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ClaudioMuse

Addio Maggiolino

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Da la Repubblica:

 

“Morire è un'arte”, scriveva Sylvia Plath. E il Maggiolino, in quest’arte, è stato davvero maestro: il 10 luglio, a poco più di ottant'anni dall'inizio della sua gloriosa storia, Volkswagen nella fabbrica messicana di Puebla, sforna l'ultimo esemplare dell'automobile che ha segnato la storia. E l’eco dell’evento ha letteralmente sepolto l’annuncio che lo stesso colosso di Wolfsburg e molti altri big dell’auto hanno cercato di dare con più enfasi possibile. Quello relativo alla riconversione della gamma in elettrico.

 

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Basta un piccolo segno per capirlo: quella lapide che gli operai della fabbrica hanno appoggiato sul parabrezza dell’ultimo Maggiolino prodotto, un atto d’amore per un funerale che ha commosso mezzo mondo.
Esce di scena quel Maggiolino che è riuscito ad essere l’auto simbolo degli anni Quaranta, Cinquanta, Sessanta. Ma anche Settanta, Ottanta e Novanta e del nuovo millennio rimanendo sulla breccia per più di 80 incredibili anni.


Numeri, numeri e ancora numeri. Per capire: Il Maggiolino è stato prodotto in quasi 22 milioni di esemplari. Bisogna essere sotto il minimo sindacale d’intelligenza per non rendersi conto che questa Volkswagen ha segnato per sempre la storia del nostro secolo. E non solo dal punto di vista automobilistico, ma anche da quello sociale, umano, addirittura filosofico. Quella della piccola Vw è la storia di Davide e Golia, dei piccoli che con poche forze battono i grandi, la rivincita delle idee insomma.

 

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Un successo dovuto a due colpi di genio del suo inventore Ferdinand Porsche: motore posteriore boxer raffreddato ad aria e trazione posteriore. Pianale portante e uno spazio enorme per pilota e passeggeri. Oggi sembra una banalità, ma allora fu una grande intuizione. E come tale nacque: la leggenda vuole che lo stesso progettista gettò d’impulso i primi schizzi su pezzi di carta usati. Tecnica, audacia, formidabile coraggio. Siamo in pieno Reich nazista ma anche se Hitler vuole l’auto del popolo, il Maggiolino deve la sua straordinaria longevità e modernità non ai nazisti ma alla genialità del suo progettista. Chi pensa (e scrive) che questa Volkswagen sia figlia del Furer sbaglia di grosso: questa è una storia d’amore. Per il design, per la meccanica. Per il popolo: di fatto nasce la prima vera auto per tutti. E alla portati di tutti.

 

E’ vero, Hitler fa edificare una fabbrica apposita, in Bassa Sassonia, e una città intorno, la futura Wolfsburg, non lontana da Hannover. E' il 1938, nasce la Volkswagen. Ma sono i tempi (bui) della Germania, e il Maggiolino in questo inferno costituisce un raggio di luce: il giovanissimo ingegnere Ferdinand Porsche nel febbraio del 1938 manda già in strada i primi prototipi dell’auto. Si chiama Typ1 e macina tutti di fiato nell’autunno di quello stesso anno 50 mila km, senza il minimo inconveniente.  Il boxer quattro cilindri raffreddato ad aria, capace di raggiungere i 22,5 Cv di potenza, e il telaio con sospensioni a ruote indipendenti costituivano un avanzamento tecnologico inimmaginabile nel settore automobilistico.

 

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E nel dicembre del 1945 nello stabilimento Volkswagen (a proposito, era gestito dalle autorità militari britanniche, quindi Hitler non c’entra nulla), inizia la produzione delle prime berline destinate a diventare simbolo della rinascita tedesca dopo la seconda guerra mondiale. Così il Maggiolino dimostra subito la sua stoffa da macina record: la numero 10.000 lascia la fabbrica già nel 1946.

Attenzione, siamo in un periodo tosto, post-bellico, con il potere d’acquisto ridotto al lumicino: sono numeri pazzeschi per l’epoca. Ma il Maggiolino diventa già l’oggetto del desiderio di tutti. La prima vera "auto del popolo".
Oltre ai record, però, il Maggiolino sfoggia subito un’altra sua pazzesca caratteristica, che l’accompagnerà fino ai giorni nostri: la sua voglia di giocare. Già perché l’estate del 1948 Volkswagen tira fuori l’idea di creare una versione della Typ1 con la scocca aperta, una capote completamente apribile e ripiegabile e un posteriore curvo. Nasce la Cabriolet, un mito nel mito, anche qui sfruttando un’altra intuizione geniale di Ferdinand Porsche: la macchina ha il pianale portante, quindi la carrozzeria si può “affettare” a piacimento. Detto fatto.
Ma il successo del Maggiolino non si spiega solo dal punto di vista tecnico. Molto si deve al coraggio e alle innovazioni in fatto di marketing (anche se allora non si chiamava ancora così…) della Volkwagen che nel 1949 ha un’ida geniale: porta due modelli di Maggiolino all’Esposizione industriale tedesca a New York. È la consacrazione definitiva di un’auto destinata a diventare oggetto di culto: la Beetle, così ribattezzata dal New York Times, conquista gli USA.

 

Ma torniamo ai numeri. Il 5 agosto del 1955, dopo appena 10 anni di vita, il Maggiolino sfoggia subito il primo milione di auto prodotte. E anche qui, idea di marketing: il modello celebrativo viene presentato in color oro metallizzato, con gomma bianca ad incorniciare i cristalli, velluto e broccato rosso per gli interni. Come non innamorarsi? E infatti le vendite volano, la piccola Volkswagen è sempre più amata. Al punto di attirare l’attenzione della Walt Disney che nel 1968 con il film americano "Herbie, il Maggiolino tutto matto", lo rende ancora più famoso, con una saga che prosegue fino al 2005.

La febbre da Maggiolino è alle stelle ma la Golf di Giugiaro è alle porte e nel 1974 dopo trent’anni di trionfi, Wolfsburg cessa di essere la “città del Maggiolino”: l’ultima auto lascia la catena di montaggio dello stabilimento originale per spostarsi a Bruxelles e oltreoceano. Però “Herbie” non molla. Anzi: nel 1981 la produzione si sposta in Messico dove, nel 1992, si tocca il picco di venti milioni di esemplari prodotti.

Basti dire che dopo un inizio lento le vendite triplicarono rapidamente grazie anche al sostegno del governo messicano che, riducendo i prezzi del 20%, rese il Maggiolino l’auto più amata di tutto il Paese.  
 La produzione proseguirà fino al 2003, concludendosi con un modello, l’Ùltima Ediciòn, che segna la fine del ciclo di sviluppo messicano e di un’intera era dell’industria automobilistica: serie limitata con motore 1.6 a quattro cilindri 34 kW 44 CV, decorata con motivi floreali nei colori della bandiera messicana.

Nel frattempo però Volkswagen si è preparata per bene: nel 1994 fa debuttare la “Concept One” al Salone di Detroit, prima reinterpretazione dell’auto più famosa del mondo. Il pubblico è in delirio, sul tavolo di Ferdinand Piech, numero uno Vw e nipote di Porsche, piovono assegni in bianco per prenotare l’auto. Che puntualmente – nel 1998 – arriva nella versione di serie. Identica al prototipo, con tanto di vaso portafiori sul cruscotto e i fanali simili a enormi occhi. Tutto come deve essere.

Poi nel 2011 arriva anche la seconda serie, bellissima, ancora più simile al primo modello, quello originale. E viene presentato con un’anteprima transcontinentale, svelato contemporaneamente a Shanghai, Berlino e New York. Poi l’oblio. Ma si accettano scommesse: il Maggiolino è pronto a tornare, magari in versione elettrica, ma sempre con il suo inconfondibile design che ha affascinato più di 22 milioni di automobilisti.

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Il vero Maggiolino è stata un'icona, le versioni "recenti" sono state dei flop però. La 500 quantomeno ha venduto...

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concordo maggiolino nuovo non si è mai visto in giro, e neanche mi piace infatti.

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Modificato da crucco

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ho letto addio malgioglio

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Il 27/7/2019 Alle 13:50, Beyond ha scritto:

concordo maggiolino nuovo non si è mai visto in giro, e neanche mi piace infatti.

Un mio conoscente ha l'ultimo, quello del 2012. Non è male, ma troppo sportiveggiante per essere un Maggiolino vero e proprio.

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Il 27/7/2019 Alle 14:13, sterla ha scritto:

ho letto addio malgioglio

 

Freud. 

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Il 29/7/2019 Alle 10:01, PheelD ha scritto:

Un mio conoscente ha l'ultimo, quello del 2012. Non è male, ma troppo sportiveggiante per essere un Maggiolino vero e proprio.

Ho un bpaio di amici appassionati che hanno quello vecchio (cabrio).

Difficile trovare un letamaio peggiore, beve come un camion e va come uno skateboard.

Salvo lan inea disegnata da uno che ne sapeva.

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Ma infaaattiiii...

 

Preferisco la 2cv (Ente = anatra, in Germania), la Renault 4 e la 500. Ma anche la Dyane.

Modificato da crucco

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Ci mancherà

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