con gli stessi occhi, gli stessi capelli e le stesse malattie.

Cos?, questa sagoma di legno levigato, guardata con curiosit? e con rispetto dagli ingegneri come se fosse una piccola nata che riposa nel suo nido, testimonia i suoi veri natali in maniera davvero inconfondibile.

Non ? alla 917 che somiglia, ma al suo pap?. Questa, ? una 908 migliorata in ogni sua parte, stessi occhi, stessi capelli.

Tutti sperano adesso che non abbia le stesse malatie, e per questo stavolta non ci saranno corse all?alleggerimento. Niente cure dimagranti. Robustezza, ? la parola d?ordine.

E sar? la sua cifra.

Come per ogni neonato assopito nel proprio nido, conosciuta la paternit? e scoperta la sua individualit?, resta da decidere sulla sua identit?; ovvero resta da trovargli un nome.

Ma i nomi delle famiglie reali, c?? poco da fare, sono gi? decisi e seguono le ferree logiche della casta. Anche se ? una figlia illegittima della 917 e somiglia da morire alla sua scalpitante nonna regina di tutte le salite europee, questa non ? altro che una 911 fatta per le corse di durata, e se la 911 preparata per le Gruppo 4 ? battezzata 934 cos? come la sua sorella maggiore preparata per i prototipi del Gruppo 5 ? denominata 935, per la nuova nata, destinata all?accesa battaglia delle Gruppo 6 non c?? scampo. Il suo nome sar? allora 936.

E sar? la Porche pi? longeva della storia.

 

 

936spyder1981.jpg

Porsche 936

 

Porsche_908_01_1024.jpg

Porsche 908

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