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The King of Spa

Ferrari: 312 B3, dal fallimento alla vittoria

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4 gennaio 2013 – La storia della Ferrari in F1 è caratterizzata da annate di grandi successi e record di vittorie, che spesso coincidono anche con spettacolari imprese in pista da parte dei suoi piloti. Esistono però anche quelle stagioni in cui le macchine non sono il massimo e guidarle diventa una vera sofferenza, sia morale che sportiva. Nel lungo e nutrito albo d’oro del Cavallino fatto di ben 16 mondiali costruttori, ovviamente sono di più le monoposto competitive rispetto a quelle poco efficaci. Capita spesso che queste auto meno apprezzate, diventino oggetto del contendere nelle discussioni da bar che migliaia appassionati si affannano a sostenere, qualora si voglia individuare ed eventualmente “risolvere” i mali che affliggono la sfortunata Rossa di turno.

 

Così per uno strano scherzo del destino, sovente, le Ferrari meno vittoriose vengono ricordate con maggiore enfasi e spirito critico rispetto a quelle più celebri, poiché hanno fatto soffrire il tifoso italiano doc, molto più di quanto non faccia oggi l’Imu del governo Monti. Di fatto per un motivo di pura e condivisibile memoria storica, vorremmo sottoporvi il “caso” particolare, riguardante una vettura di Maranello che nacque poco competitiva e tra mille difficoltà, per poi diventare nell’arco di dodici mesi bella e vincente. Ma andiamo con ordine, perché per comprendere i presupposti che originarono quelle scelte da parte della Scuderia del Cavallino, è necessario capire il momento tecnico in cui venne concepita l’idea della 312 B3. Esiste innanzitutto un antefatto che giustifica in parte l’insuccesso del Cavallino in quella travagliata stagione e riguarda proprio il primo progetto B3, la famosa “Spazzaneve” disegnata da Mauro Forghieri già nel 1972 e mai impiegata in gare ufficiali.

 

Ferrari-312B3-Spazzaneve-1973.jpg

 

Nata con l’intento di accorciare il passo rispetto alla precedente B2, la nuova B3 disponeva di un interasse assolutamente small, che misurava soli 2,33 metri. Questa scelta era stata operata per portare il più possibile verso il centro i pesi, in modo tale da ottenere un primo ed embrionale “effetto suolo”. La parte anteriore era costituita dal vistoso alettone, il quale non conteneva più la massa radiante, che rispetto al passato risultava sdoppiata e posizionata dietro la tangente delle ruote anteriori. Tale caratteristica tecnica, presupponeva l’esistenza di due grosse prese naca poste nello spoiler, che conferivano alla monoposto un aspetto simile a quello di un veicolo spalaneve. Il motore restava come sulla B2, il 12 cilindri piatto definito a torto dalla stampa “boxer”, che risultava appeso ad una trave superiore del telaio.

 

Le prime prove in pista vennero eseguite sul tracciato di Fiorano ed in seguito a Misano, ma i risultati evidenziarono grossi problemi legati alla stabilità globale della vettura. La “Spazzaneve” era molto nervosa e la messa a punto si rendeva difficile in merito alla mancanza di riferimenti. All’epoca si pensava che questa monoposto, dovesse addirittura debuttare in corsa con Arturo Merzario alla guida in occasione del GP d’Italia del 1972, in qualità di terza auto schierata dalla Scuderia del Cavallino Rampante. Inoltre una ridda di voci e indiscrezioni che circolavano sulla stampa, indicavano che la B3 sperimentale fosse la prima prefigurazione della macchina che avrebbe corso nella stagione successiva. Purtroppo la precaria salute di Enzo Ferrari in quel periodo e il contingente aumento degli interessi della consociata Fiat all’interno della Scuderia, fecero sì che si creasse una frattura nello staff dirigenziale della Ferrari, con Forghieri che dopo alcune stagioni di scarsi successi venne messo in discussione da un certa parte dell’ufficio tecnico.

 

Dettaglio-Ferrari-312B3-74-436x291.jpg

 

Tutti questi presupposti fecero in modo che la “Spazzaneve” ritenuta solo una vettura laboratorio e troppo complicata da far funzionare, venisse accantonata, con lo stesso Forghieri messo da parte per quanto riguardava la progettazione della monoposto che doveva correre nella stagione 1973. La B3 comunque, continuò ad esistere almeno come sigla identificativa, ma la sua realizzazione fu affidata ad un pool di tecnici capitanato da Giacomo Caliri e Franco Rocchi, i quali operavano sotto la supervisione di Stefano Colombo, uomo di chiara estrazione Fiat. Il passo tornò ad essere più lungo come sulle auto della concorrenza ed il radiatore venne riproposto nella classica posizione anteriore, poiché vennero provati anche quelli laterali che però non garantivano un sufficiente smaltimento del calore accumulato. Il propulsore restava il “solito” e potente 12 cilindri piatto, mentre grossa novità della B3 fase 2 era la scocca, che per la prima volta venne realizzata fuori da Maranello e più precisamente in Inghilterra presso la ditta Thompson.

 

Ferrari-312-B3-Spagna-1973-Jacky-Ickx.jpg

 

Far costruire una monoscocca di nuova generazione ad uno specialista britannico, si rese necessario poiché in quel di Modena, non esistevano sufficienti conoscenze e competenze tecniche in merito. Infatti fino ad allora, tutti i telai realizzati a Maranello, erano caratterizzati dalla struttura in traliccio di tubi con pannelli d’allumino rivettati sopra di essi. Una soluzione più economica di quella adottata dai concorrenti d’oltremanica, ma egualmente efficiente quanto solida, in un’epoca in cui la rigidità torsionale richiesta dalle F1 non era così esasperata come quella odierna. Il prodotto finito era una vettura dalle linee diverse, più squadrata e bassa della B2 del 72, anche se concettualmente non proponeva novità particolari, ma scelte abbastanza obsolete e conservative, come quella del già citato radiatore anteriore ormai abbandonato dalla maggior parte delle rivali inglesi.

 

I piloti schierati dal Cavallino per il 1973, erano il belga Jacky Ickx ed il nostro Arturo Merzario, che a partire da quella stagione sostituiva Clay Regazzoni emigrato alla Brm di Stanley. Il debutto in gara della B3, avvenne in occasione della prima tappa europea del Mondiale, che si teneva in Spagna sull’insidioso circuito cittadino del Montjuic a Barcellona. Fu il solo Ickx a tenere a battesimo la nuova nata e nonostante il ritiro per noie meccaniche venne egualmente classificato dodicesimo a traguardo. La macchina non andava e già da quel momento si capì che la stagione era davvero in salita per la Ferrari. Anche nei Gran Premi successivi le due B3 affidate a Ickx e Merzario raccolsero un magro bottino, costituito perlopiù da brutte figure e pochi piazzamenti.

 

ferrari-312B3-1973-Merzario-436x291.jpg

 

La persistente mancanza di risultati, unita alla scarsa competitività della vettura indussero i vertici della Scuderia a disertare il GP di Germania, al quale paradossalmente Ickx prese parte al volante di una Brabham dopo aver ottenuto il permesso del Commendatore. In Agosto Ferrari, ristabilitosi dalla malattia e sempre più preoccupato per le sorti della squadra corse, tornò in sella richiamando al suo fianco anche il fido Forghieri, confinato fino a quel momento nell’ufficio progetti avanzati della pista di Fiorano. In quel periodo, il bravo tecnico emiliano stava già lavorando al progetto della futura 312 T e sino ad allora non aveva partecipato allo sviluppo della vettura di F1 di quell’anno. Vennero così subito deliberate alcune importanti modifiche, tra le quali la disposizione dei radiatori ai lati del telaio e all’aerodinamica, che diedero alla vettura maggiore competitività. Quando Forghieri analizzò la monoposto di Colombo, si accorse che la larghezza della scocca impediva di piazzare i radiatori in posizione laterale, pertanto fece costruire dei lunghi radiatori molto stretti e li installò inclinati. L’aria veniva scaricata sopra le fiancate tramite due lunghe feritoie protette da una sorta di carenatura, progenitrice delle “ciminiere” delle F1 dei primi anni duemila. Erano un anticipo delle soluzioni tecniche che avrebbero poi permesso alla 312 B3 di lottare per il mondiale 1974, anche se ormai la stagione era alla fine e la squadra preferì concentrarsi sulla monoposto per stagione successiva. La B3 modificata non ottenne risultati di rilievo fino al termine del campionato, benché all’esordio in Austria Merzario riuscì a partire in quarta posizione per poi finire sesto a causa di un calo di potenza.

 

Ferrari-312-B3-Austria-1973-Arturo-Merzario-436x291.jpg

 

Per il 1974, visti i crescenti costi e appuratane una discreta validità tecnica, la Ferrari decise di mantenere in vita la B3, alla quale però Forghieri apportò importanti e profonde modifiche. Il telaio di base rimase sempre quello monoscocca realizzato l’anno prima dalla Thompson, ma fu parzialmente rivisto per adattarsi alle esigenze della nuova vettura che imponeva una differente dislocazione di alcuni organi interni. Innanzitutto il passo venne di nuovo accorciato, la distribuzione dei pesi rivista e l’aerodinamica evoluta compiendo scelte azzeccate. La prima fu quella di ottenere viste le caratteristiche insite nel progetto, una superficie molto ampia della carrozzeria, la quale manteneva i radiatori laterali e proponeva un alettone anteriore a tutta larghezza, oltre ad un vistoso ed alto airscope sopra il rollbar. Era l’epoca in cui quasi tutte le altre monoposto erano strette e alte, ma la scelta progettuale controcorrente della Ferrari, si rivelò molto felice in quanto la nuova 312 B3/74 era in grado di sfruttare meglio l’effetto aerodinamico nella ricerca di maggiore deportanza. Forghieri dichiarò poi seguito che l’idea gli era venuta lavorando sul progetto della 312P del 1971/72, osservando che la larga ed inclinata superficie della carrozzeria della vettura del mondiale marche, godeva di una deportanza maggiore della monoposto di F1 che montava lo stesso motore a 12 cilindri “piatto”.

 

Niki-Lauda-Ferrari-312-B3-1974-modello-A.jpg

 

Durante l’inverno la Ferrari si sottopose a lunghe e mirate sessioni di prove che ne fecero aumentare l’affidabilità e l’efficacia in vista del debutto in gara. Il 1974 coincise anche con il ritorno a Maranello di Regazzoni dopo un solo anno passato alla Brm. Inoltre, Clay caldeggiò al Commendatore, la candidatura del suo compagno di squadra nel team inglese, un giovane austriaco di belle speranze di nome Niki Lauda. Entrambi quindi, presero posto sulle vetture del Cavallino e tale scelta si rivelò poi, molto azzeccata in termini di competenza tecnica e competitività in pista. La stagione iniziò subito bene con un secondo e terzo posto, grazie alle B3 dotate di una carrozzeria intermedia, caratterizzata già dalla presa a periscopio e dalle nuove ali anteriori a superficie maggiorata. Con l’arrivo della nuova copertura aerodinamica del telaio più uniforme esteticamente, la monoposto modenese completa la sua trasformazione, diventando vincente, oltre che affidabile.

 

Clay-Regazzoni-Ferrari-B3-1974.jpg

 

Regazzoni vince in Germania, mentre Lauda si afferma in Spagna e in Olanda, ma sono anche altre le occasioni in cui le Rosse possono aspirare al gradino più alto. Diversi sono poi i podi e i piazzamenti a punti per entrambi, con Clay che sfortunatamente perde il Mondiale Piloti per soli tre punti nei confronti di Emerson Fittipaldi, nell’ultima gara disputatasi a Watkins Glen. A tal proposito in quel periodo, si consumarono diverse polemiche nei confronti del muretto Ferrari, reo di non supportare adeguatamente Regazzoni nella scalata al titolo di Campione del Mondo. In ogni caso la trasformazione della B3 da vettura sbagliata a monoposto vincente, resta uno degli episodi più interessanti dell’epoca, in quanto l’inventiva di Forghieri e la sua abilità nel ricercare nuove soluzioni, furono premiate con importanti successi sul campo. Infine la nota curiosa, riguarda proprio il telaio della 312 B3, che fu la prima vera monoscocca Ferrari (anche se realizzata da un costruttore esterno) e paradossalmente, restò l’unica fino all’avvento a Maranello di Harvey Postlethwaite nei primi anni ottanta. Infatti la 312 T del 1975, la vettura che consentì a Lauda di vincere il suo primo titolo dominando la stagione, era in realtà costruita con il vecchio sistema in traliccio di tubi rivestito con pannelli di alluminio rivettati. Questa perseveranza purtroppo fece in modo che alcuni critici in seguito, contestassero le scelte operate in tal senso da Forghieri ed Enzo Ferrari rei, entrambi di non essersi adeguati in tempo alle metodologie di lavoro attuate dai team inglesi, che negli anni a venire avrebbero dominato la scena della Formula 1.

F1P | Luca Ferrari

 

http://www.f1passion...-alla-vittoria/

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Piccola osservazione. La ferrari aveva già costryuito una Monoscocca e che monoscocca... nel 1964 la 158 che vinse il mondiale.

 

La ferrari abbandonò la monoscocca per la Semi Monoscocca (tubolare pannellato del progetto parallelo del 1963, 156 Aero) solo per motivi di costo e facilità di riparazione.

 

La ferrari decise di passare alla moscocca solo con l'arrivo delle potenze del turbo e con l fibra di carbonio, anche se per motivi di tempo ed attrezzamento, la 126 c2 fu realizzata in alluminio (ma l'ultima versione del 1983 e la C3 erano intercambaibili a livello di scocca)

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La cosa che più sorprende di questa vettura è l'incredibile varietà di carrozzerie che gli sono state adattate rendendola irriconoscibile, da una versione all'altra, pur essendo sempre la stessa sotto il vestito.

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Piccola osservazione. La ferrari aveva già costryuito una Monoscocca e che monoscocca... nel 1964 la 158 che vinse il mondiale.

 

La ferrari abbandonò la monoscocca per la Semi Monoscocca (tubolare pannellato del progetto parallelo del 1963, 156 Aero) solo per motivi di costo e facilità di riparazione.

 

La ferrari decise di passare alla moscocca solo con l'arrivo delle potenze del turbo e con l fibra di carbonio, anche se per motivi di tempo ed attrezzamento, la 126 c2 fu realizzata in alluminio (ma l'ultima versione del 1983 e la C3 erano intercambaibili a livello di scocca)

 

:up:

 

La cosa che più sorprende di questa vettura è l'incredibile varietà di carrozzerie che gli sono state adattate rendendola irriconoscibile, da una versione all'altra, pur essendo sempre la stessa sotto il vestito.

 

La fantasia non mancava.

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sempre piu fan di Mauro Forghieri il Newey degli anni 70

 

:idolo:

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Ho visto in giro due libri su Forghieri sembravano molto interessanti, prima o poi li compro.

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Comprali... prima. Ne vale la pena :)

Effettivamente l'evoluzione, la 312T, è una vettura rivoluzionaria con una sua fortissima "personalità".

Dal cambio trasversale alla carrozzeria che aveva proporzioni pensate per la ricerca di un certo effetto suolo, dall'air box calcolato in maniera impeccabile (a nulla valse l'abolizione dell'airscope) agli alettoni innovativi, insomma un capolavoro, imho, anche estetico.

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A riguardio dell'abolizione degli airscope ad inizio 1976. A sancire il divieto fu da un alto l'eccesso di alciune vetture (Ligier in primis) dall'altrole richeiste dei team inglesi che ritenevano l'airbox un vantaggio eccessivo per la Ferrari che aveva vetture basse e larghe e motore piatto.

 

Il vantaggio in realtù era quello di avere il motore basso, iatto, quindi con la possiiblità di avere una "camera" tra motore e carroziera molto voluminosa, più voluminosa rispetto ai motori a v( ecco perchè la lIgier col V12 matra aveva fatto quel periscopio altissimo, non per avere aria presa in alto e più pulita)

 

Qual'è il vamtyaggio di un polomne così ? Quello di avere una riserva di aria in aspirazione maggiore, necessaria soprautto nelle trasnzioni a basa velocità, quando la quantità d'aria e quindi l'effetto di "sovralimentazione" crolla con la velocità.

 

Forgheiri raccontò che aveva "ceduto" sugli airscope nel 1975, perchè aveva pronta la soluzione... le prese d'aria della 312T2

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Un'esempio di quanto fosse diversa quella F1 rispetto ad oggi

Dalla B3 mediocre del 1973, al titolo sfiorato l'anno successivo, sulla stessa base della vettura

Grazie al differente staff tecnico e ai piloti

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A riguardio dell'abolizione degli airscope ad inizio 1976. A sancire il divieto fu da un alto l'eccesso di alciune vetture (Ligier in primis) dall'altrole richeiste dei team inglesi che ritenevano l'airbox un vantaggio eccessivo per la Ferrari che aveva vetture basse e larghe e motore piatto.

 

Il vantaggio in realtù era quello di avere il motore basso, iatto, quindi con la possiiblità di avere una "camera" tra motore e carroziera molto voluminosa, più voluminosa rispetto ai motori a v( ecco perchè la lIgier col V12 matra aveva fatto quel periscopio altissimo, non per avere aria presa in alto e più pulita)

 

Qual'è il vamtyaggio di un polomne così ? Quello di avere una riserva di aria in aspirazione maggiore, necessaria soprautto nelle trasnzioni a basa velocità, quando la quantità d'aria e quindi l'effetto di "sovralimentazione" crolla con la velocità.

 

Forgheiri raccontò che aveva "ceduto" sugli airscope nel 1975, perchè aveva pronta la soluzione... le prese d'aria della 312T2

 

secondo me si impennava quando toccava le velocità massime :asd:

 

aclcSFll.jpg

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Ferrari 312B3 (Great Britain 1974)

(Niki Lauda's) Ferrari 312B3 - Ferrari Tipo 001 2,992 cc (182.6 cu in), Flat-12, naturally aspirated, mid-engine, longitudinally mounted

1974 British Grand Prix, Brands Hatch

© Scuderia Ferrari / John Millar | Source: Fickr

 

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Ferrari 312B3 (Great Britain 1974)

Ferrari 312B3 - Ferrari 001 2,992 cc (182.6 cu in), Flat-12, naturally aspirated, mid-engine, longitudinally mounted

1974 British Grand Prix, Brands Hatch

© Scuderia Ferrari / John Millar | Source: Fickr

 

abkpECZy.jpg
Ferrari 312B3 (Monaco 1973)

(Arturo Merzario's) Ferrari 312B3 - Ferrari 001 2,992 cc (182.6 cu in), Flat-12, naturally aspirated, mid-engine, longitudinally mounted

1973 Monaco Grand Prix, Circuit de Monaco

© Scuderia Ferrari / John Millar | Source: Fickr

 

abeVS0Om.jpgVia F1history

 

Modificato da The King of Spa

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