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The King of Spa

Le 20 Formula 1 più strane dal punto di vista aerodinamico

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In tanti decenni di Formula 1, il pubblico appassionato più attento ed esigente ha potuto apprezzare numerose vesti e configurazioni aerodinamiche, in una continua contaminazione e reciproco travaso di idee e soluzioni con l’intero panorama motoristico, in special modo europeo e nordamericano.

Prima della diffusione dei sistemi aerodinamici complessi – intesi, anzitutto, alla ricerca della deportanza – le monoposto di F1 palesano forme e soluzioni volte alla ricerca della miglior penetrazione aerodinamica possibile. Un indirizzo tecnico – da intendere quale stato dell’arte dell’epoca – in grado di concepire vetture eleganti e sovente originali. Tuttavia, l’acquisizione tanto graduale quanto inesorabile e inarrestabile dei concetti legati alla deportanza e all’effetto suolo ha, senza dubbio, contribuito ad offrire nuovo impulso alle linee delle monoposto di Formula 1, sino a quel momento “fossilizzate” su forme a “sigaro”, congeniali al raggiungimento di ottimali valori di Cx.

Grazie all’avvento dei profili alari deportanti e dei concetti tecnici legati all’effetto suolo, le monoposto di F1 diventano sempre più complesse ed elaborate. Un compromesso continuo tra deportanza e penetrazione aerodinamica, tra Cx (coefficiente di Resistenza) e Cz (coefficiente di Portanza). Ed ecco che i tecnici progettisti hanno dovuto e debbono ancora oggi affrontare questa particolare e problematica esigenza: armonizzare due concetti antitetici. La necessità di ottimizzare integralmente l’aerodinamica di una monoposto, dunque, ha portato alla nascita e allo sviluppo delle molteplici appendici aerodinamiche, da veri e propri profili alari a più complessi “flow conditioner”: deflettori, deviatori di flusso, generatori di vortici e così via. Elementi tecnici che, inevitabilmente, scolpiscono e caratterizzano le forme delle vetture. Le variazioni sul tema attorno ai dispositivi aerodinamici sono innumerevoli, fattore che, nel corso dei decenni, ha determinato una marcata varietà di soluzioni e quindi di linee.

Impossibile elencare e menzionare tutte le monoposto di F1 – realmente operative in Gran Premi o rimaste allo stadio di prototipo – che, in questo senso, si sono distinte per originalità e slanci innovativi. Cercheremo, pertanto, di tratteggiare un breve excursus che, al contempo, fornisca esempi utili a comprendere l’evoluzione tecnica – spinta agli eccessi – dei profili alari e dei “flow conditioner”. Il lettore più curioso potrà partire dai suddetti esempi – alcuni molto noti, altri meno – affinché possa indagare più approfonditamente attorno a questo vasto e spesso inesplorato campo.

Partiamo dal 2017, anno in cui la Formula 1 ha riscoperto e ulteriormente attualizzato, come noto, la famigerata pinna dorsale e ha introdotto una nuova famiglia di “flow conditioner”, le altrettanto famigerate T-Wing. Elementi, questi, apprezzabili sotto ogni punto di vista e che, nel loro piccolo, incarnano appieno l’autentico spirito che deve caratterizzare la Formula 1: esasperazione, ricerca della massima efficienza, interpretazione e aggiramento dei regolamenti tecnici, varietà di soluzioni e configurazioni, innovazione, libertà di progetto. Eppure, nonostante queste ottime premesse, FIA e team (lo chiamano “Strategy Group”…) hanno optato per una sostanziale messa al bando – prevista per il 2018 – di questi elementi aerodinamici estremi, i quali stanno vivacizzando le cronache tecniche della F1 odierna. Un taglio in nome della “estetica” (!) e della “sicurezza” (!). Il risultato, ahinoi, sarà un regolamento tecnico ancor più vincolante e standardizzante.

Alle pinne dorsali e alle T-Wing spetta il destino, triste e ingiusto, riservato alle appendici aerodinamiche ritenute (a torto) eccessivamente esasperate o pericolose. Dovrebbe essere la selezione naturale a decretare le strade tecniche intraprese dai tecnici e la vita o la morte degli elementi aerodinamici stessi, non la volontà distorta di qualche legislatore o di team in perenne contraddizione con se stessi.

Alla fine degli Anni ’60, i profili alari deportanti iniziano a conquistare terreno. Una avanzata inarrestabile. I progettisti dell’epoca – che la sanno lunga e a cui non manca intuito… – mettono a punto alettoni primordiali, semplici (un solo profilo alare, spesso privo di paratie verticali), fragili (i sostegni, sottili, tendono a deformarsi e spezzarsi) ma concettualmente ineccepibili, ossia posizionati particolarmente in alto (anteriormente e posteriormente), zona in cui il flusso d’aria risulta meno perturbato (l’ala è più efficiente). Nascono le prime monoposto “alate”, alcune davvero estreme. Ma per apprezzarne l’apice, bisogna tirare in ballo per un momento la Brabham BT23C di Formula 2. Al GP d’Albi (Francia) del 20 ottobre 1968, Jochen Rindt porta in gara questa vettura, gestita dal Roy Winkelmann Racing, provvista di enorme e altissima ala biplano, posizionata proprio sopra il pilota. Una “aero bizarre” seconda solo alla Chaparral 2H Can-Am in versione Laguna Seca 1969.

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Nel 1971, la March 711 sorprende per le inedite soluzioni aerodinamiche. A colpire, nella vettura progettata da Frank Costin e Geoff Ferris, è la caratteristica ala anteriore alta e a pianta ellittica, di chiara derivazione aeronautica (Supermarine “Spitfire”), posizionata al di sopra dell’arrotondato e “paffuto” muso grazie ad un sostegno centrale. Una vettura, purtroppo, entrata nelle classifiche (stilate da beceri, rozzi, improvvisati esperti di motorsport) delle F1 più brutte. Ancora oggi, invece, la March 711 rappresenta una delle F1 più significative, interessanti ed originali di tutti i tempi. Concettualmente simile alla March 711 è la Theodore TY01 del 1981, monoposto disegnata da Tony Southgate. Tra gli Anni ’70 ed i primissimi Anni ’80, i tecnici si affidano spesso a grandi ali anteriori a sbalzo e a tutta larghezza; esse presentano piante differenti (trapezoidali, rettangolari, a delta) e varie altezze da terra. La TY01 estremizza e attualizza – grazie alla sua ala alta a pianta a delta ritagliato – quanto fatto dalla March con la 711. In particolare, nel 1981, tornano in voga ali anteriori particolarmente vistose, intese a ripristinare il carico deportante perduto attraverso l’abolizione delle minigonne mobili e l’introduzione dell’altezza minima dal suolo (6 cm).
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1975, è ancora la March a stupire. La 751 – evoluzione della 741 – è vettura competitiva, genitrice della longeva e ugualmente valida 761. La 751 milita sotto le insegne del Beta Team March, Lavazza March e Team Penske. A renderla celebre ci pensa il nostro Vittorio Brambilla, autore di una pole-position (Anderstorp) e di una vittoria (Österreichring). Ma a rendere la arancione 751 “Beta” ancor più celebre ci pensa un curioso e basso alettone posteriore, dalle squadrate paratie verticali particolarmente vistose e lasciate in “natural metal finish”. Alla loro base – ossia a valle delle ruote posteriori – trovano posto due piattaforme rettangolari (una per lato), verosimilmente atte a pulire i flussi in scia. L’esperimento non ha seguito.
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Gli Anni ’70 costituiscono la prima età dell’oro per quanto riguarda lo studio e l’applicazione di elementi aerodinamici complessi e sempre più efficienti. Le monoposto di F1 si differenziano e si sviluppano velocemente soprattutto grazie alle ricerche in tale settore. Il compromesso tra deportanza (parametro sempre più ambito e determinante ai fini delle prestazioni) e riduzione della resistenza all’avanzamento diventa primario. Nel 1978, la McLaren M26 affidata a James Hun presenta, in occasione delle prove libere del GP di Spagna, un profilo alare anteriore supplementare a pianta rettangolare – posto sopra il muso e sorretto mediante due sostegni – in aggiunta alle due canoniche semiali ai lati del musetto stesso. Una veste che, nella sostanza, modernizza quanto fatto dai costruttori a fine Anni ’60. Il concetto, benché non abbia seguito in casa McLaren, verrà ripreso e aggiornato – con più o meno successo – in anni successivi, dalla Arrows A5 del 1982 (la sua vistosa ala anteriore alta sorretta da tralicci non va al di là di qualche test in previsione della stagione 1983) alla Lotus 81 (testata posizionando un secondo alettone sopra il muso), sino alle biposto Prototipo, su tutte le Porsche 956 e 962 Gruppo C/IMSA GTP dotate di ala anteriore posta sopra il muso (configurazione ad alto carico per tracciati lenti).
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A fine Anni ’70, Tyrrell prima e Alfa Romeo dopo giocano la carta delle ali anteriori a freccia negativa a corda costante. Il costruttore britannico lo fa con la originale 008 del 1978 disegnata da Maurice Philippe, la Casa del Biscione sfoderando, tra il 1979 ed il 1980, la 179, progettata dal duo Chiti-Choulet. Sebbene la soluzione sia alquanto interessante, inedita (un’ala a freccia negativa funziona in modo opposto rispetto ad un’ala a freccia positiva, ossia i flussi scorrono, sul profilo, dall’esterno verso l’interno) e degna di ulteriori studi e applicazioni, l’ala a freccia inversa di fatto scompare dalle scene della F1. Riappare nel 1983, ancora grazie alla Tyrrell, tra i costruttori storicamente e tradizionalmente più attivi e propensi a guizzi di originalità. La poliedrica 012, in alcune sue sporadiche apparizioni, sfoggia un singolare alettone posteriore a freccia negativa (soprannominato “boomerang”), qualificato da pronunciati angoli di freccia. L’alettone, sorretto da un sostegno centrale e, inoltre, connesso ad apposite paratie verticali poste ai lati delle corte fiancate, sfrutta la larghezza massima regolamentare della carrozzeria. A valle dell’ala e dell’intera vettura, trova posto un profilo alare supplementare, assai più stretto.
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Due ali posteriori separate. La 012 è una variazione sul tema – decisamente più estrema – di quanto sperimentato dalla Lotus con il modello 76 del 1974. Protagonista di un breve ciclo operativo, la bellissima 76 presenta due profili alari separati e disposti a schiera (ciascuno provvisto di derive verticali di estremità di ridotte dimensioni), connessi tra loro mediante appositi sostegni. Una soluzione interessante, presto abbandonata dalla stessa Lotus, che però racchiude al proprio interno il seme dei più classici alettoni posteriori in voga per tanti anni, provvisti di più livelli di profili, disposti, appunto, a schiera. Una interpretazione, quella della Lotus 76, che non passa inosservata: nel 1976, infatti, sulla McLaren M23 viene testato un profilo alare (una semiala per lato) posteriore supplementare, posto sotto quello principale e assai vicino al suolo. Esperimento anch’esso caduto nel vuoto.
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Tra le applicazioni più interessanti, circa alettoni posteriori dotati di molteplici profili alari, vale la pena menzionare quanto fatto dalla Lotus nel 1983. L’abolizione delle minigonne e l’introduzione del fondo piatto tra le ruote anteriori e quelle posteriori determina una drastica riduzione dei valori di deportanza. I tecnici progettisti ricorrono all’uso di grandi ali, tanto all’avantreno quanto al retrotreno. La Lotus, che nel 1983 schiera ben tre modelli di monoposto (92, 93T e 94T) e due motori diversi (Cosworth V8 aspirato e Renault V6 Turbo), sperimenta un particolare alettone posteriore munito di quattro profili alari, disposti a schiera e di corda ridotta. Caratteristica, questa, che rende l’alettone assai sottile nella vista laterale.
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In generale, le nuove norme aerodinamiche entrate in vigore nel 1983 conducono ad un rapido incremento del numero e delle dimensioni dei profili alari. Tra il 1983 ed il 1985, è tutto un fiorire di alettoni. Spiccano, in prima battuta, i piccoli alettoni supplementari posteriori (posti a monte dell’ala principale, a sfruttare la larghezza massima della carrozzeria ed integrati tra loro o all’alettone principale mediante paratie prolungate ed ulteriori profili alari centrali) introdotti dalla Ferrari e, in seconda battuta, autentici doppi alettoni. Abbracciano questa ultima, interessantissima scuola di pensiero le Toleman TG183B e TG184 progettate da Rory Byrne (quest’ultima presenta l’ala avanzata direttamente connessa al fondo piatto), la Tyrrell 012 (la soluzione viene sperimentata, ad esempio, in occasione della Race of Champions del 10 aprile 1983), la Spirit 201 e 201C (monoposto che, inoltre, presentano una originale soluzione al livello di ala posteriore-profilo estrattore), la Ligier JS21 (originale e degno di nota il suo complesso alare-estrattivo che integra anche i radiatori, particolarmente arretrati). L’astuzia di ricavare alettoni supplementari avanzati – ossia davanti alle ruote posteriori e a valle delle fiancate – capaci di sfruttare la massima estensione trasversale della carrozzeria e in aggiunta al più classico alettone compreso tra le ruote posteriori, trova terreno fertile anche in Ferrari. Nel biennio 1979-1980, le 312T4 e T5 presentano, in occasione dei GP di Monaco, un alettone posteriore avanzato (pianta a delta ritagliato), posto a valle della carrozzeria posteriore e sorretto anche mediante un attacco a traliccio, la cui apertura alare è pari alla larghezza massima della carrozzeria stessa. Nel 1980, viene anche testata una particolare ala anteriore, di apertura ridotta ma di pianta sempre trapezoidale (o rettangolare rastremata).
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Profili alari supplementari, concettualmente molto simili alle applicazioni datate Anni ’80, le ritroviamo a metà Anni ’90. I primi profili alari supplementari – posti più in alto e in posizione avanzata rispetto all’alettone posteriore – compaiono nel 1993(Footwork FA14, Jordan 193), per poi dilagare nel 1994. Nel 1995, scomparsi i profili alti, prendono piede (sono già apparsi nel 1994, ad esempio sulla Williams FW16B) i piccoli alettoni supplementari, laterali e avanzati rispetto al grande alettone posteriore, posti in corrispondenza delle ruote posteriori, integrati all’alettone principale mediante prolungamenti delle paratie laterali di quest’ultimo e che sovente vanno ad integrarsi alla zona più arretrata delle fiancate. Una soluzione che, già nel 1986, la Brabahm BT55 propone, grazie ai suoi piccoli alettoni supplementari ricavati a valle delle lunghe fiancate.
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La fine degli Anni ’90 coincide con un periodo in cui la ricercatezza e la complessità aerodinamica iniziano a toccare livelli ragguardevoli. Le vetture si trasformano sempre più in intricati intrecci di profili alari e “flow conditioner” di varie natura, forma e funzione. Un fenomeno inarrestabile che prosegue tutt’ora, nonostante le pesanti limitazioni datate 2009 volte ad eliminare in un sol colpo tutte le appendici aerodinamiche (e non solo) che ricoprono il corpo vettura sino al 2008 (profili alari, schermature delle ruote posteriori, ciminiere di raffreddamento, ecc.).

Siamo ancora negli Anni ’90. Nel 1995, le McLaren Mp4/10 e Mp4/10B presentano un curioso alettone supplementare centrale. Esso trova posto sopra il cofano motore. Una soluzione originale che la stessa McLaren ripropone nel 1996 con la Mp4/11 e che la Jordan, nel medesimo anno, introduce sulla bellissima e altrettanto interessante 196 (la foto mostra bene anche gli alettoni supplementari laterali e avanzati).
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Nel 1997, è ancora la Tyrrell a proporre una soluzione aerodinamica degna di nota. La bellissima 025 sfoggia i famigerati candelabri (tower wings), piccoli alettoni supplementari posti in corrispondenza delle fiancate. I profili alari deportanti sono posti in alto, alla medesima altezza della presa d’aria dinamica per il motore. L’intera struttura comprende – oltre agli alettoni – i vistosi sostegni, connessi alle fiancate e alle protezioni laterali per la testa del pilota. L’idea non si rivela lettera morta: nel 1998, la Tyrrell 026, la Prost AP01, la Ferrari F300, la Sauber C17 e la Jordan 198 mettono a punto interessanti variazioni sul tema. Caratteristici i candelabri studiati dalla Ferrari (con questa vettura, Schumacher e Irvine conquistano rispettivamente il 2° e 3° posto al GP di San Marino, Imola), dai sostegni verticali asimmetrici: bordo d’uscita rettilineo per quello di sinistra, concavo per quello di destra.
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Nel 1999, è la Prost AP02 a distinguersi. Le fiancate – debitamente sagomate e “schiacciate” in corrispondenza delle bocche delle prese d’aria di raffreddamento – ospitano due generatori di vortici. Ancora nel biennio 1998-1999, troviamo una ulteriore soluzione interessante. Le protagoniste sono le Benetton B198 e B199, monoposto che, a monte delle prese d’aria laterali di raffreddamento, presentano un curioso profilo alare sormontato da un deviatore di flusso.
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2001. Il GP di Monaco di quell’anno conosce due tra le più curiose “aero bizarre” mai sperimentate. La Jordan EJ11 presenta un profilo alare centrale a candelabro, posto sul muso in corrispondenza del piccolo parabrezza. La Arrows, dal canto suo, modifica la A22 mediante l’installazione di un vistosissimo alettone anteriore supplementare (provvisto di due profili), ancorato mediante sostegni a “V” alla parte più avanzata del muso e posizionato molto in alto, a sfruttare l’altezza massima concessa dal regolamento. Entrambi i sistemi vengono immediatamente banditi dalla FIA per ragioni di sicurezza.
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Prima di arrivare ai deviatori di flusso verticali posti sul muso della BMW Sauber F1.06 (2006), prima delle corna installate ai lati dei cofani motore delle McLaren Mp4/20, Mp4/22 e BMW Sauber F1.07 e dei deviatori di flusso ad “orecchie” ricavati sui musi della BMW Sauber F1.08, McLaren Mp4/23 e Honda RA108 (siamo nel 2008), ci sono le curiose chiglie della Arrows A23 (2002-2003) e Williams FW26 (2004). La chiglia – struttura così nominata preposta all’ancoraggio dei bracci inferiori della sospensione anteriore – può essere di diverse tipologie: singola e centrale, doppia verticale, a V (Renault e Red Bull, ad esempio), a diedro negativo. Ma può essere anche essente, come avviene ormai da anni; in questo ultimo caso, i bracci di sospensione sono ancorati direttamente ai lati inferiori del muso/scocca, così da favorire uno scorrimento più libero dei flussi d’aria sotto il muso. La Arrows A23 presenta, per la prima volta, una doppia chiglia verticale dalla duplice funzione; non solo strutturale (ancoraggio dei bracci di sospensione, appunto) ma anche aerodinamica (liberare la zona sottostante al muso, fungere da deviatore di flusso). Tale configurazione verrà mantenuta pressoché inalterata sulla Super Aguri SA05 del 2006, niente altro che una Arrows A23 modificata e adattata ai nuovi regolamenti. La Williams FW26 del 2004 – che si distingue anche per l’originale muso a tricheco – presenta una innovativa doppia chiglia a diedro negativo. Lampante la doppia funzione, strutturale ed aerodinamica.
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A chiudere, un accenno circa i deviatori di flusso posti tra ruote anteriori e pance laterali (turning vanes, bargeboard), diffusamente in uso sin dal 1993. Ebbene, questi elementi appaiono per la prima volta nel corso della seconda metà degli Anni ’80 per poi essere inspiegabilmente abbandonati. Un fenomeno tecnico-storico dimenticato e mai menzionato. Ligier JS25, McLaren Mp4/2B, Renault RE60, Lotus 97T e 98T, Arrows A8 e A11 (particolarmente ricercati i deviatori delle vetture disegnate rispettivamente da Dave Wass e Ross Brawn), Zakspeed 861 e 871, Benetton B186 e B187, Ligier JS27 sono tra le auto che portiamo ad esempio circa queste iniziali applicazioni attorno ai deviatori di flusso.
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Una moltitudine di soluzioni e forme, dagli Anni ’60 ad oggi. Molte realmente redditizie, altre meno, ma tutte accomunate da un denominatore comune: la libertà di progetto. Purtroppo, questo elemento costitutivo e che deve essere alla base del motorsport viene sovente mortificato ed ucciso dai legislatori. E quando qualche soluzione “esotica” viene arginata e bandita dai legislatori, non c’è mai da gioire, ma solo da meditare e recriminare. Dalle prime bizzarrie alari alle T-Wing: quale sarà la prossima “aero bizarre”?

Scritto da: Paolo Pellegrini

http://www.circus/2017/05/20-formula-1-strane-dal-punto-vista-aerodinamico.php

 

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Aggiungerei:

 

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E ci si lamenta dello stato odierno...adesso abbiamo miniaturizzato il concetto almeno...

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Le vetture ad oggi sono molto più pulite e meno particolari direi. Degne di nota direi l'ala a cucchiaio introdotta da Mercedes penso già dal 2015, il sistema di pance e deviatori di flusso Ferrari 2017, altre cose "particolari" non me ne vengono.

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Il caccia :asd:

 

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Dai, altri piccoli sforzi...

 

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Particolare menzionato nell'articolo

 

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Pance a L

 

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Modificato da The King of Spa

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la jordan citata

 

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ligier js5

 

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la brabham bt46 fancar

 

 

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Caterham 2014

 

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Lotus E22

 

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Ensign N179

 

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BMW Sauber F1 2008

 

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Brabham BT26

 

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Eifelland Type 21

 

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Brabham BT34

 

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Ferrari F2005

 

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Ligier JS21

 

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Le prime due più che di stranezze aerodinamiche sono frutto di regolamenti demenziali

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La F2005 non è un photoshop? non l'avevo mai vista

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La F2005 non è un photoshop? non l'avevo mai vista

 

Vero...decisamente un photoshop...mi sono lasciato ingannare dalla buona realizzazione...pensavo fosse qualche test sperduto nella mia memoria...infatti ho trovato la stessa foto...f2005.jpg

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La Eagle 81 di formula Indy non scherza

 

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La primissima Spirit Honda Turbo del 1983 alla corsa dei Campioni

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torniamo a Indy, fine anni '60

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Fantastica! Non voglio pensare alla sicurezza del pilota... :blink:

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In poche parole un sidecar...

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Faccio fatica a trovare strane le appendici della Jordan o della Arrows. La pratica di piazzare alettoncini un po' ovunque non era una novità (quello della MP4/10 è uno dei peggiori esempio). Quel che trovo strano è come i tecnici della BMW possano aver pensato che quei cosi potessero non essere banditi all'istante.

Intanto propongo una di quelle vetture che non hanno mai corso, la Kauhsen.

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Adoro le pance triangolari della Lambo 291, forse l'auto col più bel suono mai sentito in una gara di F1 (non dal vivo, purtroppo),

 

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