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Astor

E' morto Vittorio Ghidella

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In vita mia ho avuto tre Fiat.

La prima è stata la mia prima auto, una 127 prima serie, rosso-arancio, a cui il precedente proprietario aveva messo cerchi in lega e gomme larghe. Divertente, in montagna divertentissima. Per la cilindrata e per essere un 'auto totalmente di serie (gommatura a parte), quasi una piccola bombetta. Faceva la ruggine, ma era divertente.

La mia seconda e la terza sono state due Uno 70, prima e seconda serie: milletrè, comode (anzi: "comodose"), lamiere "leggerine" ma finalmente zincate, interni più che dignitosi per la categoria. Brillantissime ("scattose"), forse grazie anche a quelle lamiere poco pesanti. La prima serie aveva un motore di elasticità incredibile, la terza in città era quasi una marcia "universale".

La seconda serie era già meno equilibrata, anche come telaio, tanto che ci avevano aggiunto una barra antirollio. Comunque, non era male.

 

Ghidella fu cacciato dalla Fiat l'anno in cui fu presentata la seconda serie della Uno.

Ogni tanto mi sono chiesto cosa sarebbe successo se l'Avvocato avesse favorito Ghidella al posto del burocrate Romiti e se io, personalmente, sarei tornato a comprare una Fiat.

Quello che so è che quando si trattò di comprare l'auto seguente sono passato senza esitazioni ad una tedesca. E non una BMW o un'Audi, neppure una Volkswagen, ma una "proletaria" Opel Astra SW, che però non aveva rivali degne in casa Fiat (la Tempra? per carità ...).

E non me ne sono mai pentito.

Men che meno nei successivi lustri, dove la Fiat è scesa sempre più in basso.

 

La parabola di Vittorio Ghidella potrebbe essere presa ad esempio della decadenza dellla struttura industriale e manageriale di questo paese.

Detto in altri termini: dal lavoro e dalle idee agli intrallazzi politici ed alla negazione del merito.

Poi magari ci stupiamo pure di certi problemi di oggi. Sono iniziati vent'anni fa.

 

 

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E' morto Ghidella, il padre della Uno

Litigò con Romiti e lasciò la Fiat

 

Si è spento a Lugano a 80 anni, era entrato al Lingotto nel 1979. Fu il primo a pensare ad alleanze internazionali per il gruppo torinese. L'avvocato Agnelli lo volle alla guida della sua azienda ma non lo seguì sulla partnership con la Ford. Poi l'abbandono

di SALVATORE TROPEA

 

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TORINO - Vittorio Ghidella, morto a Lugano dopo una lunga malattia, appartiene alla storia della Fiat della seconda metà del secolo scorso. Aveva ottant'anni, essendo nato nel 1931, ma nel ricordo di molti era rimasto un signore di mezza età, smilzo, silenzioso, dallo sguardo nervoso. Pochi lo hanno visto invecchiare anche perché, dopo lo scontro con Cesare Romiti che nel 1988 si era concluso con la sua uscita dall'universo Fiat, era scomparso dalla scena industriale italiana.

Piemontese di Vercelli, ingegnere collaudatore e padre di celebri modelli della Fiat e della Lancia, Ghidella dopo la laurea aveva intrapreso la carriera di manager nella Riv Skf. Era stato l'avvocato Agnelli a chiamarlo in Fiat in tempi non facili per il gruppo torinese. Nella seconda metà degli anni Settanta fu tra i protagonisti, forse la guida, di un processo di rinnovamento tecnologico che, dopo uno scontro col sindacato, prese corpo determinando un periodo di grande successo per l'azienda allora presieduta da Gianni Agnelli.

 

Dopo il complesso e faticoso riassetto degli anni Settanta, quelli tra l'altro del terrorismo, divenne ad di Fiat, Lancia e Abarth e in questo ruolo fu tra i protagonisti della vertenza dei 35 giorni dell'autunno Ottanta che si concluse con la marcia dei 40mila. Nei giorni della Mirafiori sotto "assedio" continuò in gran segreto a lavorare in un albergo di Torino, allestendo modelli e preparando piani che avrebbe messo in atto dopo la fine del conflitto col sindacato. La Uno, presentata a Orlando in Florida,

lo collocò tra i manager di maggiore successo del gruppo torinese. Seguirono altri modelli che resteranno nella storia della Fiat, come la Croma, la Delta, la Thema. Era un ingegnere progettista ma era soprattutto un appassionato di auto. Era convinto che per la Fiat sarebbe stato utile una partnership con l'americana Ford. A metà degli anni Ottanta quella scelta, se portata a termine, avrebbe voluto dire la nascita di un colosso che avrebbe potuto dominare il panorama mondiale, evitando forse qualche difficoltà alla Fiat degli anni a venire.

I vertici della casa torinese non lo seguirono in questa indicazione. Gli fu contrario soprattutto Romiti, che probabilmente vedeva in lui un possibile avversario sulla strada verso la guida della Fiat. Nello scontro Romiti ebbe la meglio. Gianni Agnelli tentò di fare da mediatore, poi si schierò dalla parte di Romiti e Ghidella fu costretto a gettare la spugna.

 

Dopo questa svolta il padre della Uno s'impegnò in attività industriali ancora a Torino e dintorni, poi scelse la quiete di Lugano per gli ultimi anni della sua vita, rattristati dalla malattia e ancor prima dalla perdita della figlia Amalia, morta giovanissima in seguito a un incidente stradale. Di lui con gli anni si parlò sempre meno, e lui non fece mai nulla per tornare alla ribalta. Salvo qualche intervista, nessuno ricordava più il manager che avrebbe potuto guidare la Fiat e gli fu impedito di farlo.

 

(18 marzo 2011)

 

http://www.repubblica.it/economia/2011/03/18/news/morte_ghidella-13755148/?ref=HREC2-2

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Modificato da Astor

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Ghidella fu l'artefice della rinascita FIAT. Croma, Delta, Uno, Y10 ...... eppure fu preferito a Romiti. Da allora scomparve dal panorama automobilistico (ne persi le tracce). Un vero peccato constatare che a questo mondo nessuno ? necessario.

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Forse può servire.

 

http://www.youtube.com/watch?v=q6tSI6EHMrs

 

 

Da La Stampa - 18/3/2011

 

Ghidella, l'uomo di ferro che salvò la Fiat.

 

Ci sono uomini che sanno uscire di scena, dopo averla a lungo dominata, senza offrirsi al clamore mediatico e con la forza di una straordinaria dignità. Uomini che tuttavia vengono continuamente evocati, anche rimpianti: perché hanno scritto pagine indelebili di storia dell’industria italiana.

 

Vittorio Ghidella era uno di questi. La «sua» Fiat è rimasta, comunque, un punto di riferimento con cui confrontarsi. Lui la seppe guidare in momenti difficili, la salvò e rilanciò quando sembrava avviata al declino, inventandosi nel 1983 un’utilitaria innovativa come la Uno, che rappresentava una svolta concettuale rivoluzionaria, un modello invidiato e imitato. Ghidella era nato a Vercelli il 19 gennaio 1931. Dopo gli studi d’ingegneria meccanica al Politecnico di Torino, il primo impegno nel Gruppo Fiat, alla Riv, produttrice di cuscinetti a sfera. Una rapida carriera, fino alla carica di amministratore delegato.

 

Quando l’azienda venne ceduta alla Skf, il giovane manager andò in Svezia a insegnare il mestiere ai nuovi padroni. Poi si trasferì negli Stati Uniti a dirigere l’Ellis Holland, la divisione di mezzi agricoli della Fiat. Non vi rimase a lungo: nel 1979 Gianni Agnelli lo richiamò per dirigere Fiat Auto. «L’Avvocato e il fratello Umberto cercavano qualcuno di esperienza internazionale - ha raccontato Ghidella tre mesi fa al mensile Quattroruote, in una delle sue rarissime interviste - perché l’azienda era entrata in una crisi abbastanza grave. Fui messo di fronte a una realtà difficile e imprevista».

 

Erano gli anni degli scioperi e del terrorismo, della famosa «marcia dei quarantamila», la rivolta dei quadri agli eccessi sindacali. Ghidella costruì il rilancio sulla riorganizzazione industriale e sulla pace sociale. Non era un personaggio facile, così schivo e diretto. Ma aveva credibilità anche tra gli operai, perché era cresciuto all’interno. Soprattutto, gli riconoscevano una straordinaria competenza tecnica. Ci capiva, di macchine. Sotto la sua regia arrivarono tanti fortunati modelli, basterebbe ricordare la prima Croma, le Lancia Delta e Thema, la Fiat Tipo e la Autobianchi Y10.

 

Pensava a una Fiat diversa, per questo (anticipando un futuro oltreoceano) suggerì un accordo con la Ford che però all’ultimo sfumò. Forse anche per questo ebbe conflitti storici, come quello con Cesare Romiti sulle visioni strategiche del Gruppo. Così nel 1988 Ghidella lasciò la Fiat per altre esperienze manageriali. Scelse un volontario esilio in Svizzera, dove fino all’ultimo è stato titolare della holding finanziaria VG.SA. Ma non era più lo stesso, dopo aver perso nel ‘93 in un incidente stradale l’adorata figlia ventenne Amalia. Un po’ morì anche lui.

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Io ricordo che Ghidella fu anche Presidente della Ferrari (mi pare nel periodo 84-88 ).

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