BERGER 0 Inviato 22 Ottobre, 2010 Avevo 11 anni quando Jochen mor?. Fu con lui che mi avvicinai alla F1. Condividi questo messaggio Link al post Condividi su altri siti
Eraserhead 6 Inviato 17 Luglio, 2011 Fantastico questo articolo di Autosprint, davvero commovente. Sempre pi? innamorato di questo pilota che, come tanti altri che hanno vinto solo un mondiale in epoca molto lontana e morti prematuramente non viene considerato tra i grandi nomi. Erroneamente. Sembrava davvero un osso duro. Condividi questo messaggio Link al post Condividi su altri siti
sundance76 9 Inviato 26 Ottobre, 2012 Kyalami, G.P. Sudafrica 1968 Condividi questo messaggio Link al post Condividi su altri siti
mammamia 3 Inviato 30 Ottobre, 2012 lui sarebbe diventato uno dei pi? grandi secondo me. una curiosit? ... lo sapevate che soffriva il mal d'auto ? ? per questo che in molte foto che ricordo dell'epoca mentre correva si mordeva il labro inferiore. Condividi questo messaggio Link al post Condividi su altri siti
sundance76 9 Inviato 30 Ottobre, 2012 una curiosit? ... lo sapevate che soffriva il mal d'auto ? ? per questo che in molte foto che ricordo dell'epoca mentre correva si mordeva il labro inferiore. Giusto, e sopportava poco il casco integrale, proprio perch? gli acutizzava questo disturbo... Condividi questo messaggio Link al post Condividi su altri siti
Andre92 1 Inviato 30 Ottobre, 2012 Giusto, e sopportava poco il casco integrale, proprio perch? gli acutizzava questo disturbo... Mi pare lo abbia usato solo a Hockenheim e a Monza, dove i lunghi rettilinei lenivano il disturbo. Condividi questo messaggio Link al post Condividi su altri siti
sundance76 9 Inviato 30 Ottobre, 2012 Condividi questo messaggio Link al post Condividi su altri siti
sundance76 9 Inviato 31 Ottobre, 2012 "In gara si altern? con Stewart al comando in una lotta che divenne di stili: di potenza quello dell'austriaco della Lotus, di precisione quello dello scozzese della Matra" Condividi questo messaggio Link al post Condividi su altri siti
Andre92 1 Inviato 31 Ottobre, 2012 Da Autosprint n? 36/2010 del 7-13 settembre 2010 Un tributo di AS, tramite la rivista "Cuore da Corsa" a Jochen, nel quarantennale dell'incidente monzese. Notare il grande risalto che viene dato all'esperienza dell'asso austriaco nel campionato Formula 2, del quale era specialista assoluto. Si accenna anche alla questione del casco integrale e dei problemi ad esso connessi. Condividi questo messaggio Link al post Condividi su altri siti
sundance76 9 Inviato 31 Ottobre, 2012 Non ricordavo che l'autore dell'articolo postato da Andre92 ? lo stesso di quello del '90 che postai nel primo topic, cio? Maurizio Ravaglia. Condividi questo messaggio Link al post Condividi su altri siti
AleImpe 0 Inviato 4 Novembre, 2012 Enzo Ferrari, quel tragico 5 settembre 1970 era all' autodromo di Monza, quando seppe dell' incidente di Rindt, il Drake disse "Andiamocene". Condividi questo messaggio Link al post Condividi su altri siti
The King of Spa 637 Inviato 23 Marzo, 2013 21 marzo 2013 – Alcuni drammatici incidenti durante oltre sessant’anni di F1, potevano essere evitati. Uno di questi, è quello occorso il 5 settembre del 1970 a Jochen Rindt, che perì all’ingresso della Curva Parabolica durante le qualifiche del GP d’Italia a Monza. A rendere tristemente famoso questo evento è il fatto che Jochen, leader della graduatoria piloti, divenne l’unico Campione del Mondo alla memoria del Circus. Ma dietro alla scomparsa dell’asso tedesco naturalizzato austriaco, c’è principalmente un cedimento meccanico amplificato dalla fatalità e dalle misure di sicurezza. Il tracciato brianzolo, era all’epoca privo delle tre chicane che oggi lo caratterizzano: Prima Variante, Variante della Roggia e Variante Ascari, inserite in forma permanente a partire dal 1976. Infatti, già nel 1972 vennero create due varianti mobili per limitare la velocità delle monoposto di F1, poiché nell’edizione dell’anno precedente (1971), si registrarono medie da record. Per la statistica, il britannico Peter Gethin su Brm, vinse il suo unico GP in carriera concludendo la gara in poco più di un’ora e diciotto minuti ad una media di oltre 240 km/h. Nel 1970, quindi un anno prima, la pista era identica e al posto delle citate varianti, si trovavano tratti di rettilineo, mentre la Ascari, si chiamava curva del Vialone ed era una piega da affrontare a velocità elevata. Sabato 5 settembre 1970, la Lotus si presenta a Monza per le qualifiche che determineranno la griglia di partenza del Gran Premio d’Italia. La monoposto del team di Colin Chapman è la 72 motorizzata Ford Cosworth DFV, che sta consentendo a Jochen Rindt di comandare la classifica del Mondiale Piloti con 45 punti. L’austriaco ha molto vantaggio sul suo diretto inseguitore Jack Brabham, fermo a quota 25. Il tracciato brianzolo è la pista più veloce di quelle in calendario e qui, sia per tradizione che caratteristiche, la Ferrari può contare su diversi vantaggi. Il primo, la poderosa potenza del suo 12 cilindri piatto e poi la spinta morale del pubblico di casa, che è sempre molto “caldo” verso i bolidi di Maranello. I principali team rivali del Cavallino, affrontano la prova utilizzando configurazioni aerodinamiche molto estreme e anche la Lotus agisce di conseguenza. Se è vero che Rindt, prevalse su Ickx e la Ferrari circa un mese prima sul veloce tracciato di Hockenheim, è pur corretto affermare, che la zona lenta del motorhome ha equilibrato la situazione permettendo alla Lotus di trarre un vantaggio. Ma Monza, come detto, non ha punti lenti e bisogna spingere praticamente sempre sull’acceleratore. La 72 come altri concorrenti, è priva degli alettoni anteriori e posteriori. Un aspetto, che imputa al pilota un diverso carico in frenata da gestire. Già il venerdì in relazione a tali difficoltà, è successo un episodio inquietante riguardante Emerson Fittipaldi, giovane secondo pilota del team inglese. Alla staccata della Parabolica, la sua Lotus ebbe un’uscita di pista a causa del bloccaggio di uno dei freni anteriori entrobordo di cui è dotata. All’epoca per una questione di miglioramento delle masse sospese tese al decremento del rollio dell’intero corpo vettura, questa fu una scelta tecnica poi seguita anche da altri progettisti. La configurazione “scarica” viene mantenuta anche il sabato sulla monoposto di Rindt, che si apprestò ad affrontare le prove con questo assetto. L’austriaco esce dalla corsia box poco dopo le 15 per affrontare un tentativo di qualifica. I suoi tempi fino a quel momento non erano affatto buoni e doveva cercare di piazzarsi più avanti possibile sullo schieramento, per poter guadagnare una posizione di partenza utile a difendersi dagli avversari diretti. Dopo quattro giri senza segnare crono di rilievo, Rindt passa per l’ultima volta sul traguardo. Affronta tutto il tracciato fino alla staccata della Parabolica dove avviene il drammatico impatto. La testimonianza oculare di Denis Hulme raccolta all’epoca, è indicativa sul difficile comportamento della Lotus in frenata. Il neozelandese, racconta di aver visto sopraggiungere Jochen nei propri specchietti ed in prossimità della staccata, conferma un ondeggiamento anomalo della vettura in quel tratto. Rindt per sopperire alla già citata mancanza di carico aerodinamico, è costretto a pigiare con maggior violenza il pedale del freno sollecitando oltremodo l’impianto quando deve rallentare. Quando il pilota frena, la 72 ha uno scarto netto di circa 45 gradi verso sinistra e punta con il muso verso il guard rail che delimita la pista. L’impatto è violento e la macchina si infila sotto la barriera di metallo. Ma innanzitutto, cosa ha provocato la decisa sterzata quando il pilota teneva ancora il volante dritto? L’ipotesi più probabile dei periti, è la rottura per “affaticamento da torsione” del materiale metallico che costituisce l’alberino del freno entrobordo destro. Da qui, la forza cinetica è applicata solo sul componente sinistro, che appunto rallenta, mentre l’altro continua girar libero causando il repentino cambio di traiettoria. Ma oltre a ciò esiste anche un’inquietante retroscena. E’ infatti possibile che il particolare non si sia rotto solo per un’eccessiva sollecitazione, ma anche per un difetto di produzione. Una crepa del metallo non individuata dal produttore che riforniva la Lotus degli alberini di collegamento, potrebbe essere alla base del cedimento. Può darsi che il controllo qualità non abbia individuato una microfrattura nel materiale, il quale sottoposto ad eccessivo sforzo, ma non utilizzo nel tempo, si sia spezzato di netto. Una tesi confortata dalle dinamiche dell’impatto e da successive ipotesi. Quel che accadde in seguito sono le conseguenze legate all’urto, amplificate anche dall’errato posizionamento delle lame del guard rail. Infatti senza muovere accuse a nessuno, poiché tali barriere erano ancora agli albori in un’epoca in cui le monoposto erano caratterizzate da frontali sempre più bassi e a cuneo, giocarono un ruolo fondamentale. Dalle foto si evince come la lama inferiore del rail esterno alla Parabolica, sia montata ad oltre una decina di centimetri da terra. Una cosa che favorisce l’inserimento del basso muso ed affilato muso della 72 senza radiatore anteriore. Però, oltre alla scarsa efficacia della barriera di contenimento, bisogna anche aggiungere un imprevisto involontariamente creato. Il destino qui entra in gioco prepotentemente, perché proprio dove la macchina di Rindt infila il “naso”, c’è una buca scavata da qualcuno. Probabilmente, da uno spettatore la notte prima per entrare di nascosto in pista, oppure meno plausibile, da un animale del parco. Ed è qui che la ruota anteriore sinistra della Lotus si incastra, facendo perno e causando la distruzione totale dell’avantreno. La sorte come sempre ci mette lo zampino. Inoltre il palo di sostegno delle lame del rail, ha implicato una violenta decelerazione che ha avuto conseguenze fatali sul povero pilota austriaco. Sbattere contro quel corpo fermo ha provocato lesioni gravissime a Rindt, il quale però scivolò in avanti nell’abitacolo e non solo perché si ruppero gli ancoraggi delle cinture sulla scocca. Il campione di Graz, indossava per abitudine solamente quattro dei sei punti, lasciando più libere le gambe. In campo pratico, le due cinghie sulle cosce davano fastidio a Jochen, che come la maggior parte dei conduttori dell’epoca veniva da monoposto non dotate di cinture. Bisogna ricordare che queste ultime, furono introdotte in pianta stabile solo a partire dal 1969. Allora guidare più “liberi” nell’abitacolo era fonte di abitudine per alcuni, ma anche questo fu un aspetto negativo. Subito dopo l’urto, la Lotus impazzita e priva di controllo rimbalza in pista con Rindt ancora all’interno. Tralasciamo particolari cruenti per rispetto, ma basti sapere che il pilota quando la monoposto si fermò nella sabbia della Parabolica aveva gli arti inferiori completamente esposti per via della totale mancanza della parte frontale. La solidità delle scocche del 1970, non certamente era quella odierna. Incidenti come questo, furono utili loro malgrado per incrementare la sicurezza. In ogni caso le lesioni alle gambe di Rindt non furono fatali, quanto quelle causate dall’enorme decelerazione dell’impatto con il palo e della ruota che si incastra nella buca. Il telaio monoscocca in alluminio della 72, terminava davanti con una “scatola” di metallo nella quale erano contenute la pedaliera ed erano imbullonate le sospensioni, insieme a freni ed idraulica di comando. Una soluzione che garantiva leggerezza, ma non altrettanta solidità. Purtroppo nell’urto di Rindt, questa parte venne totalmente sradicata e anche il telaio si divelse fino alla centina degli strumenti. Il volante per la cronaca, venne trovato sparso nella zona dell’urto insieme ad altri rottami. In definitiva, la rottura dell’alberino del freno destro e l’eccessiva decelerazione, furono le cause principali dell’incidente. Mentre la buca fu una delle concause che amplificarono gli effetti aggravando ulteriormente le cose. In ultimo, ci fu anche una polemica riguardante i soccorsi prestati a Rindt, ritenuti da alcuni colleghi inadeguati. La verità è che allora fu fatto il possibile per salvare l’austriaco, ma le ferite erano troppo gravi. In particolare, la versione dei piloti, era relativa al mancato utilizzo da parte dei sanitari locali della Grand Prix Medical Unit, un particolare furgone costruito per assistere chi si infortunava in pista mediante soccorsi immediati ed efficaci. Il personale impiegato quel giorno a Monza, valutò invece maggiormente attrezzato il centro medico dell’Autodromo, dove in effetti Rindt fu trasportato. Inoltre anche il mancato uso dell’elicottero, fu motivo di polemica, poiché Jochen venne portato d’urgenza al Niguarda di Milano in ambulanza. A difesa dei nostri sanitari è corretto dire, che all’epoca a differenza di oggi, i velivoli erano meno equipaggiati per le urgenze e quindi il trasporto su gomma rappresentava più certezze per i casi gravi. Visto il quadro clinico Rindt non poteva sopravvivere comunque, anche se qualcuno per diverso tempo, sostenne tesi diverse sulla qualità dei soccorsi. Tecnicamente, lo schiacciamento dello sterno provocato dal volante che venne in contro al pilota mentre scivolava nell’abitacolo fu fatale. Il tutto, insieme alla rottura di alcune vertebre cervicali in conseguenza della violenta decelerazione. Per anni la 72 distrutta, venne custodita nei pressi dell’Autodromo, ma la Lotus espiantò il motore per utilizzarlo a quanto pare sulla macchina di Fittipaldi che vinse poi al Glen 1970. In seguito, il relitto una volta dissequestrato, fu acquistato da un collezionista italiano che poi la vendette in Inghilterra dove si dice qualcuno voglia restaurarla. Ma in certi casi è meglio lasciare le cose come stanno. f1passion Condividi questo messaggio Link al post Condividi su altri siti
The King of Spa 637 Inviato 13 Agosto, 2013 Condividi questo messaggio Link al post Condividi su altri siti
gerardopernientecodardo 21 Inviato 15 Agosto, 2013 Montjuich? Condividi questo messaggio Link al post Condividi su altri siti
The King of Spa 637 Inviato 15 Agosto, 2013 Si. Condividi questo messaggio Link al post Condividi su altri siti