Frooome
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23 MatricolaSu Frooome
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Nuovo Arrivato
- Compleanno 19/10/1996
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Eccomi qua, finalmente, a lasciare il mio saluto a Andrea, conosciuto come Maxilrosso. Credo che per lui questo forum fosse un elemento significativo nei suoi ultimi anni di vita e quindi ci tenevo, avendo sviluppato un intenso legame con lui, a lasciare qua anche io il mio messaggio personale di commiato e cercare di fare chiarezza su alcuni temi, fra cui la sua malattia. Andrea e io condividevamo una malattia che attacca il cervello e che, a differenza di tante altre, è poco conosciuta sia dalla medicina, sia da altre persone che spesso usano il termine senza conoscerne davvero il significato. Questa scarsa conoscenza genera naturalmente incomprensioni, fraintendimenti e spesso mancanza di empatia. Chi viene coinvolto in un incidente stradale, si rompe una gamba e viene ricoverato in ospedale riceve più attenzione e comprensione rispetto a chi è malato, ma non ha un cerotto da poter mostrare. Provo quindi a fare chiarezza: che cosa è la depressione? Purtroppo, pur essendoci passato, non lo so. So che cosa era per me, ma ogni depressione, nonostante vari aspetti in comune, è diversa. Una categoria di depressioni è facile da comprendere (io personalmente le distinguo dalle “vere depressioni”). C’è chi, ad esempio, prova forti dolori cronici alla schiena o al collo, chi è disabile, chi soffre di solitudine, eccetera. Queste persone a causa delle loro patologie non sono in grado di svolgere le più comuni attività sociali (lavorare, praticare sport, interagire con altre persone) e vivono quindi in un contesto che non è quello nel quale la mente umana si è evoluta e dove quindi questa si trova più a suo agio. Ciò può portare a uno stato emotivo cronico di tristezza, mancanza di motivazioni, apatia. Tutti sintomi tipici del disturbo depressivo, che però scomparirebbero rapidamente una volta eliminata la causa del problema, cioè un trattamento efficace del dolore, o ad esempio una nuova compagnia nel caso della solitudine. D’altro canto ci sono le depressioni endogene, che a differenza delle depressioni reattive si mantengono nel tempo e spesso non hanno una causa chiara. Letta in senso difensivo da parte dell'organismo vivo e pensante, la depressione può essere vista come un ritiro di energie, sia fisiche che psichiche, alla ricerca di un equilibrio più basso, ma possibile e sostenibile dall'organismo in quel contesto deficitario. Proseguendo in questa direzione si può considerare infine l'annullamento di Sé come il più basso degli equilibri possibili, considerando l'assenza di vita da un punto di vista energetico di livello nullo (come la pace eterna), libera da ogni forma di tensione e angoscia. Per me la depressione consisteva nel dormire spesso poco e male. Il mio cervello si era ritirato a un livello energetico così basso, che lavarsi i denti, cucinare, farsi la doccia venivano percepiti come compiti incredibilmente ostici, impegnativi, troppo faticosi. Nelle mie migliori giornate, provavo a uscire a camminare e ricordo un giorno in cui dopo 500m, mi sentii così vuoto che mi sdraiai a terra e dovetti chiamare qualcuno per farmi riportare a casa. Trascorrevo spesso le mie giornate sdraiato sul letto, ascoltando delle serie TV o programmi trash con la faccia in giù sul divano. Sedersi, oppure guardare un documentario era troppo impegnativo. Si vive quindi in poche parole in un contesto nel quale anche stando a letto, senza mai attivare la mente e il corpo, si ha spesso un bilancio energico negativo perché il cervello non è in grado di fornire nemmeno l’energia necessaria a fare ciò. Questo, nel mio caso, si traduceva in una cronica stanchezza che mi ha fatto odiare le persone, rinchiudere nel solaio di casa mia, senza mai parlare a nessuno (anche questo, richiedeva troppa energia). Lasciando la fidanzata e abbandonando tutti i miei amici, che spesso non capivano. L’attività più faticosa che potevo permettermi era, alle volte, messaggiare, usare il computer (incluso questo forum) e fare qualche giochino molto banale sul telefono (Bloon Tower Defense): tutte attività che hanno il vantaggio di poter essere svolte quando si vuole e che è possibile interrompere, senza richiedere uno sforzo mentale intenso continuo, come sostenere una conversazione con una persona. Dall’esterno è molto facile scambiare questi comportamenti per un’estrema pigrizia o dedurre da ciò una scarsa forza di volontà e questo è il fraintendimento principale legato a questa malattia. Le persone che deducono ciò non sono cattive o crudeli, ma sono semplicemente incapaci di immaginarsi uno stato psicofisico così deficitario in una persona che ai loro occhi sembra in perfetta salute. Vi ho rivelato la mia storia perché condividevo tanti sintomi con quelli che provava Andrea e vorrei aiutare chi non ci è passato a sviluppare una concezione più realistica della patologia. Come si cura la depressione? La depressione colpisce il cervello, che è l’unico organo umano che non viene mai visto e studiato nel dettaglio dagli specialisti. Non esiste un test diagnostico per la depressione, che viene diagnosticata dagli specialisti (tema, a mio modo di vedere, delicato). Col tempo si sono varate tante ipotesi su che cosa, a livello biochimico, genera questo stato depressivo e sono stati ideati dei farmaci per provare contrastarlo. Questi farmaci a volte funzionano, a volte no. Una parte significativa dei medicamenti prescritti, non ha un’efficacia superiore al placebo. A ciò viene associata una psicoterapia di tipo cognitivo comportamentale, la cui efficacia è invece supportata da dei dati scientifici. Nel mio percorso ho incontrato diversi/e psicoterapeuti/e. Alcuni mi dicevano di darmi una svegliata, alcuni mi dicevano che ho un problema di alcolismo perché ai tempi del liceo uscivo tutti i week end a bere con gli amici, con altri mi sembrava che il colloquio fosse più utile a loro, che apprendevano i sintomi della malattia, piuttosto che a me, che non apprendevo qualcosa di nuovo su di essa e su come affrontarla. Si vive quindi ogni giornata con grande fatica e dolore, condita dall’incertezza angosciante di non sapere se mai la situazione migliorerà. Poi, finalmente, ho incontrato una figura che mi ha illuminato su tanti aspetti e con la quale ho affrontato il mio percorso che, lentamente ma costantemente, mi ha riportato nel giro di qualche anno a tornare al massimo della mia funzionalità. Oggi sono molto attivo nello studio, nello sport e nelle attività sociali. Non mi sono dato io una svegliata o abbia lavorato sulla mia forza di volontà, ma perché il mio organismo è tornato a funzionare senza questa zavorra. Andrea è stato forse l’unico che ha saputo leggere oltre l’aggressività, la rabbia e l’intolleranza che caratterizzavano i miei interventi sul forum ed è stato aperto a creare un legame personale con me che, da parte mia, era molto forte. Visti i miei ai tempi leggeri miglioramenti con la psicoterapia, gli consigliai di farsi seguire da degli specialisti. Cosa lui che provò a fare, ma di cui mi riferiva, come spesso sembrasse anche a me, che la figura terapeutica fosse presente unicamente a scopo di lucro e non per aiutarlo a stare meglio. In un certo periodo si fidanzò, poi credo che interruppe la relazione perché non voleva che la sua fidanzata si legasse troppo a lui e soffrisse per la sua perdita: aveva questa sensibilità, questa empatia ed altruismo fuori dal comune. Si percepiva che era una persona genuina. Nel 2018 ci sentivamo quasi tutti i giorni. Il 10 Aprile 2019 non fu il suo primo tentativo di togliersi la vita, è qualcosa che ha provato a fare e ha pianificato a lungo. Spesso ne parlava con me e io, disperato e impotente, potevo solo dirgli che sarei stato lì per lui e che avrei fatto di tutto per stargli vicino. Il week end di Hockenheim 2018, passammo il sabato a scherzare sulla qualifica, poi io gli scrissi un solo giorno dopo per scherzare di nuovo sul risultato e mi inviò un audio in lacrime dicendo “non me ne frega niente, sto malissimo. Volevo ringraziarti perché nonostante la distanza mi sei stato molto vicino. Non provare a chiamarmi perché non ti rispondo”. Mi ricorda un po’ Chester Bennington ridere poche ore prima del suo suicidio. Secondo me i suoi messaggi scherzosi, anche le risate e il suo continuo spam sul forum non erano esternazioni di felicità, ma era semplicemente la decisione di cercare di trarre il maggior divertimento o vivere al meglio nonostante una condizione tragica. Due ore dopo “fanculo, non ce l’ho fatta, sono un fallito. Non mi è riuscito niente. Non riesco a vivere e neanche a morire”. Mi chiesi a lungo cosa sia giusto fare quando qualcuno soffre così tanto. È giusto obbligarlo a tenersi in vita, legandolo al letto o rinchiudendolo in una clinica? Lui soffriva così tanto, che l’aldilà doveva apparirgli come sollievo. È giusto privare qualcuno di questo angosciante sollievo? Non ho una risposta a questa domanda. Io credo che lui avesse già deciso da tempo di togliersi la vita, ma ha impiegato del tempo per sconfiggere il primitivo istinto di sopravvivenza.. Non credo che lui fosse mai stato realmente felice nei suoi ultimi anni di vita. Nel 2019 ci siamo sentiti molto meno, non saprei se ciò riguarda solo me, ma il giorno in cui ci ha lasciati a differenza di altri tentativi, non ha avvisato né me né la sua famiglia di nulla. Il mio psichiatra dice che quando qualcuno si suicida davvero, stacca la spina col mondo, non pensa più a nessuno e non avverte più nessuno. Per me la sua morte è stata durissima. Non solo perché ho perso uno dei pochi veri amici che abbia mai avuto, ma soprattutto perché un ragazzo così empatico, genuino e altruista ha sofferto atrocemente e ci ha lasciati ancora giovanissimo. Mi sono sempre chiesto se avessi potuto fare qualcosa di più per aiutarlo, mi sono sempre chiesto perché io ho avuto la fortuna di trovare una figura che mi ha saputo aiutare e lui no. È una persona da cui ho tratto tanta ispirazione e ho imparato tante cose. Ci sono dei suoi messaggi, che in qualche modo aiutano ad andare avanti, a superare la profonda tristezza che provo nel riesumare questi ricordi mentre compongo questa lettera e forse a percepire il suo decesso in parte addirittura come sollievo, quindi voglio lasciarvi con queste sue profonde parole. A 4 anni dalla tua scomparsa, ti porto sempre nel mio cuore. Grazie di tutto, caro Andrea. “La gente si dispera quando muore qualcuno. Ma la verità è che il morto sta bene (o comunque non prova nulla, a seconda della tua fede) mentre quelli che stanno male sono quelli ancora vivi. Basta pensare ai morti. ca**o se io muoio domani voglio vedere la gente che prende la cosa seriamente ma che già dal giorno dopo sia in giro a ridere, scherzare ed ubriacarsi. È inutile dispiacersi per uno che non c'è più. E assolutamente non voglio mancare di rispetto a chi ha subito una grave perdita. Dico solo che la tristezza è egoistica”
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Ciao a tutti sono Froome. Sono qua perché vorrei lasciare un messaggio nel topic di Andrea il 10 aprile. Apprezzerei se mi lasciate compiere questo gesto, non scriverò altri messaggi. Grazie