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Honda: quando i giapponesi volevano essere come la Ferrari

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23 gennaio 2013 – La lunga storia del marchio Honda in Formula 1, ha origine quando ancora questo sport era agli albori nell’acquisizione della tecnologia. Eppure i nipponici, sono stati almeno in quegli anni, all’avanguardia per quanto riguarda l’audacia nelle scelte operate circa la costruzione delle proprie monoposto da Gran Premio. Tutto nasce nel 1964, quando non sono nemmeno quattro mesi che il colosso di Tokyo aveva avviato la produzione di veicoli a quattro ruote, da affiancare a quella già consolidata delle motociclette.

 

Il team per la F1 è completamente giapponese dalla testa ai piedi, tanto che, ingegneri, meccanici e logistica sono tutti provenienti dalla realtà interna alla fabbrica. Questo nelle intenzioni di Soichiro Honda, è il piano per diventare un costruttore totale al pari di Enzo Ferrari. Un’ambizione mai dichiarata, ma comprensibile visto il senso di appartenenza e dell’onore che contraddistingue da sempre la gente del Sol levante. Il primo prototipo nato nelle officine Honda nel 64, è denominato RA270 ed è una vettura alquanto insolita per via della disposizione trasversale del motore, un dodici cilindri di 1500 cc. come da regolamentazione dell’epoca.

 

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A colpire guardandola ancora oggi, oltre alla livrea dorata, sono gli scarichi che escono singolarmente diritti da ogni cilindro e donano al posteriore l’inquietante la forma di una batteria antiaerea. I primi collaudi sono affidati nientemeno che a Jack Brabham, che porta in pista la monoposto giapponese per i primi km di rodaggio. L’australiano già impegnato con il suo team in F1 mostra interesse per il progetto Honda, tanto che qualche anno dopo utilizzerà i motori della casa di Tokyo nel campionato di F2, vincendo tutte le gare dell’edizione 67.

 

Intanto già nel 1964, avviene il debutto ufficiale in un GP di F1 con il pilota americano Ronnie Bucknum, il quale è ingaggiato dai vertici Honda dopo il rifiuto di Phil Hill, che in quel periodo era consulente per il marchio nipponico nella marcia di avvicinamento alla massima serie. Il 2 agosto, la RA271, prima evoluzione del prototitpo RA270, fa la sua comparsa sul terrificante tracciato del Nurburgring, in occasione del Gp di Germania. All’innovativo motore trasversale V12 da 220 Cv viene accoppiato un cambio a sei rapporti, il tutto montato su un telaio monoscocca dotato del consueto radiatore anteriore.

 

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In qualifica Bucknum sarà ventiduesimo, mentre in gara si ritirerà per un incidente all’undicesimo giro, rimandando gli esperimenti alla successiva partecipazione nel Gp d’Italia a Monza. Sul circuito brianzolo, l’americano partirà decimo ma si dovrà fermare anzitempo per un guasto ai freni. La Honda compare per l’ultima volta nel penultimo appuntamento stagionale, il Gp degli Stati Uniti, quello di casa di Bucknum, il quale però non avrà fortuna rimanendo a piedi al giro 50 per un problema di surriscaldamento al 12 cilindri.

 

Problemi di gioventù a parte la strada sembra tracciata, nonostante i giapponesi facciano sorridere per la loro concezione della F1 e per via delle loro divise da lavoro bianche da operai. A prescindere dai risultati, la partecipazione al Mondiale viene rinnovata anche nel 1965. Per la stagione seguente la Honda decise di schierare due monoposto, affiancando al confermato Bucknum un altro americano, Richie Ginther. Anche la vettura subisce importanti migliore sia nel telaio che nel propulsore, il quale risulta potenziato ed attestato di un regime di rotazione intorno ai 12000 giri/minuto.

 

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I giapponesi si accordano anche con la Good Year per la fornitura degli pneumatici, che vanno in tal modo a sostituire quelli della Dunlop con cui si erano corse le prime gare l’anno precedente. Rispetto alla monoposto del debutto, la RA272 nonostante sia larga e pesante affascina alcuni avversari per via della sua tecnologia costruttiva. Ginther corre praticamente tutti i GP, disertando solo quello di Germania, mentre Bucknum ne salterà tre (Inghilterra, Olanda e Germania). I primi punti arrivano già alla terza gara in Belgio, sempre grazie a Richie che giunge sesto sotto la bandiera a scacchi. Fino all’ultimo appuntamento in Messico, l’annata è abbastanza mortificante con due soli punti portati a casa da entrambi i piloti. Però l’altitudine della pista sud americana, unita ad un buon adattamento alle caratteristiche del tracciato da parte della vettura, porterà la Honda a trionfare cogliendo la sua prima affermazione iridata.

 

Ginther partito terzo vince di poco meno di tre secondi sul connazionale Gurney, mentre Bucknum giunge quinto facendo sì che il team conquisti ben undici punti nella classifica costruttori. Un risultato incredibile e da quel momento in poi anche i più scettici, cominciano a cambiare espressione mentre guardano la bianca macchina arrivata dall’oriente. Nel 1966, il cambio regolamentare che impone l’introduzione dei motori da 3000 cc in luogo dei vecchi 1500, coglie impreparati un po’ tutti e molte scuderie come ad esempio la Lotus, dovranno adattarsi a propulsori non concepiti per equipaggiare le proprie vetture. Si vive quindi una stagione di transizione e Black Jack Brabham ne approfitta, facendosi realizzare un motore su misura dalla Repco con il quale vincerà il titolo. Anche la Honda viene travolta da questo ribaltone improvviso e salterà di conseguenza gran parte del campionato.

 

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La monoposto RA273 dotata del nuovo motore 3000, fa la sua comparsa solo in occasione della terzultima prova del Mondiale che si disputa sul veloce tracciato di Monza. Il telaio, più stretto e simile nelle linee a quello della concorrenza, è dotato di un potente V12 progettato da Shoichiro Irimajiri. Per la prima uscita è presente una sola vettura affidata a Ginther, rimasto nei ranghi della squadra in qualità di pilota ufficiale. Lo statunitense si qualifica settimo, ma in gara deve abbandonare per un incidente occorsogli al sedicesimo giro. La Honda corre anche le ultime due gare in programma negli Usa e in Messico, schierando insieme a quella di Ginther una seconda vettura affidata al solito Bucknum. Sarà sempre in Messico che Ginther conquisterà gli unici punti, grazie ad un ottimo quarto posto nella prova conclusiva della stagione.

 

Per il 1967 i vertici di Tokyo, decisero di far correre una sola vettura per concentrarsi maggiormente nello sviluppo del progetto, contenendo anche i costi gravati da lunghe trasferte. Il pilota designato per questo delicato ruolo fu John Surtees, il quale aveva accumulato una buona esperienza sul campo nel periodo passato alla corte di Enzo Ferrari, con cui aveva anche vinto il Mondiale Piloti nel 1964. Quasi tutti i Gp di quell’anno, vennero corsi con la RA273 e a parte un terzo posto nella gara inaugurale a Kyalami, oltre a due piazzamenti nei punti in Gran Bretagna (4) e Germania (6), Surtees collezionò diversi ritiri per guasti meccanici. In sostanza, la vettura era abbastanza veloce ma scarsamente affidabile.

 

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Per incrementare le prestazioni del telaio, la Honda si affidò alle capacità del progettista britannico Eric Broadley che aveva già disegnato le monoposto Lola di F2 e le barchette Can Am. La vettura contrassegnata dal nome di RA300 debuttò nel Gp d’Italia a Monza, così come accadde per quella dell’anno precedente. Il motore restava sempre il V12 RA273E che già era montato sulla RA273. Surtees, complici i guai occorsi negli ultimi giri di uno scatenato Jim Clark, capace di rimontare da ultimo a primo a bordo della spaventosa Lotus 49, vince la gara dopo una serrata lotta con Jack Brabham che concluse secondo sul traguardo a soli due decimi. Per i giapponesi ai box è il tripudio. John viene portato in trionfo e la nuova vettura che vince alla sua prima apparizione, sembra finalmente quella giusta per ambire a qualcosa in più dei soliti piazzamenti. Le aspirazioni della Honda però non trovano conferma nella successiva gara a Watkins Glen, dove Surtees solo undicesimo in griglia si ritira per l’ennesimo guasto, questa volta all’alternatore. In Messico sul circuito “amico” della casa nipponica, il figlio del vento chiude quarto l’ultimo GP stagionale, classificandosi quarto nel Mondiale con venti punti.

 

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Il 1968, che sarà anche l’ultimo per la Honda in F1 prima del rientro avvenuto nel 2006, rappresenta a tutti gli effetti il periodo più denso e drammatico dell’avventura dello storico marchio del Sol levante in F1. La vettura, aggiornata e denominata RA301 manteneva sempre il motore V12 da 3000 cc, ma era caratterizzata da una linea più filante della sua progenitrice. Surtees nonostante ciò verificò di persona che la macchina era molto inaffidabile, tanto da fargli concludere solo tre gare su dodici. Il migliori risultati per lui, furono un secondo posto in Francia ed un terzo negli Usa, ma senza acuti di rilievo. A dispetto dei gravi problemi di messa a punto della RA301, le ambizioni di Soichiro Honda, si mantenevano sempre elevate tanto da voler realizzare una F1 con motore raffreddato ad aria. Tale intento trovò il suo scopo quando venne alla luce la RA202, una vettura rivoluzionaria per l’epoca e non solo nei riguardi dell’unità motrice che la spingeva. La scocca era realizzata in leghe di magnesio, molto leggera, ma anche pericolosa come vedremo in seguito. Il già citato propulsore era un V8 con le bancate di 120°, il cui radiatore per raffreddare l’olio era posto sotto al cupolino onde evitare fastidiosi disturbi aerodinamici. Surtees la provò in un primo test a Silverstone, giudicandola molto instabile e difficile da guidare. Nella stessa seduta di prove, dopo pochi giri di pista, si verificò anche una grave perdita d’olio che fece desistere una volta per tutte il britannico dal salirci ancora.

 

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Visto il rifiuto di Surtees, Soichiro Honda trovò nel quarantenne transalpino Jo Schlesser, l’uomo adatto al quale affidare lo sviluppo in gara della nuova creatura. L’esordio sotto le insegne della Honda France avvenne proprio nel GP di casa del pilota a Rouen. Tragicamente, durante il secondo giro della competizione Schlesser ebbe un incidente alla Virage des Six Fréres, con la vettura che andò a sbattere contro un terrapieno nei pressi della pista. La vettura prese fuoco immediatamente, uccidendo il pilota che era a bordo e gettando la squadra nel dramma. In seguito sempre per volere del gran capo della Honda, venne costruita una seconda RA302, che differiva dalla prima per delle piccole modifiche. Questa vettura, doveva essere guidata nella gara successiva da Surtees, il quale però rifiutò nuovamente. Alla fine della stagione, la Honda decise di ritirarsi dalla Formula 1 e la RA302 rimase, fino alla presentazione della RA106 del 2006, l’ultima vettura di Formula 1 costruita dalla casa giapponese.

 

La Honda come noto, rientrò in F1 in qualità di motorista poco prima della metà degli anni 80, vincendo sei titoli costruttori con Williams prima e McLaren poi. Il nuovo ritiro avvenne alla fine del 1992, quando lasciò orfana la scuderia di Ron Dennis, il quale spiazzato passò per una stagione a dei Ford clienti. Successivamente la Honda, rientrerà sempre come motorista nel 2000 andando ad equipaggiare la neonata scuderia British American Racing (BAR), nelle cui fila militava l’ex iridato Jacques Villeneuve e divenendo fornitore anche di altri team. Infine, nel 2006 la casa madre nipponica non contenta degli scarsi risultati, decise di acquisire il pacchetto di maggioranza delle azioni della BAR per ritornare in F1 nel ruolo di protagonista. Un’avventura chiusasi malamente a fine 2008, quando a causa della nascente crisi mondiale del mercato dell’auto, la Honda si ritirò definitivamente dal Circus vendendo la scuderia per una sterlina simbolica all’allora team principal Ross Brawn. Ma questa come sempre è un’altra storia…

 

http://www.f1passion.it/2013/01/f1-honda-quando-i-giapponesi-volevano-essere-come-la-ferrari/

 

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Gran topic :up: Sempre avuto un debole per le Honda.

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Gran topic :up:Sempre avuto un debole per le Honda.

 

idem!! :up:

chissà che un giorno non tornino, da protagonisti, in F1...

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Improbabile, andrebbe contro l'immagine "green" che faticosamente si stanno costruendo. Poi, con i pessimi risultati che hanno ottenuto in quei tre anni, ci penseranno mille volte prima di rientrare...

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in Motogp gareggiano però :asd:

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