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Peter Revson

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Amici, ho sentito recentemente parlare di questo sfortunato pilota statunitense che si mise in luce nella stagione 1973, disputando buone gare e vincendone due.

So che mor? in un tragico incidente a Kyalami nel '74. Qualcuno ha delle immagini o ne conosce la dinamica? Ed erano le prove ufficiali del GP del Sud Africa o soltanto dei test invernali?

Grazie

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dal sito di grandprix.com

He was killed testing in preparation for the South African Grand Prix at Kyalami when his car suffered a front suspension failure and crashed into a guard rail at high

 

Erano dei test che si facevano la settimana prima della gara, non mor? nel weekend. Meyer lo aveva fatto fuori per prendere Fittipaldi e lui and? alla Shadow, tutto sommato era un pilota forte che si mise bene in mostra con la ottima M23 e che probabilmente avrebbe fatto molto bene alla Shadow

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Grazie caneparo; hai ragione era un valido pilota,anche se la Shadow non era una macchina da campionato del mondo, avrebbe potuto prendersi delle belle soddisfazioni quell'anno.

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io ho le foto mentre Graham Hill e Hulme lo tirano fuori... le immagini sono in bianco e nero ma si vede il corpo del pilota con la tuta bruciata privo di vita...

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Fabio, ti interessano solo i particolari degli incidenti mortali?

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No per? ho una raccolta di foto di Formula 1, Documenti tipo autosprint ecc e anche foto di incidenti...

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Da quel che ricordo era fortissimo nel campionato CAN AM.

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Peter Revson: Mister stile e velocità

 

17 giugno 2013 – Peter Jeffrey Revson era un tipo davvero particolare. Erede di una delle più facoltose famiglie d’America e nipote del magnate della cosmesi Charles, fondatore del celebre colosso Revlon, è stato protagonista di una breve ma intensa esistenza. Playboy infaticabile per via di un aspetto non propriamente da ultimo della classe, si rivelò pilota incisivo e poliedrico, che faceva della velocità un culto da vivere con stile da esteta.

Peter-Revson-1939-1974.jpg

Nato a New York il 27 Febbraio del 1939, in clima pre bellico il giovane Peter viene educato secondo i canoni dell’alta borghesia dell’epoca. Dopo l’adolescenza frequenta come prescritto dall’etichetta imposta dal suo status, la celebre Cornell University di Ithaca nello stato di New York. Ma Peter è uno che ama sognare e non sottostare alle regole, quindi manifesta molto presto una certa insofferenza verso il sistema.

Amante della velocità intesa come massima espressione del rischio, si innamora ben presto delle corse automobilistiche che inizia a praticare all’insaputa dell’onnipresente famiglia nel 1960. Prese parte alle prime gare amatoriali nelle isole Hawaii, lontano dal trambusto e dal clamore mediatico di New York. Lo fece al volante di una Morgan monoposto, che fu la sua auto da competizione ufficiale fino al 1963.

Nel frattempo la famiglia capisce che la passione di “Rewie” per le corse non è una cosa passeggera e cerca di ostacolarlo in ogni modo, chiudendogli economicamente tutti i rubinetti. E’ così che Peter decide di vendere tutto ciò che possiede, per accaparrarsi un sedile in Formula 3 in Europa. Un’operazione dal costo di 12.000 dollari dell’epoca. Una bella cifra per un imberbe figlio di papà diseredato.

In ogni caso la scelta del giovane Revson non fu priva di sacrifici e dimostrò oltremodo che, la sua passione per le corse non era dettata solo dal suo essere cresciuto negli agi di una vita comoda. Durante il soggiorno monegasco in occasione della prima stagione in F3, fu visto dormire spesso e volentieri su un camion parcheggiato sulla celebre spiagga della Cosa Azzurra. Il golden boy dei rossetti era un spirito libero a tutti gli effetti. In Europa corre bene e si fa rispettare dagli avversari, tanto da ottenere risultati di rilievo e guadagnarsi circa 6000 dollari tra premi e incentivi.

Tali risultati gli valgono addirittura un sedile in F1 per la stagione successiva, il 1964. Purtroppo Peter è a corto di finanze, ma decide di partecipare lo stesso al Mondiale con una Lotus 24 Climax vecchia di due anni. Il team che lo supporta è quello di Reg Parnell celebre per le sue vittoriose partecipazioni ad Indianapolis. Ma Revson per ragioni economiche iscrive la vettura con il proprio nome (Revson Racing America), ottenendo comunque prestazioni di rilievo per un deb inesperto qual’era. I migliori piazzamenti di quella stagione furono una quarta fila a Spa in qualifica, ed un quarto posto a Solitude in una gara non titolata.

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A fine anno Revson rientra in America dove decide concentrarsi sulle competizioni in patria, con l’obbiettivo di guadagnarsi una reputazione sportiva e le finanze necessarie per correre da professionista. Nel 1965 Peter si divide comunque tra Europa e Usa, guidando prevalentemente una Ford GT40 in coppia con Skip Scott, insieme al quale trionfa a Sebring, Monza e Spa-Francorchamps. In quegli anni si rafforza il profondo rapporto di amicizia con i fratelli Teddy e Timmy Mayer, conosciuti fin dai tempi della scuola.

In particolare dopo la morte di Timmy, giovane e promettente pilota che rimase ucciso nel 1964 al volante di McLaren Cooper, Peter si avvicinò ancora di più a Teddy (futuro patron prorpio della McLaren), poiché così come lui anche Revson aveva perso il fratello minore Douglas durante una corsa automobilistica nel 1967. Un’amicizia che di fatto, lo favorì poi nel diventare pilota della McLaren all’inizio degli anni 70. A tutti gli effetti “Rewie” era comunque un freddo che esteriormente sembrava non emozionarsi, anche alla luce delle tragedie che il mondo si affannava a mettergli davanti agli occhi. Un aspetto non veritiero, soprattutto quando qualche anno dopo rese nota la propria autobiografia.

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Nel 1969 Revson riesce ad agguantare un ottimo quinto posto alla 500 Miglia di Indianapolis, a bordo di una Brabham BT25 motorizzata Repco. L’anno successivo invece, trionfò magistralmente alla celebre 12 Ore di Sebring al volante di una Porsche 908, in coppia con il famoso attore Steve McQueen. Un sodalizio maturato anche per affinità di carattere tra i due uomini, che amavano la velocità, il rischio e ovviamente le belle donne.

La prima occasione per un ritorno flash nel Circus della F1, avvenne in occasione del GP degli Usa 1971 disputatosi sul circuito di Watkins Glen. Revson fece la sua breve apparizione al volante della terza vettura del team Tyrrell, ma mancò la qualificazione alla gara. Sempre nella stessa stagione, la McLaren vista la stima di cui godeva presso Mayer, lo ingaggiò come pilota ufficiale per il campionato Can Am. Nella prestigiosa serie nord americana Peter, vinse cinque gare e divenne campione di categoria. La scuderia orfana del suo fondatore Bruce, lo fece correre anche alla 500 Miglia di Indianapolis, dove Revson compì una mezza impresa.

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Chris Amon che prendeva parte per la McLaren a quell’edizione della classica dell’Indiana, non riusciva a far correre veloce sul celebre catino la sua monoposto durante le qualifiche. Mayer chiamò così Revson, che subentrò al neozelandese, cogliendo addirittura il secondo posto assoluto in gara. Un risultato che lasciò di stucco tanti detrattori del rampollo di casa Revlon. In effetti fu a partire da quel momento che “Rewie” iniziò ad essere considerato da tutti, un vero professionista del volante.

Questi risultati fecero sì che Revson si guadagnasse un sedile da titolare alla McLaren per il Mondiale di F1 1972. Al suo primo anno completo nel giro del Circus, Peter ottenne una fantastica pole position a Mosport in Canada, sublimata dal secondo posto in gara dietro all’esperto Jackie Stewart su Tyrrell. Alla fine del campionato si classificò quinto assoluto con 23 punti, e un contratto con la McLaren anche per il successivo 1973.

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E proprio il 1973 rappresentò l’apogeo della carriera di Revson, che vinse in quella stagione due GP iridati, uno a Silverstone e l’altro sul favorevole tracciato di Mosport, dove aveva ben figurato l’anno precedente. Altri piazzamenti a punti, sempre più regolari vista la maggiore esperienza al volante di una F1, gli garantirono ancora la quinta piazza nel Mondiale Piloti. Furono come detto i suoi anni migliori, il periodo durante il quale fu maggiormente apprezzato e conosciuto dal grande pubblico.

Di lui si sapeva che continuava ad amare la bella vita, tanto che con i soldi guadagnati nelle corse si comprò una stupenda villa in una celebre località della costa californiana. Sovente lo si incrociava agli eventi mondani alla guida di costosissime auto sportive che, cambiava in continuazione, al contrario della fidanzata che era diventata fissa e con la quale passava lunghe vacanze in Sardegna. Un passo importante per uno spirito libero come Revson: si innamorò infatti di una bellezza mozzafiato, che qualche anno più tardi fu addirittura eletta Miss Mondo.

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In questo periodo Revson scrisse anche la propria autobiografia alla quale lavorò con l’ausilio di un registratore, durante le lunghe trasferte aeree tra un GP e l’altro. Questo libro venne intitolato “Speed with Style”, ovvero velocità con stile. La narrazione è avvincente e rende perfettamente l’idea dello spirito che animava i piloti dell’epoca, considerati a maggior ragione dopo aver letto questo prezioso documento, degli autentici cavalieri del rischio.

Interessante a tal proposito è il significato che l’autore fornisce nei riguardi della parola successo: “Per me, il successo non si misura dalle cose materiali che hai ma, piuttosto, da quello che realizzi. Secondo alcuni è il risultato che conta, lo stile non significa nulla. Uno scrittore francese disse che un gentleman è una persona che non mina mai l’autostima altrui. Penso che sia la definizione migliore che abbia mai sentito…Quando salgo su una macchina da corsa do il 100%… Ma suppongo di non essere mai stato coinvolto quanto Mark Donohue, perché ci sono tre cose che mi interessano, che ho voluto provare…A questo punto della mia vita, la ragione per cui corro è vincere. E, se non sarò in grado di farlo quest’anno o il prossimo, mi ritirerò. Qualunque cosa faccia, voglio avere successo…”

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Purtroppo Rewie non riuscì mai a coronare tutti i suoi sogni, anche perché la McLaren per il 1974 non gli riservava più un posto in qualità pilota titolare. Le prospettive illustrate da Teddy Mayer erano limitative, in quanto Peter avrebbe dovuto accontentarsi di un sedile da terzo pilota su una vettura semi ufficiale. Un duro colpo per lui visto il rapporto che lo legava all’amico d’infanzia. Di fatto gli venne preferito Emerson Fittipaldi già iridato nel 72 con la Lotus, il quale portava con sé in dote, il cospicuo sponsor Marlboro. Realisticamente Revson aveva comunque delle alternative, di cui una molto prestigiosa.

Venne infatti contattato da Enzo Ferrari, che gli offrì un volante a Maranello per guidare una delle sue F1. Ma alla fine dei conti la proposta del Commendatore, era risultata economicamente più bassa di quella della McLaren come terza guida. Accadde così che “Rewie” decise di rifiutare questa importante opportunità e di firmare un contratto per la Shadow, la nuova scuderia americana che debuttava quell’anno nel Circus. Congiuntamente siglò anche un accordo con Roger Penske, che gli garantiva una monoposto per la 500 Miglia di Indianapolis.

La stagione iniziò tutto sommato positivamente, poiché nonostante due ritiri in altrettante gare, la vettura della neonata Shadow sembrava garantire prestazioni promettenti. Malauguratamente il destino come spesso accade in questi casi è crudele e non guarda in faccia a nessuno: A Kyalami una settimana prima del GP del Sud Africa si svolge come di consueto, una sessione di test collettivi in vista della gara. Revson e il suo team sono in pista per mettere a punto la vettura ed accumulare km, ma durante un long run, un dado in titanio della sospensione anteriore si trancia proiettando inesorabilmente la monoposto contro la lama di un guard rail.

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In un attimo le fiamme avviluppano la Shadow di Revson, che nonostante venga prontamente soccorso dall’amico e collega Denis Hulme, suo ex compagno alla McLaren, muore sul colpo. Una fine da eroe qualcuno potrebbe avanzare: ma di eroico nella morte c’è solo il protagonista dell’evento, avrebbe probabilmente detto lo stesso Peter se avesse potuto commentare l’accaduto. Lo sfortunato pilota americano riposa oggi accanto a suo fratello Douglas, presso il Ferncliff Cemetery ad Hartsdale, nello Stato di New York. Ripercorrendo la sua vita si può certamente affermare che Revson, incarnò alla perfezione lo stereotipo del pilota da corsa degli anni 70: bello, irriverente, spericolato e di gran cuore. Un personaggio che rappresentava il cliché della upper class americana dell’epoca. Status al quale però aveva rinunciato, per rischiare la vita al volante di potenti auto da corsa. Al pari di Steve McQueen resta un’icona del suo tempo, oltre che un pilota al quale gli appassionati di Motorsport, riconoscono doti di guida uniche ed un talento fuori dal comune.

Fonte F1Passion

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