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The King of Spa

Ferrari 312B

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18 giugno 2013 – La 312B poteva essere la vettura del riscatto di Chris Amon dopo anni di purgatorio alla corte di Enzo Ferrari ed invece fu la monoposto che permise a Jacky Ickx, di sfiorare il titolo di Campione del Mondo nel 1970. La sua storia inizia proprio nell’autunno del 1969 all’Aerautodromo di Modena, la pista che prima dell’avvento di Fiorano, costituiva il banco prova delle vetture fabbricate a Maranello. Sfortunata nel dramma, poiché perse sia il Mondiale Piloti che quello Marche, ad appannaggio della Lotus iridata postuma con Jochen Rindt.

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E fu proprio l’abile pilota neozelandese, uno dei pochi top driver a non aver mai vinto un Gran Premio di F1, a tenere a battesimo la nuova nata della Scuderia. Ritenuto dallo stesso Forghieri un sublime collaudatore, Amon era stato il primo a sedersi dentro all’abitacolo della nuova 312 B. Una Ferrari diversa da quelle che l’avevano preceduta, in quanto non era più caratterizzata dal vecchio V12 di 60° evoluto fino alla versione a 48 valvole, ma era spinta da un propulsore diverso. Un motore con la V aperta fino a 180°, nato per riportare in alto la Rossa dopo un periodo di inferiorità tecnica rispetto ai noti garagisti inglesi.

Enzo Ferrari voleva fortemente tornare ad imporsi e rilanciare il proprio ruolo di costruttore totale, conquistando le due classifiche del Mondiale. Per la verità il Commendatore teneva molto e soprattutto a quella Marche, che legittimava in particolar modo i meriti della vettura che conquistava l’ambita corona. Mauro Forghieri insieme alla sua equipe di tecnici, lavorò sul progetto di un rivoluzionario motore dalle bancate molto aperte, per favorire i primi sviluppi aerodinamici della storia e incrementare le doti di guidabilità della 312 B. Abbassare il baricentro grazie ad un’unità motrice concepita per tale scopo, permetteva anche di aumentare la maneggevolezza e liberare il flusso di “aria pulita” nella zona dell’alettone posteriore. Inoltre, la Franklin, un’azienda costruttrice di aeroplani americana, è alla ricerca di un propulsore piatto da inserire nelle ali dei propri velivoli e il nuovo 12 cilindri Ferrari sembra fare al caso suo. La prospettiva di costruire una motore da corsa da vendere anche per altri scopi, sarebbe un interessante voce in positivo da aggiungere al bilancio aziendale per tenere tranquilla la Fiat. Purtroppo la ditta statunitense poco dopo fallisce e l’accordo per l’impiego del V12 “piatto” rimane solo un’utopia. Il reparto corse di Maranello inizia a collaudare il propulsore su una vettura Sport, la 212E di 2 litri con la quale lo svizzero Peter Schetty, vinse a mani basse nel 1969 il titolo Europeo della Montagna.

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L’ottimo comportamento su strada di quel 2 litri, induce la Ferrari all’ottimismo perché il “fratello maggiore” destinato alla massima formula, pesa solo 145 Kg e rispetto al precedente V12 da 60° dispone di una importante riduzione delle masse. In più il nuovo motore è corto e compatto con attriti interni ridotti, poiché Forghieri aveva montato l’albero a gomiti su soli quattro supporti di banco in luogo dei canonici sette. In alternativa i tecnici di Maranello, avevano previsto che un quinto (supporto) si sarebbe potuto aggiungere se la rigidezza dell’unità non si fosse dimostrata sufficiente all’atto pratico. In sostanza, il 12 cilindri da 180° era formato da tre gruppi di quattro cilindri contrapposti, tra i quali sono interposti due supporti di banco, mentre gli altri due si trovano alle estremità. Per smorzare le eccessive vibrazioni riscontrate nei primi esemplari, in Ferrari decisero di inserire tra l’albero a gomiti e il volano uno speciale giunto di gomma appositamente fabbricato da Pirelli. L’idea fu azzeccata e risolutiva in tal senso e sistemati anche i problemi di surging sempre sull’albero motore, il propulsore era pronto per essere alloggiato in una vettura. Ovviamente si trattava anche in tal caso di una nuova vettura che avrebbe mandato in pensione la 312 F1 utilizzata durante il campionato del 1969. La tipologia costruttiva impiegata dalla staff coordinato da Forghieri, è quella della monoscocca con una trave posteriore che sostiene il motore e l’alettone. La struttura del telaio è in tubi d’acciaio rivestiti di pannelli di alluminio rivettati.

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In quegli anni, l’aerodinamica imponeva ai progettisti di ridurre il più possibile la sezione frontale per diminuire la resistenza dell’aria, cercando ovviamente di mantenere elevato ed efficace il carico aerodinamico. Tuttavia a differenza della rivale che in quella stagione le contenderà il titolo, la Lotus 72, la Ferrari 312B possedeva ancora il radiatore montato in posizione anteriore all’interno del muso. La vettura inglese famosa per essere la prima con le masse radianti poste ai lati del pilota, estremizzava oltre ogni limite il concetto della forma a cuneo in funzione di una migliore penetrazione aerodinamica. La sospensione anteriore della Rossa era costituita da un bilanciere superiore e da un triangolo inferiore, che comprendeva un gruppo molla elicoidale-ammortizzatore coassiale interno, fabbricato dalla Koni e la barra antirollio.

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Per la sospensione dietro, fu scelto un triangolo rovesciato inferiore con una bielletta nella parte superiore, al quale si aggiungeva un doppio tirante di reazione. Il gruppo molla ammortizzatore, sempre fabbricato dalla Koni era di tipo elicoidale coassiale esterno con l’ausilio della barra antirollio. I dischi dei freni forniti dalla Girling erano montati alle ruote, mentre il diametro degli stessi era di 270mm e l’impianto era alimentato da due circuiti frenanti. I serbatoi del carburante in schiuma cellulare avevano una capacità massima di 220 litri. Gli pneumatici impiegati all’epoca erano ancora di tipo scolpito, che si avvaleva della carcassa a tele incrociate. In qualche caso risultava difficile scaricare a terra tutta la potenza disponibile da parte del propulsore, perciò alcuni costruttori optarono nel periodo 68/69 per monoposto dotate di trazione integrale.

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La competitività di queste ultime fu alquanto scarsa, poiché, né Matra né Lotus riuscirono ad impressionare. Tuttavia rimase finché i regolamenti lo permisero, una strada percorribile per il futuro. Quando Forghieri iniziò a progettare la 312B, le vetture con quattro ruote motrici non erano ancora state bandite dalla F1, quindi il tecnico emiliano tenne presente anche questo principio nel disegnare la nuova vettura di Maranello. Logicamente trattandosi di un’accoppiata telaio e motore completamente nuova, c’era la necessità di approfonditi collaudi e messa a punto per svezzare al meglio macchina. I primi giri di pista con Amon al volante sono incoraggianti, tanto che il 12 cilindri esprime fin da subito ottime doti di coppia e potenza. Rispetto al vecchio propulsore a V stretta, quello piatto sviluppa una potenza iniziale di 450 cv, contro i 420 dell’unità precedente ed è attestato di un regime di rotazione maggiore di circa 500 giri (11.000 contro 11.500).

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Tutto ciò collocava la Ferrari un gradino sopra ai migliori Cosworth DFV in previsione dell’inizio del Mondiale 1970. Fatta la macchina, c’era ovviamente la necessità di allestire intorno ad essa una valida squadra. Durante l’autunno precedente, uno stanco Chris Amon, cedette alle lusinghe della Matra e passò al team francese senza mai aver conquistato una vittoria iridata per la scuderia modenese. L’altro pilota di allora, Pedro Rodriguez, ingaggiato nell’ultima parte della stagione 69 firmò con la Brm e così dalla Brabham fece ritorno Jacky Ickx. Per tali motivi si iniziò a correre in campionato con una sola monoposto. Al primo GP in Sud Africa il belga si ritirò per un guasto al motore, mentre in Spagna venne urtato al primo giro dalla Brm di Jackie Oliver. Le due vetture uscirono di pista e si incendiarono. Entrambi i piloti si salvarono, perché la breve esposizione al fuoco, unita all’ausilio di tute ignifughe e al tempestivo avvio dell’impianto estinguente di bordo li protesse.

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Ickx ebbe la peggio, ma se la cavò solo con qualche ustione superficiale che non gli impedì di essere presente alla gara successiva. A Montecarlo, la serie nera del ferrarista belga pare continuare, poiché passando inavvertitamente sopra ad una bottiglia che rotola in mezzo alla pista con la ruota posteriore, fa cedere un semiasse ed è costretto al ritiro. In quel momento la Gestione Sportiva di Maranello, stava pensando ad un secondo pilota da affiancare ad Ickx e che possa portare concretamente punti al team nel Mondiale Costruttori. Due erano i candidati in lizza: l’italiano Ignazio Giunti e lo svizzero Clay Regazzoni. Enzo Ferrari fece disputare a turno, un Gran Premio a ciascuno di loro. In Belgio toccò per primo a Giunti che arrivò subito quarto, mentre in Olanda fu la volta di Regazzoni, il quale chiuse la gara nella medesima posizione.

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Alla fine la scelta del Commendatore cadde su Clay, che divenne quindi il compagno di Ickx fino al termine della stagione. La 312B superati i malanni di gioventù si dimostra veloce, affidabile e competitiva in gara. In occasione del GP di Germania, disputato per la prima volta sul tracciato di Hockeneheim, potrebbe anche arrivare la tanto agognata vittoria. Una gara ricca di colpi scena, soprattutto per via del duello corpo a corpo nel finale tra la Lotus 72 di Rindt e la Ferrari di Ickx. Jacky all’ultimo giro è in testa tallonato dall’austriaco, ma si fa sorprendere da Jochen che lo passa con una staccata da brividi alla chicane prima del Motodromo. L’arrivo fu in volata e il ventottenne di Graz, prevalse di un soffio sul belga del Cavallino. Nel post gara, Ickx ammise di essere rimasto sorpreso dalla manovra di Rindt, poiché credeva che l’alfiere della Lotus si trovasse più distante da lui in quel momento. Un secondo posto per la Ferrari che per la prima volta sale sul podio con la 312 B.

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Ma per la vittoria è solo questione di tempo, perché due settimane dopo il carrozzone della F1 arrivò a Zeltweg per il GP di casa dell’attuale leader della graduatoria piloti Jochen Rindt. Nella giornata di festa preparata dai tifosi per l’idolo locale, sarà però la Rossa di Maranello a trionfare. Per la Ferrari si tratta infatti di una doppietta, con Ickx che coglie il primo successo stagionale davanti al compagno Regazzoni, autore anche del giro più veloce in gara. Il bis arrivò tre settimane dopo a Monza con il pilota ticinese che riuscì nell’impresa di aggiudicarsi il suo primo GP in carriera a bordo di una Ferrari. La folla era in delirio per il trentunenne elvetico, ma italiano d’adozione, che li aveva infiammati in quel pomeriggio di settembre. Una giornata partita in sordina in seguito alla tragedia avvenuta solo ventiquattro ore prima durante le qualifiche, che vide la morte di Rindt in seguito ad un drammatico incidente alla staccata della curva Parabolica.

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L’austriaco riuscirà comunque a restare in vetta alla classifica, aggiudicandosi così il Mondiale assegnatoli postumo a fine stagione. Ma la 312B ormai era la vettura più competitiva del lotto, come dimostrato da due doppiette e due pole position ottenute negli ultimi tre GP dell’anno. Ickx, autore di due vittorie su tre durante la trasferta del Circus in America, poteva anche superare Rindt e fare suo il titolo. Tuttavia il belga non riuscì nell’impresa e giunse secondo dietro al compianto Jochen. Regazzoni al suo primo anno in F1, pur non disputando tutte le gare in calendario si classificò terzo in graduatoria. Nella classifica costruttori, quella tanto amata da Enzo Ferrari, la Scuderia giunse anche in quel caso seconda distanziata di soli sette punti dalla vincitrice Lotus. Per il 1971, tutto lasciava presagire che la compagine di Maranello potesse fare finalmente suo il Mondiale, ma non aveva fatto i conti con la nuovissima arma di Jackie Stewart, la Tyrrell 001 e 002. Purtroppo le vetture della serie 312 B non riuscirono mai a trionfare nel campionato del mondo, perché anche nel 1974 al suo ultimo anno di attività prima di fare posto alla 312T, la Rossa perse il titolo a Watkins Glen con Regazzoni che dovette soccombere a Fittipaldi e alla McLaren. Per questo motivo, la celebre monoposto del Cavallino Rampante si merita senza dubbio l’appellativo di “regina senza corona”.

Scheda tecnica

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Motore
Numero cilindri e disposizione: 12 a V di 180°, centrale posteriore, basamento e testate in lega leggera, canne cilindro riportate in ghisa speciale, albero motore su 4 supporti di banco. Cilindrata 2991 cc. Alesaggio (mm) 78,5. Corsa (mm) 51,5. Velocità media del pistone (m/sec): 19,74 a 11500 giri. Rapporto di compressione 11,5:1 Potenza massima CV/giri 450/11500. Distribuzione bialbero a camme in testa (catena), 4 valvole per cilindro. Alimentazione iniezione diretta Lucas, accensione Marelli transistorizzata. Lubrificazione a carter secco, due radiatori olio. Raffreddamento ad acqua forzata con radiatore anteriore.

Trasmissione
Trazione posteriore. Frizione multidisco a secco con comando idraulico. Cambio Ferrari a cinque rapporti non sincronizzati + RM. Differenziale autobloccante. Cerchi anteriori 9″x13″, posteriori 14,5″x15″. Pneumatici anteriori 5.00/10.00 – 13, posteriori 12.50/25.00 – 15.

Corpo vettura
Monoposto, telaio semi-monoscocca in tubi d’acciaio e pannelli di alluminio rivettati. Sospensione anteriore a ruote indipendenti con bilanciere superiore, triangolo inferiore, gruppo molla elicoidale-ammortizzatore (Koni) coassiale interno, barra antirollio. Sospensione posteriore a ruote indipendenti con triangolo rovesciato inferiore, bielletta superiore, doppio tirante di reazione, gruppo molla elicoidale-ammortizzatore (Koni) coassiale esterno, barra antirollio. Freni a disco autoventilanti Girling montati alle ruote, diametro dischi 270 mm, due circuiti frenanti. Sterzo Ferrari a cremagliera. Serbatoi carburante: in schiuma cellulare, capacità 220 litri.

Dimensioni (in mm) e peso
Passo 2385. Carreggiata anteriore 1570. Carreggiata posteriore 1580. Peso a vuoto (Kg) 540.

 

Fonte F1Passion

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